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 2010  gennaio 31 Domenica calendario

TUTTI I PROCESSI DEL PRESIDENTE /6 - COME IN UN FILM CAVALIERE ASSOLTO. "HA TROPPI MILIARDI"


Nell’epopea giudiziaria di Silvio Berlusconi è capitato di veder superato il paradosso. Per esempio, che il Cavaliere abbia risarcito il Cavaliere per evitare che lo stesso Cavaliere potesse costituirsi parte civile contro se medesimo. Ed è capitato, nello stesso processo, di apprendere che uno può essere così ricco da non rendersi conto se in conto ci sono dieci miliardi in più o in meno. Dieci miliardi di lire? Dettagli. Nel febbraio 1997 Berlusconi viene rinviato a giudizio con l’accusa di falso in bilancio – è la terza volta dal 1994 – insieme con i compari di sempre, quelli che sono con lui dalla prima Edilnord o quasi, cioè Giancarlo Foscale, Carlo Bernasconi, Adriano Galliani e Livio Gironi. E’ accaduto che nel 1988 la Fininvest (con la sua controllata Reteitalia) ha sborsato 28 miliardi e mezzo per comprare la Medusa, storica casa di distribuzione cinematografica. Di quella somma, però, solo 18 miliardi sarebbero rimasti nelle tasche dei venditori di Medusa, che avrebbero girato il resto su «libretti del tesoro della famiglia Berlusconi». Per l’accusa, il pm Margherita Taddei, il fatto che quei soldi siano rispuntati su libretti della famiglia «è la prova del coinvolgimento diretto dell’ex premier». Diciamo subito che non è andata così. Che il numero 1 di Forza Italia è stato assolto nel 2000 «per non aver commesso il fatto» seppure grazie al secondo comma dell’articolo 530 del codice penale cioè l’assoluzione con formula dubitativa, la vecchia insufficienza di prove. E però in mezzo sono successe alcune cose che meritano di essere raccontate. Quando nel 1988 le prime indiscrezioni parlano dell’acquisto di Medusa da parte di Fininvest, i titolisti dei giornali si divertono a raccontare il tycoon nostrano a tu per tu e alla pari con le major americane: «Hollywood a Roma» e «Nuovo cinema Cavaliere». In effetti l’operazione dà smalto all’ex costruttore milanese, specie se uno considera che il cinema di Medusa s’aggiunge nel 1988 alle tivù Mediaset (attive nonostante gli stop dei pretori e le scadenze della Consulta), alla pubblicità e al Milan stellare di Gullit e Van Basten. Più che sufficiente per ubriacare ”il popolo”. Il fatto è che dai tempi delle indagini sulle tangenti alle Fiamme Gialle (1993) i conti della Fininvest e del Cavaliere vengono passati al setaccio. Il pool milanese ha poi acquisito tramite rogatoria (1996), dopo una lunga battaglia legale, le carte inglesi che raccontano nascita, sviluppo e funzionamento della Fininvest Group b-very discreet, la galassia delle 65 società estere su cui passano i miliardi ”a nero” del Cavaliere, ideata e costruita dall’avvocato David Mills. Conti mascherati che sono provviste sicure quando c’è da prelevare o depositare soldi in barba al fisco. La polizia tributaria crede così di avere gioco facile nel dimostrare, anche grazie alle ammissioni dei venditori di Medusa, che il prezzo è stato gonfiato sino a 28 miliardi, di cui però 18 sono rimasti a chi ha curato la cessione, che a propria volta ha restituito 10 miliardi in nero ai compratori. Regista dell’operazione sarebbe Carlo Bernasconi, presidente di Reteitalia, colui che fisicamente riporta in bilancio il valore gonfiato. Netta la linea della difesa del Cavaliere, all’epoca gli avvocati Ennio Amodio e Giuseppe De Luca: «L’ipotesi reato di falso in bilancio è smentita dalle risultanze tecniche e documentali. E comunque Berlusconi non aveva titolo per interferire nell’acquisto né è mai intervenuto nelle trattative tra le parti». Il processo decolla. E non si mette bene per il Cavaliere. Tanto che, a sorpresa, nell’ottobre 1997 i quattro dirigenti Fininvest imputati e Berlusconi decidono di risarcire il danno a Reteitalia pagando 17 miliardi, ossia i 10 del 1988 più gli interessi. Quella che a tutti sembra una chiara ammissione di responsabilità, per i legali dell’ex premier è invece «un modo per ribadire la nostra innocenza. Abbiamo fatto come negli incidenti stradali - precisa allora l’avvocato Oreste Dominioni, oggi presidente della Camere penali – ossia risarcire comunque per evitare che il danneggiato si costituisca parte civile». Peccato che il danneggiato in questo caso sarebbe stato lo stesso Berlusconi, proprietario di Reteitalia. La sentenza di primo grado arriva nei primi mesi del 1998: un anno e quattro mesi di condanna per tutti gli imputati accusati di falso in bilancio. «I dieci miliardi in nero - scrivono i giudici nella motivazione - finiscono su cinque libretti al portatore tutti appartenenti alla persona fisica di Silvio Berlusconi». Un anno e mezzo dopo (gennaio 2000) il giudizio viene ribaltato in appello. I giudici confermano la condanna per Bernasconi (ma c’è stata l’amnistia nell’89) e scrivono anche che «la molteplicità dei libretti riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti dimensioni del (suo ndr) patrimonio postulano l’impossibilità di conoscenza sia dell’incremento sia soprattutto dell’origine dello stesso». E’ così ricco, il Cavaliere, che dieci miliardi possono andare e venire. Tutto chiarissimo. Anche per la Cassazione.
31 gennaio 2010