Tommaso Labate, Il Riformista 5/2/2010, 5 febbraio 2010
GUAI ANCHE DALLA MAGLIANA PER IL FURBETTO COL CARR
E il caffè di Michele Sindona, e la vecchia Nuova Camorra Organizzata di don Raffaele Cutolo, e i buchi neri nello Ior di monsignor Marcinkus, e la foto al conte Grazioli Lante della Rovere ch’era però già morto. E poi la corda stretta attorno al collo di Roberto Calvi, il sequestro di Emanuela Orlandi e pure la mano di Alì Agca che ha premuto il grilletto all’indirizzo di Karol Wojtyla alias Giovanni Paolo II. Tutto in ordine sparso, agitato-non-mescolato come il Martini di James Bond. Loro però c’erano sempre, ora protagonisti ora comparse. E sbucavano da tutte le parti con i loro soprannomi - Er Negro, Renatino, Crispino, Operaietto, Camaleonte -, dimenticati a causa del successo del Romanzo Criminale di Giancarlo de Cataldo e dell’omonima serie (in cui le stesse persone sono state ribattezzate in Libanese, Dandy, Freddo, Nembo Kid).
Ora però, nel caos di bacchette di Shangai che collegano Palazzo Grazioli al carcere di Voghera, il carcere di Poggioreale a piazza San Pietro, il Ponte dei Frati Neri di Londra alla sede dell’Ambrosiano di Milano, s’affaccia anche la Borgata Finocchio, che incide nel Comune di Roma e sorge là, sulla Casilina, dove la Città eterna volge lo sguardo verso Fiuggi e Frosinone. Perché Borgata Finocchio, da qualche anno a questa parte, è sinonimo di Danilo Coppola. Proprio lui, Coppola l’immobiliarista, quello dei furbetti del quartierino, l’amico (che poi tanto amico non era) di Stefano Ricucci. Quello, genericamente, «co’ quei capelli», tagliati col carrè - almeno così ebbe a dichiarare il suo barbiere di fiducia - «rigorosamente alla francese».
Stando a un’inchiesta di Repubblica, firmata da Carlo Bonini, loro, quelli della nuova Banda della Magliana, hanno finanziato l’ascesa di lui, Coppola. Così almeno mette a verbale Antonio Mancini, detto «Nino l’Accattone», uno dei superstiti della vecchia guardia che prima di finire al gabbio aveva affidato 1 miliardo e trecento milioni delle vecchie lire a Enrico Nicoletti, il «cassiere» della Banda. Quei soldi sarebbero finiti nelle tasche dell’immobiliarista della Borgata Finocchio, legato ai malviventi di Roma capitale grazie agli affari condotti in tandem con Umberto Morzilli, ucciso due anni fa, a sua volta sodale di pezzi da novanta di ’ndrangheta e camorra. Mentre gli spezzoni della serie Romanzo criminale rimbalzano con successo da Facebook a Youtube, insomma, la Banda è viva e continua a lottare. Ha perso molti peli, certo. Ma il vizio proprio no.
Coppola ha querelato Repubblica. Perché nell’inchiesta, «che trarrebbe origine dall’intervista rilasciata dal noto esponente della Banda della Magliana Antonio Mancini, vengono divulgate circostanze false, infamanti e ai limiti del grottesco», ha scritto in una nota il suo avvocato. Ma la storia del presunto legame tra E lo chiamavano Er Cash e i nipotini di Er Negro, che si arricchisce oggi della testimonianza di Accattone, non è nuova. Se n’era parlato già due anni fa, quando un ex collaboratore del Gruppo Coppola - licenziato dopo avere scoperto i tanti falsi in bilancio della società - aveva parlato ai magistrati del legame tra «Danilo» e Umberto Morzilli. Lo stesso tramite di cui oggi parla Mancini.
Nascono dalla «Banda» le fortune di Coppola? Chissà. Non è mai stata fatta luce sui venti miliardi che l’immobiliarista ereditò alla morte del padre Paolo. Fatto sta che, a metà degli anni 2000, lui, che si faceva chiamare Er Cash, aveva nel portafoglio nientemeno che l’Ipi fu famiglia Agnelli, con tanto di Lingotto dentro.
Eppure i guai di Coppola, che possiede immobili deluxe in giro per il territorio nazionale, iniziano a causa di un’insulsa palestra di Grottaferrata. Nel 2004, i proprietari del centro fitness intascano i soldi degli abbonamenti annuali salvo sparire un minuto dopo col bottino. I truffati protestano e la Guardia di Finanza arresta il «Danilo», che risultava proprietario delle mura. Un anno dopo è ancora più ricco di prima. Vende il suo pacchetto Bnl, acquista il 2 per cento di Mediobanca e sale sull’altare. «Da bambino sognavo di costruire le case e fare il banchiere», dichiara. Quindi, in un’intervista al Tempo, scopre le sue carte: «Posso anticipare che quanto successo con la Bnl è solo l’inizio di una fase di cambiamento del sistema finanziario italiano. Sta finendo - azzarda - l’epoca del salotto buono, dove le azioni si pesano e non si contano». il luglio del 2005, di quell’estate che si sarebbe surriscaldata al punto di bruciare, alla fine dei giochi, anche il Governatore delle Banca d’Italia Antonio Fazio («la cui competenza - diceva Er Cash - non può essere messa in discussione da nessuno).
Un mese dopo, però, Coppola lascia sul terreno un po’ di baldanza. «Le famiglie del salotto buono non vogliono dividere la torta», dice a Repubblica. L’assalto a Rcs, le scalate a Bnl e Antonveneta, le intercettazioni: tutti i dadi, alcuni dei quali sono lanciati anche dall’immobiliarista, sono ormai tratti. E la proverbiale fortuna di «Danilo», costruita su un sistema di scatole cinesi che si appoggia a tre fiduciarie lussemburghesi, inizia velocemente a voltargli le spalle.
Lo arrestano per bancarotta fraudolenta a inizio 2007 ma gli contestano una serie di reati lunga come la lista della spesa di una famiglia ricca con cinque figli: riciclaggio, associazione a delinquere, appropriazione indebita, falso ideologico. Più l’evasione. Perché un mese dopo che i giornali lo danno sul punto di morire, «in coma» (7 novembre 2007), lui scappa dall’ospedale e rilascia un’intervista a Skytg24 (7 dicembre). «Sono perseguitato», dice mentre sotto il suo faccione scorre la scritta con cui il Tg di Murdoch prende le distanze («La trasmissione di questa intervista non intende mettere in alcun modo in dubbio la fiducia nel ruolo istituzionale della magistratura...»). Vittorio Feltri lo difende da destra, su Libero: «Non resisteva più ed è uscito a fare un giretto». Gad Lerner da sinistra, su Vanity fair: « lombrosianamente discriminato». Un giornale tutto suo se l’era comprato, Er Cash: Finanza e mercati. Sergio Rizzo scrive sul Corriere che alla prima riunione coi giornalisti Coppola si presenta indicando una copia del Financial times: «Voglio un giornale come quello inglese... quello colorato». Oggi che gira a piede libero con una condanna in primo grado (sei anni) sul groppone, la sua Borgata Finocchio viene inserita nella stessa linea ereditaria del Ponte dei Frati Neri. Che non sarà la sede del Financial times ma, magrissima consolazione, sempre Londra è.
Tommaso Labate