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 2010  febbraio 09 Martedì calendario

LE ULTIME CINESI CON I PIEDI DI LOTO "LE NOSTRE VITE RUBATE DAI MASCHI"

(riassunto) - I «piedi di loto» o «fiori di giglio», antica usanza che consiste nel comprimere i piedi delle neonate in fasce di seta fino al giorno in cui le dita, piegate sotto la pianta, non raggiungono il tallone. Xiong Xiufeng, ultranovantenne: «Ogni notte mia madre mi bastonava perché cercavo di liberarmi dalle fasce. Alla fine però avevo anch’io i piedi a mezzaluna, simili al bulbo del fiore di loto». Fu una concubina dell’imperatore Li Houzhu, decisa ad attirare la sua attenzione con una danza, ad inventare la pratica nel 900 dopo Cristo. Rimasta una moda aristocratica fino all’arrivo di Mao, venne poi bandita. «Dopo la rivoluzione - racconta Wu Liuying - ci guardavano con disprezzo. Non potevamo frequentare luoghi pubblici o camminare per la strada. La polizia ci strappava le fasce e ci costringeva a cantare inni alla ”liberazione del piede”. A migliaia, per evitare le multe alla famiglia, si sono suicidate». Donne dai piedi fasciati in Cina nel 1928: 38%; nel 1958: 5%; nel 2000: 300; oggi: 4.

PEZZO:
Quelli delle donne, negli ultimi cent’anni, hanno segnato il passaggio dall’impero alla repubblica, fino alla vittoria della rivoluzione comunista di Mao. Come sempre, nella grande Cina, è una storia drammatica: ricca di crudeltà, priva di senso per le sue vittime, ma densa di lezioni per i loro discendenti. A poter raccontare coni piedi il secolo che ha cambiato la nazione, sono rimaste in quattro: le ultime donne con i "piedi di loto", o "gigli d’oro".
Hanno più di novant’anni e vivono nei villaggi di Tuanshan e Liuyi, tra le contee dello Yunnan e dello Shanxi. La mania orientale per i piedi, feticcio erotico ma pure simbolo di sottomissione, strumento di riscatto sociale e pretesto per la propaganda ideologica, ha rovinato la loro vita. Al punto che solo oggi, mentre nelle aste dei collezionisti occidentali vanno a ruba le loro scarpette ricamate, hanno il coraggio di spiegare la sofferenza che le ha private della giovinezza e condannate alla vergogna nella vecchiaia. Sono testimoni d’eccezione perché incarnano un passaggio epocale della cultura e della politica dell’Oriente. I loro piedi, da bambine, sono stati compressi in fasce di seta. Dopo cinque anni le dita, piegate sotto la pianta, toccavano il tallone. Le ossa erano frantumate, la carne marcita dalla cancrena, gli arti mutilati,o deformati per sempre. «Ogni notte - dice Xiong Xiufeng - mia madre mi bastonava perché cercavo di liberarmi dalle fasce.
Alla fine però avevo anch’ioi piedi a mezzaluna, simili al bulbo del fiore di loto. E a quattordici anni potevo sperare in un marito che sapesse scrivere».
Rattrappire i piedi delle donne era una pratica millenaria.
Viene fatta risalire al 900 dopo Cristo, ad una concubina dell’imperatore Li Houzhu, decisa ad attirare la sua attenzione con una danza. Divenne una moda aristocratica, un vizio e infine una condanna popolare. L’andatura oscillante delle donne cinesi, che ricorda i fiori scossi dal vento, è stata a lungo l’emblema nazionale. Più il piede femminile era affusolato e arrotondato, morbidamente adatto a raffinatezze sessuali, o al solo lavoro domestico, più cresceva l’opportunità di un salto di classe matrimoniale. L’impossibilità delle ragazze di camminare in modo naturale servì però, già al tempo di Confucio, per affermare il primato maschile. La moglie-bambina non poteva fuggire dalla cucina, dalle percosse, o dal telaio delle sete. Solo nel 1902 un editto imperiale ha reso facoltativi i 50 tipi di fasciatura e ci sono volute la caduta della dinastia Qing e l’avvento della repubblica, nel 1912, perché l’usanza fosse messa al bando. «La forza della tradizione e la paura di un ritorno al passato erano tali - dice Pi Guiqiong - che le madri per decenni costrinsero ancora le figlie a ridursi i piedi a moncherini. Chi si sottraeva era chiamata "piede da elefante" e restava zitella».
Dopo il 1949, con la vittoria di Maoe del comunismo,i "piedi di loto", più che fuori moda, si scoprirono perseguitati. «Si affermava la parità tra i sessi - dice Luo Youzhen - ma soprattutto l’obbligo femminile di lavorare nei campi, o nelle fabbriche.
Violentate da bambine, ci siamo ritrovate umiliate da ragazze».
Milioni di donne, che avevano ubbidito alla maschilista tradizione domestica imperiale, non potevano eseguire i proletari ordini socialisti delle comuni. Una beffa: da schiave a vittime della furia contro l’aristocrazia, zimbelli della campagna anti-capitalista. «Dopo la rivoluzione - racconta Wu Liuying - ci guardavano con disprezzo. Non potevano frequentare luoghi pubblici,o camminare per strada. La polizia ci strappava le fasce e ci costringeva a cantare inni alla "liberazione del piede". A migliaia, per evitare le multe alla famiglia, si sono suicidate».
Nel 1928 resisteva in Cina un 38% di donne dai piedi fasciati.
Nel 1958 non più del 5%, ridotte alla clandestinità. Dieci anni fa ne sono state censite 300 e solo nel 2001 ha chiuso la fabbrica di Harbin che confezionava poche centinaia di "scarpette di loto" all’anno. Ora siamo alle ultime quattro, e nel flusso della storia la loro condanna si estingue senza alcun riconoscimento. Non una medaglia al valore, una citazione tra le vittime dei passaggi di civiltà, una pensione di guerra. «Mia madre - dice la storica Yang Yang - ha dovuto nascondere i piedi fino a 12 anni, per non essere mutilata dai parenti. Poi li ha nascosti fino al 1959, per non farseli rispaccare dagli ispettori del governo. la metafora della tragedia cinese.
Prima di morire, nel 2005, era stata ridotta ad attrazione turistica». la sorte delle sopravvissute, già dimenticate. Dicono che quando sono sole ballano ancora sottoi melograni. Gli ultimi, vecchi fiori di loto della Cina, sempre ai piedi di un potere.