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 2010  febbraio 09 Martedì calendario

SANA’A, ULTIMA TRINCEA CONTRO I FANATICI DI ALLAH - SANA’A L’EX

primo ministro yemenita Abdul Karim al-Iryani è andato dritto al punto non appena sono arrivato a casa sua per cena: «Ci voleva proprio Abdulmutallab per portarti da queste parti, eh?». Sì, ho ammesso, perché proprio a causa di quel giovane nigeriano, che dopo essere stato addestrato in Yemen da Al Qaeda ha cercato di far saltare in aria un aereo della Northwest il giorno di Natale, mi sono deciso a visitare di persona lo Yemen. Ho confessato a Iryani: «Ho avuto qualche timore a venire qui. Quasi mi aspettavo di essere accolto da Bin Laden in persona!». Invece, ho scoperto che Sana’a non è Kabul e lo Yemen non è l’Afghanistan. Non ancora. Il vecchio centro storico di Sana’a, patrimonio delle Nazioni Unite, di notte ferve di vita nei caffè affollati e di giorno brulica di commercianti.
Mentre passeggiavo per le strade con il mio amico, ci siamo imbattuti in quattro anziani yemeniti con la barba lunga e i pugnali tradizionali alla cintura, che discutevano davanti a un manifesto appiccicato a un muro che esortava «padri e madri» a mandarea scuola le loro figlie.
Quando ho chiesto che cosa ne pensassero di quell’idea, il più vecchio ha detto di essere «pronto a rinunciare a una parte del suo cibo tutti i giorni purché sua figlia possa impararea leggere». Beh, non me lo sarei proprio aspettato.
Né mi aspettavo di trovare alcune associazioni civili con personale costituito interamente da giovani volontari americani: nel caso dello Yemen Observer - un quotidiano in lingua inglese - gremivano un’intera stanza. Ho osservato sbalordito tutti quei giovani studenti di college americani e chiesto: «Ma i vostri genitori sanno dove siete?».
Sono scoppiati a ridere. Ogni negoziante di Sana’a con il quale ho parlato, ha sputato in terra alle parole «Al Qaeda», perché tutti la ritengono colpevole di aver stroncato il turismo. No, questo non è l’Afghanistan. Non è neppure la Danimarca, però. Al Qaeda è come un virus: quando compare in forze, segnala che c’è qualcosa che non funziona nel sistema immunitario di un Paese. Ed è fuor di dubbio che qualcosa in Yemen non funzioni. Il debole governo centrale amministra un’accozzaglia di tribù rurali, utilizzando un sistema fatto di protezioni, cooptazione, corruzione e forza. Vaste aree rurali restano escluse dal controllo governativo, specialmente nel Sude nell’Est, dove dai 300 ai 500 guerriglieri di Al Qaeda hanno trovato ormai rifugio. Il "metodo yemenita" è riuscito in ogni caso a tenere insieme il Paese e a spingerlo poco alla volta in avanti, malgrado i movimenti separatisti. Ma questo vecchio modus operandi non riesce più a tenere il passo. Il tasso di crescita della popolazione nello Yemen è vicino al 3,5 per cento, uno dei più alti al mondo, e il 50 per cento dei 23 milioni di abitanti ha meno di 15 anni.
Il 75 per cento è di età inferiore ai 29 anni. La disoccupazione è al 35-40 per cento. A causa di una pessima pianificazione e della crescita demografica, lo Yemen potrebbe diventare il primo Paese, tra 10-15 anni, a restare senz’acqua. Oggi nelle campagne le donne arrivano a percorrere a piedi anche quattro ore di cammino prima di trovare un pozzo funzionante. La falda idrica si è talmente prosciugata che a Sana’a, per raggiungerla, occorrono apparecchiature per l’estrazione del petrolio. Oltretutto, l’usanza yemenita di masticare qat - una foglia leggermente allucinogena - non giova affatto alla situazione idrica, considerato che le coltivazioni di qat assorbono fino al 40 per cento delle risorse d’acqua del Paese.
Circa il 65 per cento del corpo insegnante yemenita ha soltanto un diploma di scuola media. La maggior parte della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, a eccezione di coloro che non hanno neppure quelli. Il 70 per cento degli abitanti è analfabeta e il 15 per cento dei bambini non è mai stato a scuola. Eppure questo Paese ha anche alcuni dei più interessanti giornalisti, attivisti sociali e politici che io abbia incontrato nel mondo arabo. Come rimettere in sesto questo Paese non è un segreto, ha affermato Mohammed al-Asaadi, un consulente editoriale che si è seduto a parlare con noi: «Dobbiamo acquisire la capacità di costruire, di istituzionalizzare la legalità e di preparare una cultura della proprietà e della responsabilità». Murad Hashim, capo dell’ufficio locale di Al Jazeera ha aggiunto: «Serve più istruzione. Non abbiamo utilizzato come avremmo dovuto quelli tra noi che hanno studiato». vero, lo Yemen ha le risorse per salvarsi da solo, ma queste risorse devono essere mobilitate e guidate da un governo migliore. Altrimenti il virus al Qaeda, per ora ancora controllabile, si diffonderà. © 2010 The New York Times - la Repubblica traduzione di Anna Bissanti