Giovanni Caprara, Corriere della Sera 09/02/2010, 9 febbraio 2010
ARRIVA SULLA STAZIONE LA VERANDA COSMICA
Il bagliore dei razzi dello shuttle Endeavour ha illuminato la notte di Cape Canaveral cancellando con lo spettacolo le preoccupazioni per il futuro della grande base americana. Dopo un giorno di rinvio provocato dalle nuvole troppo basse, la navetta si è alzata dalla rampa alle 4.14 locali di ieri (le 10.14 in Italia) nell’ultimo lancio notturno della sua storia iniziata 29 anni fa, quando alla Casa Bianca era appena entrato Ronald Reagan. E il 2010, sotto il segno di Barack Obama, registra invece la fine della straordinaria e vulnerabile astronave che ha permesso di trasportare e costruire la stazione spaziale internazionale.
Proprio questo volo consente il completamento della grande casa cosmica estesa come un campo di calcio. «Portiamo l’ultimo vano d’abitazione, il Nodo-3 Tranquillity con la cupola a sette vetrate dalle quali gli astronauti della stazione governeranno lo spazio esterno», racconta Mike Leinbach, direttore del lancio. E biondo, ironico e sorridente, nonostante tutto, aggiunge: «Viviamo sotto shock dopo la decisione del presidente di rinunciare alla Luna, ma i miei uomini seduti alle consolle non si distraggono nel governare lo shuttle: è un team di grandi professionisti», quasi a sottintendere che dall’anno prossimo, con lo shuttle in pensione e nessun successore da lanciare, tanti cervelli eccellenti resteranno senza lavoro.
Nel buio della notte di Cape Canaveral i sei astronauti, al comando del veterano George Zamka e con la signora Kathyrin Hire, hanno attraversato il Kennedy Space Center nella roulotte argentata scortati a terra e dal cielo dalla polizia in un tripudio di luci lampeggianti. Saliti sull’astronave, due ore prima del decollo il portellone dell’astronave veniva chiuso separandoli dal mondo. Sono bastati otto minuti per salire in un cielo pieno di stelle, pulito dall’aria gelida soffiata dall’oceano mentre lo sguardo inseguiva l’astronave quasi fino in orbita: mancava solo un minuto. Lassù, ora tutto è tranquillo. Con i ritmi lenti del cosmo mercoledì Endeavour arriverà alla stazione agganciandosi.
Venerdì il braccio robotizzato preleverà dalla stiva Tranquillity zeppo dei sistemi necessari a garantire la vita degli astronauti, ancorandolo definitivamente alla base. Tre giorni più tardi lo stesso braccio sistemerà la cupola vetrata su una delle sue pareti e così gli astronauti potranno cogliere e indagare il fascino degli astri e il volto mutevole della Terra. Nodo e cupola sono stati costruiti a Torino da Thales Alenia Space-Finmeccanica per l’Agenzia spaziale europea Esa. «Al loro posto, nella stessa camera bianca, stanno prendendo forma nove veicoli per il rifornimento automatico della stazione realizzati assieme alla Orbital Science americana in sintonia con le indicazioni del presidente Obama che vuole uno spazio più privato e meno pubblico», nota Luigi Pasquali, amministratore della società. «La cupola è un gioiello tecnologico scavato in un unico blocco di alluminio di due metri con una tecnica che fonde insieme arte e scienza» commenta Luigi Quaglino, direttore degli stabilimenti torinesi. Le finestre hanno vetri a quattro strati per contenere la pressione interna dove si lavora in maniche di camicia. Contemporaneamente proteggono dalle minacce esterne: radiazioni, temperature estreme tra i meno cento e più cento gradi centigradi, piogge di micro meteoriti e spazzatura vagante. Possono durare dieci anni ma è pure prevista la sostituzione in caso di danno. Ognuna delle sette finestre ha un portello esterno che viene chiuso quando nessuno ha bisogno di affacciarsi. E’ una precauzione perché, comunque, la veranda spaziale capace di ospitare due astronauti e una consolle dalla quale governare il braccio robotizzato della base, rimane un oggetto delicato. «Realizzarla è stata una grande sfida vincendo prima la gara bandita dalla Nasa superando i tedeschi della Man Aerospace. Poi scavalcando gli ostacoli tecnologici di una complessa struttura mai prima realizzata» aggiunge Dino Brondolo, responsabile dei moduli abitati sempre degli stabilimenti torinesi di Thales Alenia Space.
Con tre passeggiate spaziali gli astronauti sistemeranno meccanismi e collegamenti esterni e il 19 febbraio Endeavour tornerà sulla Terra. Allora la stazione offrirà finalmente tutte le possibilità per essere adeguatamente utilizzata. «Abbiano davanti un decennio durante il quale condurre ricerche straordinarie nel primo grande laboratorio extraterrestre – nota Jean-Jacques Dordain, direttore generale del’Esa europea ”. Ma gli ingegneri ci dicono che potrebbe durare anche 25 anni e quindi dobbiamo immaginare con tempi più lunghi le future attività da condurre». Ma l’ultimo volo dello shuttle verso la fine dell’anno sarà anche una storia tricolore. Nella stiva, infatti, ci sarà il modulo Leonardo fornito dall’Agenzia spaziale italiana Asi solitamente impiegato per i rifornimenti della stazione. Nell’estremo balzo, però, Leonardo non sarà riportato a casa come al solito e rimarrà per sempre agganciato alla grande architettura orbitale diventandone parte integrante. «E’ il frutto di un accordo raggiunto con la Nasa’ spiega Enrico Saggese, presidente dell’Agenzia’ Il suo adattamento alla nuova funzione costa 11 milioni di euro e in questo modo si recupera un’opera nata dall’iniziativa nazionale in cambio dell’utilizzo della stazione spaziale da parte dei nostri astronauti. Diventerà un nuovo laboratorio ma anche l’avamposto dell’Italia al di fuori della Terra».
Giovanni Caprara