Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 9/2/2010;, 9 febbraio 2010
IL FATTO DI IERI - 9 FEBBRAIO 1954
L’unica certezza sulla morte di Gaspare Pisciotta, il ”giuda” di Salvatore Giuliano, sono quei 20 milligrammi di stricnina trovati nel suo stomaco. Tutto il resto, a parte la teoria del caffè corretto al veleno, sembra ancora avvolto nella nebbia. Ma cosa successe realmente quella mattina del 9 febbraio 1954 nel cameroncino numero 4 del carcere dell’Ucciardone? Di certo, come confermano gli atti usciti recentemente dall’Archivio di Stato, Pisciotta bevve, come d’abitudine, la sua tazzina di caffè mattutina, ma fu il Vidalin, un vitaminico ingerito prima del fatidico caffè, il vero veicolo della stricnina. Piccola e unica verità emersa all’interno del più tenebroso mistero dell’Italia repubblicana, la strage di Portella della Ginestra, seguita dall’assassinio, e relativo depistaggio di Stato, del ”re di Montelepre, e dall’avvelenamento dell’’uomo che sapeva troppo”. Che nel processo sull’eccidio di Piana degli Albanesi, sul quale oggi affiora la longa manus della Cia, aveva fatto i nomi dei mandanti, denunciando la collusione tra banditismo, mafia e politica. Troppo, per il ”luogotenente spia”, morto tra le convulsioni dopo aver sorseggiato.