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 2010  febbraio 09 Martedì calendario

ABBADO

Claudio 2009 - Milano 26 giugno 1933. Direttore d’orchestra. «Fa suonare i fortissimo con un piccolo gesto» (Robin Ticciati a Valerio Cappelli). [f]
Ultime Nel 2006 il suo Flauto magico è entrato nella classifica dei cento cd più venduti al mondo. Non era mai capitato in passato per un disco di musica classica • Nel 2007, dopo un’intensa attività concertistica (tra l’altro, il 18 agosto, una Quinta di Mahler salutata da un applauso di un quarto d’ora e il 1° settembre a Delo un Apollon musagète di Stravinskij danzato da Roberto Bolle) ha improvvisamente disdetto tutti gli impegni per motivi di salute. Era tra l’altro atteso negli Stati Uniti, dove avrebbe dovuto tenere otto concerti con la Lucerne Festival Orchestra, da lui creata nel 2003 (in programma anche la Quinta di Beethoven alla Carnegie Hall). Poi si è ripreso e ha continuato a dirigere. Nell’aprile 2008, a Reggio Emilia, il suo primo Fidelio di Beethoven. [g]
Clamore per il progetto di unire le due orchestre alle quali Abbado e Muti si stanno dedicando in questo periodo, la Mozart e la Cherubini. Si tratterebbe di eseguire la gigantesca partitura del Te Deum di Berlioz: duecento ragazzi a suonare, seicento bambini a cantare. Nel maggio 2008 ha diretto la stessa partitura con i Berliner Philharmoniker nella capitale tedesca, all’aperto, davanti a più di quindicimila spettatori (dovevano suonare alla Philharmonie ma un incendio aveva bruciato parte del tetto: i biglietti per i tredicimila posti in più della Waldbühne andarono esauriti in un paio di giorni). Nel giugno 2008 sotto la sua guida l’Orchestra Mozart ha fatto il suo debutto discografico con registrazioni dal vivo delle ultime Sinfonie e dei Concerti per violino di Mozart • Vive tra la casa di Bologna e la villa di Alghero e non intende tornare a Milano, nonostante il sovrintendente Lissner abbia tentato più volte di convincerlo: «Non torno non per la Scala, ma per Milano. Una città che pensa solo al denaro e niente alla cultura. Degradata, inquinata, dove nessuno sembra preoccuparsi del futuro» • Passa stabilmente l’inverno in Venezuela («Non posso dirigere con il freddo perché perdo le energie: per questo non abito più in Svizzera, in montagna, dove il ghiacciaio era troppo vicino, ma sto d’inverno in Venezuela, al caldo»), dove lavora preferibilmente con l’orchestra Simon Bolivar, formata da duecento ragazzi tolti alla strada e che Abbado ha portato anche a Reggio Emilia (concerto del 30 marzo 2007, musiche di Ravel e di compositori sudamericani). In Venezuela Abbado ha anche scoperto il giovane direttore d’orchestra Gustavo Dudamel (Barquimeto, 26 gennaio 1981), a suo dire «il miglior maestro della sua generazione». [h]
A Dudamel Abbado ha improvvisamente lasciato il podio prima a Palermo e poi all’Auditorium di Roma (15 settembre 2006) dove ha voluto che fosse lui a concludere il concerto con la Quinta di Mahler. Dudamel ha poi anche diretto alla Scala il Don Giovanni di Mozart (11 ottobre 2006, critiche contrastanti). Abbado ha raccontato la sua esperienza in Venezuela, condotta insieme con il direttore d’orchestra José Antonio Abreu, nel libro con dvd L’altra voce della musica.
Vita Terzo figlio del violinista Michelangelo (1900-1979). La mamma Maria Carmela detta Linuzza («grassa, simpatica, allegra» ha raccontato a Dacia Maraini) scriveva favole: «Era una vera incantatrice, fantasiosa e generosissima. Sapeva tante novelle siciliane e persiane, imparate da suo padre», Guglielmo Savagnone (1867-1956), «piccolo piccolo, bianco, occhi celesti di normanno» (insegnava Diritto ecclesiastico, esimio papirologo, ogni sette anni imparava una lingua nuova) • Ha scritto Gianandrea Gavazzeni in Le mogli dei musicisti: «Maria Carmela, la più perfetta moglie di musicista che esista nei tempi nostri: nata due secoli prima avrebbe potuto diventare Anna Maddalena Bach senza mutar nulla di sé». Fu lei a trasmettere i primi rudimenti di tecnica al figlio. [i]
Scelse di diventare musicista che aveva appena cominciato ad andare a scuola. Sandro Cappelletto: «Entrare alla Scala per la prima volta a sette anni. Arrampicarsi fino al loggione e da lassù, circondato dall’immensità di quel teatro sporgersi fino a vedere ”Antonio Guarnieri, un uomo piccolissimo che stava facendo meravigliosamente suonare l’orchestra”. I bambini sono capaci di sentimenti e decisioni assolute; spesso restano desideri, o diventano frustrazioni, talvolta si realizzano. Quel giorno, Abbado decise di diventare direttore» • «Ascoltando alla Scala i Notturni di Debussy, scoprii il mio sogno, che non era di fare il direttore ma di poter un giorno ricreare quella magia. Studiavo musica ed ero così entusiasta da scrivere sui muri ”Viva Bartók”. La cosa mise in allarme la Gestapo, che cercava qualcuno con un nome analogo. Vennero a casa mia e io bimbetto dovetti spiegare l’equivoco mostrando loro la partitura. Qualcosa di analogo accadde molti anni dopo: quand’ero direttore musicale della Scala qualcuno a cui le mie idee innovative non andavano a genio, mi denunciò sostenendo che avevo conti all’estero. Per due volte la finanza venne a perquisire tutto. Invano. Un giorno mi convocarono: abbiamo trovato i conti, dissero. Sono a Kassel, in Germania. E tirarono fuori una lettera su cui erano notati K. 136, K. 642... Per loro la prova. Per me il catalogo Köchel delle opere di Mozart. Tirai fuori i dischi con in copertina proprio quei numeri. Sono i conti di Mozart non i miei, spiegai». [j]
Tra i 10 e i 20 anni, l’età dell’ascolto ma anche della lettura divorante dei grandi romanzi russi. Il fratello Marcello (vedi): «Io ho sette anni più di lui e sono stato il suo maestro di pianoforte. Ha studiato con me cinque anni e poi è entrato in Conservatorio. Come pianista era bravissimo. All’inizio degli anni Cinquanta, a Parigi, nella Sala Gaveau, mio padre, Claudio ed io ci siamo alternati come solisti in concerti di Bach, ciascuno suonando e dirigendo contemporaneamente. Alla fine, io e Claudio ci siamo esibiti nel Concerto in do minore per due pianoforti di Bach. Una serata memorabile» • «Tra i 20 e i 30 il momento della scelta. Difficile perché a quell’età uno vorrebbe tutto. Io suonavo, componevo, cantavo persino. Con Zubin Mehta ci infilavamo nel coro del Musikverein di Vienna per ascoltare le prove di Bruno Walter e di Karajan, allora quasi sempre chiuse. In quel periodo mi sono anche sposato, sono nati i miei due primi figli. Tra i 30 e i 40, la Scala, dove ho aperto le porte a molti compositori contemporanei, da Luigi Nono a Stockhausen, Luciano Berio, Sylvano Bussotti, Penderecki. E tante prime esecuzioni, Schubert, Bruckner, la Terza di Mahler... Aprire vie nuove mi ha sempre entusiasmato. Ho cercato di farlo anche negli anni successivi, a Vienna, a Londra, a Berlino». [k]
Studi al Conservatorio di Milano, con Antonino Votto, poi a Vienna con Hans Swarowsky. Debutto alla Scala nel 1960, vincitore del Concorso Mitropoulos di New York nel 1963, quindi invitato da Karajan per un concerto a Salisburgo, dove scelse la Seconda Sinfonia di Gustav Mahler. Nel 1968 fu nominato direttore principale dell’Orchestra della Scala: era sul podio per il Don Carlos la famosa sera del 7 dicembre 1968, quando le signore in pelliccia vennero bersagliate di uova marce dagli studenti guidati da Mario Capanna • Nel 1982 fondò, con Ernesto Schiavi, la Filarmonica della Scala, dando seguito a un’idea, nata durante una cena in Giappone, di «un’orchestra indipendente, in grado di proporre un repertorio sinfonico nel tempio della lirica e portarlo nel mondo» (Maria Serena Natale) • Restò alla Scala fino all’86, quando diventò direttore musicale dell’Opera di Vienna. Nella capitale austriaca creò Wien Modern, un festival dedicato alla creazione contemporanea, una passione costante della sua attività direttoriale. Tre anni dopo, i Berliner Philharmoniker lo chiamarono a dirigere un’orchestra guidata, prima di lui, da Wilhelm Furtwängler e Herbert Von Karajan • Nel 2002, annunciando l’addio ai Berliner («Non ho raggiunto tutto, è uno dei motivi per cui me ne vado»), ha raccontato: «Al mio arrivo si era posto il problema di una certa uniformità di suono ereditata da Karajan. Grandissima personalità. Ma quel suo suono caldo e bellissimo, ideale per la musica romantica, finiva per riguardare tutto, dal barocco al contemporaneo». [l]
I Berliner hanno istituito un premio di 10 mila euro che porta il suo nome e che nella sua prima edizione (2007) è stato assegnato al clarinettista Jörg Widmann, di 33 anni • Ha sempre esaltato la gioia del suonare insieme, al punto che Bergman s’ispirò a lui quando in Sarabande, il suo ultimo film, raccontò la storia di una giovane violoncellista che rinuncia alla carriera di solista per entrare in un’orchestra. Il fratello Marcello (vedi): «Il maestro Gianandrea Gavazzeni, in un suo libro, ha scritto che la nostra casa ”era la più sonora scatola musicale di Milano”. Ricordo che un giorno una vicina si lamentò con mia madre perché suonavamo troppo, e mia madre le rispose: ”Non si preoccupi, signora, stia tranquilla, vedrà che sarà sempre peggio”». Abbado voleva sempre far qualcosa con Bergman, scomparso poi il 28 luglio 2007. [m]
Restò alla Scala fino al 1986. La sua ultima prima (Carmen, nel 1984) è rimasta famosa perché Shirley Verrett fu beccata dal pubblico dopo le prime due arie, concluse l’esibizione piangendo e non tornò mai più alla Scala • Discografia molto selettiva. Da segnalare: Le nove Sinfonie di Beethoven registrate con i Berliner; Tutte le sinfonie di Gustav Mahler (Wiener, Berliner); Wozzeck di Alban Berg (con i Wiener e il soprano Hildegard Behrens); Viaggio a Reims e Cenerentola di Gioacchino Rossini; Simon Boccanegra e Macbeth di Giuseppe Verdi; Don Giovanni e Il flauto magico di Mozart • Ha avuto un cancro di cui parla apertamente. «Mi hanno operato allo stomaco e me ne hanno tolto una buona parte. Di conseguenza sono costretto a una dieta ferrea. Ho sofferto e ho lottato con tutte le mie forze. Come sempre però dal male può nascere qualcosa di buono. A cominciare dai piccoli piaceri del palato, acuito e sensibilizzato come non mai dalla necessità di dosare e selezionare il cibo» • «Ho sempre un assistente con me, se non dovessi farcela sa che dovrà dirigere lui. Se non vado in certe città, è perché non posso dirigere più come prima, devo limitare le scelte: l’importante è far bene musica, il pubblico può spostarsi» • padre del regista Daniele e fratello del violinista Marcello. [n]
Sulla Scala e su Muti Ogni volta che si è riavvicinato a Milano, le reazioni sono state scomposte. Manuela Grassi: «Magnifica accoglienza nel 1993, quando venne in tournée con i Berliner. Clamorosa rottura nel 1994 con il sovrintendente Carlo Fontana e, indirettamente, con il suo successore Riccardo Muti. Motivo: dopo aver preso accordi per portare in scena l’Elektra di Richard Strauss, si sentì dire che il costo dell’allestimento era troppo alto. Risultato: il maestro giurò di non rimettere più bacchetta alla Scala. Nel dicembre 1998 il nuovo Piccolo Teatro ha in cartellone il Don Giovanni con la regia di Peter Brook che il maestro milanese ha allestito per il festival di Aix-en-Provence. La notizia, non vera, che Abbado in persona dirigerà una o due rappresentazioni suscita emozioni in Comune e alla Scala: non ci possono essere due teatri musicali in competizione!». [o]
«C’è, strisciante, mai dichiarata, l’antipatia - o meglio, l’indifferenza - nei confronti dell’altro famoso direttore d’orchestra italiano: Riccardo Muti. Entrambi negano, ma è quasi scritta nelle rispettive filosofie di vita: mitteleuropeo nella cultura, rivolto alle avanguardie culturali il primo, conservatore nei gusti e nel repertorio il secondo; dal gesto direzionale leggero, danzante il milanese, rude e un pochino goffo il meridionale. Abbado due volte sposato, sempre circondato da donne bellissime (come la violinista russa Viktorija Mullova). Riccardo Muti ben deciso a difendere dalle indiscrezioni l’unità familiare» (Riccardo Lenzi).
Critica «Detesta i clamori e il divismo (forse il lato paterno, piemontese, rigorista, che proviene da Alba). Perché, così ha raccontato a Lidia Bramani in Musica sopra Berlino (Bompiani), ”è l’aspetto più irritante di una scoria ideologica, fatta di prepotenza e volgarità”. Autenticamente umile. Basta leggere il suo gesto per capire che non vuol essere divo: non c’è una barriera d’autorità con i suoi compagni di gioia. Sta facendo musica tra amici, vuole non esibirsi, ma scoprire ogni volta qualcosa di nuovo» (Marco Vallora). «Come direttore ha avuto una trasfigurazione dopo la malattia di qualche tempo fa: la sua forza comunicativa è impressionante. L’incontro con la morte gli ha dato una profondità che hanno solo i sopravvissuti (Salvatore Sciarrino). [p]
Politica «Non sopporto più certe speculazioni sia di destra che di sinistra. Non tollero i fumi dell’ignoranza e dell’approssimazione. Quando, insieme a Milstein, Kubelik e Barenboim feci un testo contro l’invasione dei russi a Praga, in Italia nessuno volle riportarlo. Alla sinistra non faceva comodo perché si trattava dei russi, e alla destra non faceva comodo perché io avevo un’immagine di sinistra». Nel 2004 ha firmato (con Niemeyer, Saramago e la Gordimer) un documento in difesa di Cuba e della sua rivoluzione • Schierato con i democratici americani e per Obama contro Hillary Clinton (dato che Al Gore non è sceso in campo).
Sport Tifoso del Milan, segue le partite anche in tournée.