Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 09 Martedì calendario

Brees Drew

• (Andrew) Dallas (Stati Uniti) 15 gennaio 1979. Giocatore di football americano. Quarterback. Mvp del XLIV Superbowl (Miami, 7 febbraio 2010) quando condusse i New Orleans Saints al successo (31-17) contro gli Indianapolis Colts del leggendario Peyton Manning (in finale di conference li aveva guidati al successo contro i Minnesota Vikings dell’altrettanto leggendario Brett Favre) • «[...] troppo basso, dicevano, per essere un vincente (1 e 83)[...] A New Orleans il texano dal carattere d’acciaio e dal cuore da profeta era arrivato a fine 2005, con i pacchi degli aiuti, mezzo scaricato dai San Diego Chargers, che dopo 5 stagioni non credevano più in lui. Nel ragazzino che a Purdue, dopo essere stato ignorato dalle grandi squadre universitarie del Texas, aveva rotto tutti i record nei passaggi. Una macchina da lancio perfetta, capace di fare lo screening al campo e scegliere in un lampo il bersaglio migliore. Ma troppo ”tappo” per diventare un quarteback da SuperBowl, un divo come Tom Brady (1,96) o Peyton Manning (1,93). Nel 2005 ci si era messa anche una botta di Gerard Warren, defensive tackle di Denver che gli aveva lasciato una spalla ”dislocata come l’ala di un tacchino nel Giorno del Ringraziamento”. A San Diego fu mobbizzato, solo Miami e New Orleans si fecero vivi, i Saints con un contratto da 60 milioni di dollari per 6 anni. Ma Brees tentennava, temeva di finire annegato in una squadra mediocre. Un giorno il nuovo allenatore Sean Payton, che lo stava accompagnando in macchina a New Orleans per convincerlo a firmare, sbagliò uno svincolo e finì nella zona più devastata, incapace per 45 minuti di uscire da un dedalo di macerie e disperazione. ”In quel momento - ha raccontato Drew - ho capito che la città, i Saints e io stesso avevamo bisogno di una ricostruzione. E che avremmo potuto compierla insieme”. Una chiamata. Alla quale Brees in 4 anni ha risposto raccogliendo 1,8 milioni di dollari per la ricostruzione di scuole e playground attraverso la sua fondazione, e seducendo la squadra con la sua fame di perfezione. Con il suo carisma: [...] ha superato il lutto per il suicidio della madre Mina, che lo aveva allevato ma con cui Drew non parlava dal 2001, quando l’aveva ripudiata come manager. [...]» (Stefano Semeraro, ”La Stampa” 9/2/2010).