Interventi&Repliche, Corriere della Sera 08/02/2010, 8 febbraio 2010
LETTERE – LA MELA DEL PECCATO
Con riferimento all’articolo «Il gusto di peccare, tentazione biblica» (Corriere, 5 febbraio), vorrei precisare che, contrariamente a una opinione largamente condivisa, Adamo ed Eva non furono cacciati dal Paradiso terrestre per aver consumato il frutto dell’albero della conoscenza, frutto che era loro destinato, ma per averlo preso ancora acerbo, da un albero appena piantato. Inoltre, il momento giusto non era giunto neppure per Adamo ed Eva, che erano ancora immaturi. Stando al racconto biblico, erano stati da poco differenziati l’uno dall’altra, essendo prima un solo individuo nello stato androgino primordiale. La conoscenza prematura in un individuo impreparato è destinata ad accecare più che a illuminare. Baruch Spinoza in qualche modo anticipava anche la psicoterapia freudiana e junghiana quando, in una lettera del febbraio 1663 a Simon de Vries, uno dei suoi corrispondenti, scriveva che la conoscenza può essere dannosa per le persone che non siano pervenute «a un’età più matura». I maestri della Cabbalah confermano questa interpretazione. R. Yosef Giqatilla, nel suo Sha’aré orà (Porte di Luce), spiegò: «Dio non impedì ad Adamo di nutrirsi dell’Albero della vita ed egli era libero di farlo. Dio comandò ad Adamo che aspettasse un po’. Se Adamo avesse aspettato a mangiare del frutto che esso raggiungesse la maturazione essi non sarebbero mai stati trascinati nell’abisso» (traduzione inglese: Gates of Light, Harper Collins, San Francisco 1994, pagine 219, 368).
Arturo Schwarz, Milano.
La ringrazio della sua osservazione. La apprezzo molto, soprattutto per il prezioso riferimento a Spinoza. Non ho infatti parlato di «cacciata», come è attestato da numerosissime tradizioni teologiche e iconografiche, né sono entrato nei dettagli delle interpretazioni del peccato originale che sono costantemente aperte nella cultura occidentale, ma mi sono limitato all’indicazione essenziale di Agostino. So che sono in corso ricerche, che giungono a soluzioni simili a quelle da lei ricordate, partendo dal Pentateuco enochico (dal V al I secolo a.C.), in particolare dal Libro dei vigilanti. Il quale, tra l’altro, spiega l’origine del male facendo riferimento alla sola caduta degli angeli.
Armando Torno