Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 08/02/2010, 8 febbraio 2010
L’ONU E IL SUO GOVERNO UN PROBLEMA ITALO-TEDESCO
Siamo alunni della classe II A dell’Istituto tecnico nautico ”Leone Acciaiuoli” di Ortona. Durante la lezione di geografia, parlando dell’Onu, facevamo riferimento all’entrata di un sesto Paese nel Consiglio di sicurezza. Il nostro professore ci ha detto che probabilmente sarà la Germania. Sappiamo che i membri del Consiglio di sicurezza sono i vincitori della Seconda guerra mondiale. Ci chiediamo: per quale motivo dovrebbe entrare la Germania e non l’Italia, dato che tutte e due hanno perso la guerra?
La II A dell’Istituto tecnico nautico ”Leone Acciaiuoli”.
Ortona (Ch)
Cari ragazzi, anzitutto, sulla natura del Consiglio di sicurezza e delle sue funzioni. Quando volle rilanciare, su basi nuove, il progetto di una società internazionale, il presidente americano Franklyn D. Roosevelt pensò a un ente che avrebbe avuto le caratteristiche di una società per azioni. Vi sarebbero stati un’assemblea degli azionisti, in cui ogni Paese sarebbe stato rappresentato con parità di diritti, e un consiglio d’amministrazione a cui sarebbe stato affidato il compito di prendere le decisioni più gravi e impegnative. Mentre tutti gli «azionisti», prima o dopo, avrebbero fatto un turno di presenza nel Consiglio, alcuni Paesi avrebbero avuto un seggio permanente: gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Gran Bretagna, la Francia e la Cina. Non è completamente vero quindi che i membri permanenti siano tutti vincitori della Seconda guerra mondiale. La Francia era stata battuta e la Cina aveva duramente combattuto contro il Giappone, ma non poteva certo vantarsi di averlo sconfitto. La scelta della Cina fu dovuta a Roosevelt, convinto che il Consiglio avesse bisogno di una grande potenza asiatica, e quella della Francia alle insistenze del primo ministro britannico Winston Churchill, convinto che la presenza francese fosse necessaria agli equilibri e alla stabilità dell’Europa.
Fu deciso altresì che ciascuno dei «cinque grandi», come vennero chiamati, avrebbe avuto il diritto di veto, vale a dire il potere di bloccare qualsiasi decisione contraria alle sue concezioni e ai suoi interessi. Roosevelt sperava che questa struttura avrebbe indotto i cinque, per restare nel gergo delle società per azioni, a formare un pacchetto di controllo o «patto di maggioranza» per una gestione concordata degli affari mondiali. Ma la Guerra fredda ha reso questa speranza impossibile. Paralizzandosi a vicenda con il diritto di veto, i cinque grandi hanno reso l’Onu molto meno efficace di quanto Roosevelt avesse sperato. Oggi, dopo la caduta del muro, le cose sono in parte cambiate e l’uso del veto è più raro. Ma il tempo trascorso dalla fine della guerra ha aperto una discussione sul numero dei seggi permanenti nel nuovo quadro internazionale. Agli inizi del Duemila è stato deciso, in linea di massima, di elevarne il numero a 10 e di scegliere i nuovi soci sulla base della loro importanza politico-economica e della loro posizione geografica. I candidati più evidenti, in questa prospettiva, sono la Germania, il Giappone, il Brasile, l’India, la Nigeria o il Sud Africa. Ma il nostro governo ha capito che molti italiani avrebbero reagito come voi e ha cercato di evitare l’«umiliazione» proponendo la creazione di una categoria di membri semipermanenti a cui sarebbero spettati turni più frequenti. La proposta è piaciuta a molti Paesi di media importanza, ma non soddisfa naturalmente le ambizioni degli Stati più importanti. E i cinque grandi ne hanno approfittato per lasciare, almeno temporaneamente, le cose come stanno. nonostante abbia provveduto in tempo a superare la visita medica e a saldare il dovuto. L’agenzia mi ha spiegato che per ottenere dal ministero competente il fatidico bollino (delle dimensioni di un centimetro quadrato) potrebbero essere necessari 2 mesi. Sanno al ministero che c’è chi vive ai confini e che ha interessi oltre le frontiere, annullate dai trattati e ora reintrodotte dalla burocrazia?
Sergio Romano