Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 07/02/2010, 7 febbraio 2010
L’ALLARME SUL DEBITO RIMASTO INASCOLTATO
In questi giorni, le obbligazioni pubbliche spagnole sono diventate rischiose. Assicurarsene il rimborso attraverso i credit default swaps costa molto più di prima, preludio a un consistente rialzo dei tassi. Dopo il rischio Grecia, ecco il ben più consistente rischio Spagna. Il fenomeno è sorprendente. Secondo Global Insight, le obbligazioni dello Stato spagnolo arriveranno a pesare per il 74% del Prodotto interno lordo alla fine del 2012, mentre quelle dello Stato italiano già hanno superato il 117% del Pil nel 2009. Eppure, Madrid è sotto schiaffo e Roma no. Parlando a bassa voce (non vorremmo essere i prossimi bersagli della speculazione), viene da chiedersi il perché.
La risposta, suggerita dalla storia della Grande Crisi, può essere questa: il debito pubblico non va più considerato a sé stante ma in relazione al debito del settore privato, che in Spagna è in profondo rosso. I dati a supporto di questa tesi li offre il McKinsey Global Institute nel suo ultimo studio, «Debt and deleveraging: the global credit bubble and its economic consequences», gennaio 2010. A metà 2009, il debito globale spagnolo era pari al 366% del Pil, con una quota pubblica limitata al 56%, mentre quello italiano, dove la quota pubblica arrivava al 109%, si fermava al 315%. Ricordate? La Spagna aveva sorpassato l’Italia nel Pil pro capite. La storia del debito globale spiega da dove veniva la spinta alla crescita: dal 2000 alla metà del 2009 il debito globale spagnolo è aumentato di 173 punti percentuali di Pil, mentre quello italiano di 80 punti, meno della metà.
Quel sorpasso, superficialmente vantato da Zapatero e ingenerosamente imputato a Prodi, perde senso se poi il debito delle famiglie spagnole era passato dal 69% al 130% del reddito disponibile mentre quello delle famiglie italiane era risalito solo dal 34 al 60%. Diversamente dagli Usa, dove a indebitarsi maggiormente è stato il ceto medio, che ora può risparmiare, certo con l’effetto di rallentare la ripresa dei consumi, in Spagna a indebitarsi sono stati i più poveri, che non hanno niente da risparmiare e possono trascinare nell’insolvenza i creditori. Le due grandi banche, il Santander e il Bilbao, restano solide perché la Banca di Spagna ha loro consentito, grazie a un regime fiscale intelligente, di accantonare enormi riserve. Ma le casse di risparmio hanno l’acqua alla gola. Nel suo complesso il sistema finanziario spagnolo è tirato quanto quello britannico. Idem dicasi per le imprese, le più indebitate del mondo.
Da questo coacervo di informazioni, McKinsey ricava un quadro sinottico qualitativo che assegna ai diversi Paesi un colore come al pronto soccorso. Ebbene, la Spagna è codice rosso, il più allarmante. La cosa singolare, nota McKinsey, è che alla Spagna il codice rosso sarebbe stato assegnato anche nel 2006. E allora resta un’altra domanda: governi, banche centrali e agenzie di rating dov’erano? Come facevano i conti e i confronti? E come li fanno oggi?
Massimo Mucchetti