Guido Olimpio, Corriere della Sera 07/02/2010, 7 febbraio 2010
LE ROTTE DEL NARCOTRAFFICO VERSO L’EUROPA
Sono gli «uccelli migratori». Aerei che cambiano matricola e, a volte, proprietà con la velocità del vento. Iraniani e coreani del Nord li utilizzano per le forniture di armi. I narcos, invece, li impiegano per trasportare cocaina dal Sud America all’Africa occidentale, «polvere» che da qui prosegue via terra o affidata a corrieri in direzione dell’Europa. La «Air Coca» vola a pieno ritmo, a prezzi speciali e cerca nuovi scali. Ne abbiamo ricostruito le mosse con l’aiuto di funzionari antidroga ed esperti incontrati in Florida.
Nella punta estrema degli Stati Uniti, nell’area compresa tra Tampa e Miami, si muovono, infatti, molti acquirenti di velivoli. Sono prestanome con grande disponibilità, vengono da Colombia, Venezuela e Messico ma hanno uffici anche in Europa. Come Pedro Benavides arrestato in Florida dall’Fbi al termine di una lunga inchiesta. Aveva procurato ai cartelli un «King Air» e stava per inviare un secondo bimotore in Venezuela.
Ametà gennaio, le autorità di Caracas hanno annunciato l’arresto di Solomon Camacho, grande amico del defunto padrino Pablo Escobar, legato al cartello di Guajira e a bande dominicane. Il trafficante è ritenuto la mente di un intenso traffico aereo. La sua organizzazione ha infatti spedito partite di droga sia verso gli Stati Uniti che l’Africa. Sulla sua testa c’era una taglia da cinque milioni di dollari messa dalla «Dea» (Drug enforcement agency) americana. probabile che i suoi collaboratori si siano riforniti di velivoli anche in Florida, cercando i «King Air» e i «Cessna», veri muli del cielo.
«Il posto migliore se vuoi comprare un aereo resta Fort Lauderdale – ci racconta un ex pilota incontrato a Miami ”. La cosa più importante è che abbia i motori a posto. Poi per il resto ci si arrangia». E gli intermediari al servizio dei narcos aprono società di copertura, individuano gli aerei, poi fanno arrivare i soldi. Riciclano e servono i loro padroni. «Fanno la spesa» rivolgendosi a compagnie basate a Venice, St. Petersburg, Fort Lauderdale.
Tutto regolare. O quasi. Usando questa tecnica, il potente cartello di Sinaloa (Messico) ha acquisito quasi 50 velivoli, di ogni tipo, impegnati spesso nel trasferire carichi verso gli Usa, sorvolando i Caraibi, oppure sulla via africana. un caso’ clamoroso’ avvenuto il 2 novembre a svelare le dimensioni del network.
Quel giorno nella località di Tarkint, vicino a Gao (Mali), sono stati rinvenuti i rottami di un Boeing 727. Partito alle 23 del 16 ottobre da Panama ha fatto scalo a Maracaibo per il rifornimento ed ha presentato un piano di volo con destinazione finale Bamako, nel Mali. Decollato di nuovo sarebbe atterrato a Barinas (sempre in Venezuela) dove avrebbe caricato droga e armi. Quindi il balzo verso le isole di Capo Verde, ultima tappa prima di arrivare in Mali. Il jet era registrato in Guinea Bissau e aveva documenti falsificati in un Paese del Golfo Arabico: non era autorizzato a volare, ma girava lo stesso. La sigla di immatricolazione apparteneva – sembra’ ad un Boeing 707. Dunque un jet clonato. Una volta toccata di carta che fai scendere su un fazzoletto». Ma il jet, in versione cargo, può trasportare 10 tonnellate di coca. Non sono poche. Una piccola porzione di un business che mette insieme gang sudamericane, spalloni africani e, a volte, gruppi islamisti passati al banditismo. Una realtà dove c’è molto da scoprire. Come il mistero del B727 rubato sulla pista di Luanda, in Angola, il 25 maggio 2003. Gli ultimi a salire a bordo’ per un controllo – un tecnico congolese ed un ingegnere di volo venuto dalla Florida. Anche loro sono svaniti insieme al jet. Non sarebbe una sorpresa se lo avessero usato per un’operazione «nera». terra a Tarkint, i trafficanti hanno scaricato la merce e poi hanno incendiato l’aereo. C’è il fondato sospetto – come ha rivelato il responsabile Onu per la lotta alla droga, Antonio Maria Costa,’ che il carico sia stato passato a un gruppo di terroristi di Al Qaeda attivi nel Sahel. Una fazione algerina in affari con i contrabbandieri. Gli islamisti forniscono supporto e impongono una tassa di transito: quasi tremila euro per ogni chilogrammo di cocaina.
Sempre secondo le fonti delle Nazioni Unite i criminali disporrebbero di una decina di aerei, tra questi alcuni Boeing 727, 707 e DC9. In alternativa usano piccoli jet’ i Gulfstream II – e persino dei bimotori a elica. Nel luglio del 2008 hanno confiscato un Cessna 441 in Sierra Leone: volava con le insegne della Croce Rossa. Nel medesimo periodo, in Guinea Bissau, è stato sequestrato un Gulfstream noleggiato’ si fa per dire’ dal cartello di Sinaloa. Ai comandi c’era una leggenda, Carmelo Vazquez Guerra, pilota inafferrabile, protagonista di numerosi raid con aerei pieni di droga.
Per compiere la lunga traversata, i tecnici dei narcos fanno vere acrobazie. Creano serbatoi supplementari e sistemi che permettono ai piloti di rifornire i velivoli in volo. Uno dei metodi impiegati è quello dei materassi ad acqua riempiti di carburante. Oppure delle semplici taniche. Sul Cessna ne sono state trovate 34. Manovre rischiose che però funzionano.
Le mete sono la Guinea Bissau, in particolare lo scalo di Cacine e le piste semipreparate nell’arcipelago di Bijagos. Poi la Sierra Leone e il Mali. Le forze di sicurezza di questi Paesi sono impotenti. Non hanno mezzi e il territorio è troppo esteso per poterlo controllare in modo efficace. In Guinea Bissau poi sono emerse evidenti complicità: l’uccisione del presidente e del capo di stato maggiore, avvenuta nel 2009, sarebbero state provocate da una faida. I cartelli hanno creato teste di ponte nella regione perché è strategica. Il 60 per cento della coca destinata al mercato europeo transita lungo l’asse dell’Africa occidentale. Vi arriva su navi oppure nelle stive dei jet. L’Onu così come la Dea americana riportano, infatti, un incremento delle segnalazioni di voli sospetti. Se nel 2004 erano stati 109, nel 2008 erano passati a 178.
La flotta è in espansione e i «manager» sono abili. «Il fatto che impieghino i 727 – spiega una nostra fonte – dimostra quanto siano determinati. Il velivolo richiede tre uomini di equipaggio’ ossia due piloti e il motorista’ e non è certo un aeroplanino di carta che fai scendere su un fazzoletto». Ma il jet, in versione cargo, può trasportare 10 tonnellate di coca. Non sono poche. Una piccola porzione di un business che mette insieme gang sudamericane, spalloni africani e, a volte, gruppi islamisti passati al banditismo. Una realtà dove c’è molto da scoprire. Come il mistero del B727 rubato sulla pista di Luanda, in Angola, il 25 maggio 2003. Gli ultimi a salire a bordo, per un controllo, un tecnico congolese ed un ingegnere di volo venuto dalla Florida. Anche loro sono svaniti insieme al jet. Non sarebbe una sorpresa se l’avessero usato per un’operazione ”nera”.
Guido Olimpio