Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 06/02/2010, 6 febbraio 2010
LETTERE – ANALFABETISMO
Caro Romano, il riconoscimento che in passato fu esplicata una umiliazione nei confronti della popolazione sudtirolese è indice di rara obiettività. Non si prospettano ritorsioni, ma nemmeno la cancellazione del rapporto di causa ed effetto: i torti dovrebbero essere riparati. Certa mentalità ingenera perplessità, ancora dopo due o tre generazioni, per i suoi richiami egemonici. La scritta sul monumento («Hinc ceteros excoluimus lingua legibus artibus») ne è eloquente, pubblica testimonianza. Si dirà che il manufatto risale al 1928. Ebbene, una realtà come quella italiana con il 55% di analfabetismo, non avrebbe potuto «insegnare» alcunché dove c’era solo il 7,1% di illetterati. Un riconoscimento di tale evidenza risulterebbe finalmente distensivo. Di certe «tifoserie» si auspica veramente l’assenza, come si legge in un suo editoriale.
Eva Klotz
Un lettore mi ha scritto che lei, in fondo, è una irredentista. Un Paese che si è considerato per molto tempo «irredento» deve quindi dare prova nei suoi confronti di pazienza e tolleranza. Qualche precisazione tuttavia può essere utile. Agli inizi del Novecento l’Impero austro-ungarico era, fra le grandi potenze, quella che aveva il più alto tasso di analfabetismo (22%), con forti differenze, beninteso, da una regione all’altra. In Italia l’analfabetismo, nel 1900, rappresentava il 48,6%, ma anche in questo caso con forti differenze fra le diverse regioni. I progressi da quel momento furono molto rapidi: 35,2% nel 1920, 13,8% nel 1941, 12,9% nel 1950, 5,2% nel 1970, 2,9% nel 1990. Esiste poi da qualche anno l’analfabetismo di ritorno, ma è un fenomeno non soltanto italiano.