wikipedia, 8 febbraio 2010
« Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale ([
« Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale ([...]); viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell’individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell’internamento. L’assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l’essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l’aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell’asilo » (Franco Basaglia, 1964) Franco Basaglia (Venezia, 11 marzo 1924 – Venezia, 29 agosto 1980) è stato uno psichiatra italiano, rappresentante della psichiatria italiana del Novecento. A lui si deve l’introduzione in Italia della "legge 180/78", dal suo nome chiamata anche Legge Basaglia, che introdusse una importante revisione ordinamentale sui manicomi e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti psichiatrici sul territorio. Biografia Secondo di tre figli, trascorre un’adolescenza tranquilla e agiata. Dopo aver conseguito la maturità classica nel 1943 si iscrive alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova. All’università entra in contatto con un gruppo di studenti antifascisti; per il suo impegno antifascista viene arrestato e incarcerato. La detenzione cessa alla fine della guerra, sei mesi dopo. Nel 1949 si laurea in medicina e chirurgia all’Università di Padova, In questo periodo si dedica ai classici dell’esistenzialismo: Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Husserl e Heidegger. Nel 1953 si specializza in Malattie nervose e mentali presso la clinica neuropsichiatrica di Padova. Lo stesso anno sposa Franca Ongaro, che gli darà due figli, sarà coautrice col marito di alcune opere sulla psichiatria e entrerà in Parlamento per Sinistra Indipendente. Nel 1958 Basaglia ottiene la libera docenza in psichiatria. Per le sue idee innovative e rivoluzionarie non viene bene accolto in ambito accademico, cosicché nel 1961 decide di rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia per dirigere l’ospedale psichiatrico della città. Si tratta di un esilio professionale dovuto soprattutto alle scelte politiche e scientifiche. L’impatto con la realtà del manicomio è durissimo. Teoricamente si avvicina alle correnti psichiatriche di ispirazione fenomenologica ed esistenziale (Karl Jaspers, Minkowski, Ludwig Binswanger), ma anche a Michel Foucault e Erving Goffman per la critica all’istituzione psichiatrica. A Gorizia, dopo alcuni soggiorni all’estero (visita alla comunità terapeutica di Maxwell Jones), avvia nel 1962, insieme ad Antonio Slavich, la prima esperienza anti-istituzionale nell’ambito della cura dei malati di mente. In particolare, egli tentò di trasferire il modello della comunità terapeutica all’interno dell’ospedale e inizia una vera e propria rivoluzione. Si eliminano tutti i tipi di contenzione fisica e le terapie elettroconvulsivanti (elettroshock), vengono aperti i cancelli dei reparti. Non più solo terapie farmacologiche, ma anche rapporti umani rinnovati con il personale. I pazienti devono essere trattati come uomini, persone in crisi. Fu l’inizio di una riflessione sociopolitica sulla trasformazione dell’ospedale psichiatrico e di ulteriori esperienze di rinnovamento nel trattamento della follia, alternative anche alla esperienza di Gorizia. Nel 1967 cura il volume Che cos’è la psichiatria?, nel 1968 pubblica L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, dove racconta al grande pubblico l’esperienza dell’ospedale psichiatrico di Gorizia. L’opera si rivela un grande successo editoriale. Nel 1969 lascia Gorizia e, dopo due anni a Parma dove dirige l’ospedale di Colorno, nell’agosto del 1971 diviene direttore del manicomio di Trieste. Basaglia istituisce subito, all’interno dell’ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di teatro. Nasce anche una cooperativa di lavoro per i pazienti, che così cominciano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Ma ormai sente il bisogno di andare oltre la trasformazione della vita all’interno dell’ospedale psichiatrico: il manicomio per lui va chiuso ed al suo posto va costruita una rete di servizi esterni, per provvedere all’assistenza delle persone affette da disturbi mentali. La psichiatria, che non ha compreso i sintomi della malattia mentale, deve cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del "malato mentale", voluto da un sistema ideologico convinto di poter negare e annullare le proprie contraddizioni, allontanandole da sé ed emarginandole. Nel 1973 Trieste viene designata "zona pilota" per l’Italia nella ricerca dell’OMS sui servizi di salute mentale. Nello stesso anno Basaglia fonda il movimento Psichiatria Democratica, favorendo la diffusione in Italia dell’antipsichiatria, una corrente di pensiero sorta in Inghilterra nel quadro della contestazione e dei fermenti rivoluzionari del 1968 ad opera principalmente di David Cooper.[1] Nel 1971 sottoscrive l’appello, pubblicato sul settimanale L’Espresso, contro il commissario Luigi Calabresi. Nel gennaio 1977 viene annunciata la chiusura del manicomio "San Giovanni" di Trieste entro l’anno. L’anno successivo, il 13 maggio 1978, in Parlamento viene approvata la legge 180 di riforma psichiatrica. Nel 1979 Basaglia parte per il Brasile, dove, attraverso una serie di seminari raccolti successivamente nel volume Conferenze brasiliane, testimonia la propria esperienza. Nel novembre del 1979 lascia la direzione di Trieste e si trasferisce a Roma, dove assume l’incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio. Nella primavera del 1980 si manifestano i primi sintomi di un tumore al cervello, che in pochi mesi lo porterà alla morte, avvenuta il 29 agosto 1980 nella sua casa di Venezia. A distanza di 30 anni, benché sia stata più volte oggetto di discussione e di tentativi di revisione, la legge 180 è ancora la legge quadro che regola l’assistenza psichiatrica in Italia.[2][3] * Questo testo proviene in parte o integralmente dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera dell’Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze rilasciata sotto licenza CC-BY-3.0