Varie, 8 febbraio 2010
Tags : Franco Basaglia
FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "BASAGLIA
FRANCO"
«I significati sono cristallizzati, dormono. Devo risvegliarli. Per risvegliarli devo dire di no a tutto ciò che dorme, che è oscuro, nascosto. Devo risvegliare me stesso, diventare sveglio come finora non lo sono mai stato» (Franco Basaglia).
Luigi Attenasio, il manifesto 29/08/2000
[Berengo Gardin] ”Conobbi Franco Basaglia. Facemmo insieme un libro: si chiamava Morire di classe e raccontava come si viveva nei manicomi che Franco voleva chiudere”. Anche quelle immagini servirono a far approvare la legge 180 che li aboliva: ”Era una buona legge, anche se è stata male applicata. Basaglia morì troppo presto per poterne seguire gli esiti”.
Parrini 13/2/2002
Dopo una doppia laurea in Psichiatria e Sociologia (perché ”mi piace l’umanità, l’uomo”), comincia facendo il ragazzo di bottega di Franco Basaglia e abbracciando d’impeto le tesi antipsichiatriche [Paolo Crepet]
Parrini 20/2/2002
[Franca Ongaro Basaglia] Autrice di numerosi volumi insieme al marito (tra cui Morire di classe e Crimini di pace) curatrice di una raccolta di scritti di Franco Basaglia - sui suoi più importanti interventi clinico-teorici e sulle principali linee di sperimentazione istituzionale e politica - che s’intitola La realtà dell’utopia [...] Di quei testi, di quelle esperienze, ha condiviso l’elaborazione. Insieme con il marito è stata autrice d’innumerevoli volumi di denuncia della realtà manicomiale e di difesa della legge 180, varata nel 1978, fin dall’inizio molto fraintesa e osteggiata. Sono di entrambi opere come La maggioranza deviante, Morire di classe, Conferenze brasiliane, Crimini di pace, che hanno avuto ampia eco negli anni 70, il tempo in cui si affermavano nuovi diritti dei cittadini e nascevano nuovi soggetti sociali, spesso in contrapposizione con la cultura egemone. […] si era laureata in Lettere e nel ’53 si era sposata con Basaglia. Il mondo del marito era diventato il suo. Nel ’61, quando lui era stato nominato direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, si era trasferita in quella città. L’impatto con la realtà manicomiale li aveva sbigottiti. Non avrebbero mai dimenticato i cancelli e le inferriate, i lucchetti e le serrature che imprigionavano i pazienti, e le terapie in uso, i letti di contenzione, i bagni freddi, le camice di contenzione, gli elettroshok. ”Un malato di mente entra nel manicomio come una ’persona’ per diventare una ’cosa’. Il malato prima di tutto è una persona e come tale dev’essere considerata e curata” disse Basaglia. ”Il fondamento della 180 sta nello spostamento delle responsabilità professionali e istituzionali dalla tutela della società rispetto alla pericolosità della malattia alla tutela del malato nella società” disse lei, nel 2001. Erano state eliminate le misure di contenzione fisica dei pazienti, a Gorizia, si erano aperti i cancelli perché i malati potessero passeggiare nel parco, mangiare all’aperto. Erano venute le esperienze di Parma, di Trieste.
(Liliana Madeo, ”La Stampa” 15/1/2005).
[Giuliano Scabia] Ha lavorato a Trieste con Basaglia […] Nel 1973 il poeta è stato a Trieste, invitato da Franco Basaglia, e ha costruito coi matti Marco Cavallo un grande animale che è uscito dalla cinta muraria dell’Ospedale psichiatrico e ha attraversato le vie della città, diventando un happening, un personaggio e anche un libro edito da Einaudi.
Marco Belpoliti, ”La Stampa” 17/11/2005
In una sorta di singolare analogia con Michel Foucault, da cui lo hanno diviso origine di classe e formazione culturale, Salierno - da noi forse più in maggiore confidenza con l’opera di Franco Basaglia - ha inoltre ben percepito e definito la funzione simbolica che l’istituzione chiusa del carcere svolge a favore della vita cosiddetta civile e normale: una funzione di capro espiatorio, di espulsione-proiezione, attraverso la quale la società normale espelle da sé tutte le sue contraddizioni, il negativo, il male, facendone unici attori e testimoni i membri dell’universo segregazionario.
’il manifesto” 1/3/2006
TOMMASINI Mario Parma 15 luglio 1928, Parma 8 aprile 2006. Politico • «[...] L’uomo che voleva ”scaravoltare il mondo, per abolire le tante miserie...”. [...] letturista dell´azienda del gas, dirigente del Pci [...] Non è riuscito a ribaltare il mondo, ma a cambiare molte cose: prima di tutto, dare voce e dignità agli ultimi della terra. Era assessore in Provincia quando riuscì a chiudere il brefotrofio ed anche il carcere minorile. Chiamò Franco Basaglia a dirigere - e a chiudere - il manicomio di Colorno. Molti dei "matti" trovarono finalmente una casa vera.
Jenner Meletti, ”la Repubblica” 19/4/2006
Mio figlio non si drogava da quasi due anni e mezzo: mi sembrava una cosa straordinaria: chiesi conferma della vittoria a Franco Basaglia che mi rispose: "Beh, insomma, non so, penso che, forse, è come il cancro, bisogna almeno aspettare cinque anni". Comunque per ora io non conosco nessuno che, se era dentro fino al collo, abbia smesso di drogarsi per un tempo sufficientemente lungo per dare la certezza che la sua esperienza sia finita".
La Repubblica 10 Anni 1980, Natalia Aspesi
1975 Molte esperienze psicanalitiche, incluso un incontro con Basaglia, «mantenendosi sempre attento però a cogliere quanto di istrionico e inquietante è presente nelle ramificazioni, a volte palesemente settarie, di queste discipline. Se vale l’anagramma ”Azzanna dottore”, costruito a suo tempo da Elio Filippo Accrocca per il poeta, Zanzotto è del resto un paziente temibile per chiunque si avventuri insieme a lui nei labirinti della parola» (ibid).
Meridiano su Zanzotto, Mondadori 2003
Nel 1968, in piena contestazione culturale, la Cerati è sensibile nei confronti di una realtà nascosta, e per molti vergognosa, quella dei matti in manicomio. Nasce Morire di classe, invitata assieme a Gianni Berengo Gardin proprio da Franco Basaglia.
Giuliana Scimé, Corriere della Sera 6/1/2008
«Nel 1968 si rubavano, per leggerli e dibatterli, Herbert Marcuse, Luce Irigaray, Franco Basaglia» (il libraio Romano Montroni)
Mariarosa Mancuso, Panorama 23/01/2009
Incontri particolari?
«Con Franco Basaglia (psichiatra, ispiratore della legge che sancì la chiusura dei manicomi tradizionali, ndr). Veniva spesso da noi perché mio padre era stato nominato presidente dell’ente manicomi della zona» (Gene Gnocchi)
Enrica Brocardo, Vanity Fair 4/2/2009
«Quelle che ho prodotto finora e che produrrò mi hanno ampiamente soddisfatta, come quelle su Rino Gaetano, De Gasperi, Einstein e la miniserie su Basaglia di cui abbiamo appena terminato le riprese, dal titolo provvisorio ”La città dei matti”» [Claudia Mori]
Carola Uber, Chi, 9 settembre 2009
Soltanto se collocata su tale sfondo, la "rivoluzione" di Franco Basaglia – la negazione di ogni funzione clinica dell’ospedale psichiatrico, e la lotta per la sua distruzione istituzionale – acquista un significato storicamente plausibile: non l’alzata d’ingegno di un singolo medico, visionario o velleitario, geniale o maledetto, ma l’interpretazione estremizzata di un movimento collettivo. A Gorizia dal 1961, a Trieste dal ’71, l’ex neurologo universitario deriso dai colleghi come "filosofo" scelse di abbattere le inferriate, aprire i reparti maschili e femminili, togliere i camici a medici e infermieri, coinvolgere i malati nella gestione quotidiana del manicomio. Soprattutto, scelse di annullare la verticalità del rapporto medico-paziente, in una comunità terapeutica orizzontale dove si parlava, si viveva, si decideva in gruppo. Dove addirittura si volava in gruppo: come nella sorprendente, straordinaria "festa del volo" organizzata da Basaglia nel ’75, una gita aerea di pazienti triestini su un DC9 imprestato dall’Alitalia. Quasi una risposta simbolica al padre Gemelli della Grande Guerra, come a dire: non tutti hanno le doti per essere piloti d’aeroplano, ma tutti hanno il diritto di essere passeggeri. La storia successiva è più nota della precedente, così che non serve rievocarla qui: è la storia di un’anti-psichiatria che nell’Italia dei "movimenti" arrivò a coinvolgere l’opinione pubblica sino a farsi cultura diffusa, e che nel 1978 sboccò sull’approvazione, a stragrande maggioranza parlamentare, della legge 180, la famosa «legge Basaglia». Una normativa di cui oggi – trent’anni dopo – si vedono tutti i limiti, nella misura in cui la decisione di chiudere i manicomi non venne sostenuta da politiche adeguate di accompagnamento terapeutico sul territorio. Ma una normativa che le società odierne, minacciate dalla crescita del disagio psichico, possono riconoscere tanto più corretta nella sua filosofia di fondo: perché in quanto individuo esposto all’umana sofferenza, ognuno di noi può diventare "matto" da un momento all’altro.
Sergio Luzzatto, Il Sole-24 Ore 10/1/2010;
Davanti ai dati Auditel della prima parte di «C’era una volta la città dei matti…» (5 milioni e mezzo di spettatori, pari al 21.24% di share), Claudia Mori, produttrice della fiction sulla vita di Franco Basaglia, non nasconde la propria soddisfazione. «Sono orgogliosa, ho lottato molto per farla e farla così, non edulcorata né retorica, spero che di fronte a questo risultato cambino un po’ le cose» dichiara ad Alessandra Magliaro dell’Ansa. […] gli sceneggiatori sono [...] Alessandro Sermoneta e Katja Colja».
http://www.sorrisi.com/2010/02/08/claudia-mori-felice-per-il-successo-della-sua-fiction-su-basaglia-avvisa-la-rai-%C2%ABnon-blocchi-la-mia-serie-sulla-violenza-contro-le-donne%C2%BB/