CORRADO BARBERIS, la Repubblica 7/2/2010, 7 febbraio 2010
ACERBO, MATURO, VERDE CANTATO PERFINO DA CATONE
L’olio come il sesso. Chi negherebbe la qualifica di vergine ad un’anziana signora mai conosciuta da uomo?E chi negherebbe la qualifica di novello al succo appena spremuto da una oliva rimasta a maturare sull’albero fin dopo Capodanno inoltrato? In realtà il linguaggio comune confina le vergini al di sotto di una certa età. E con olio novello è designato quello che i frantoi consegnano a raccolta appena cominciata, in ottobre.
Fragrante. Anzi, c’è una gara a gustare olii sempre più primaticci. Non diversamente da quanto accadeva nelle vecchie società rurali, dove i nobili maritavano le loro figlie quando ancora non erano puberi o lo erano da pochissimo, in modo da diventare contemporaneamente donne e spose: come dimostra l’ Histoire du mariage edita poco fa da Laffont.
A spingere verso l’olio primaticcio fu il buonuomo Catone, nel suo trattato De agricultura, 180 anni circa avanti Cristo. Il vecchio Sabino non esita a preferirlo: «Più le olive saranno acerbe, migliore sarà l’olio» (65, 1). Era il cosiddetto oleum viride, contrapposto a quello normale la cui raccolta avveniva in gennaio. Peraltro, in una Roma come quella a cui Catone dedicava il suo trattato, una Roma che conosceva una fantastica espansione in tutto il Mediterraneo ma che non era stata ancora educata alla ricchezza, il mercato di un olio di qualità come il verde era necessariamente ristretto. Di qui l’ammonimento dell’economista, sdoppiatosi dal gastronomo: essere, per il proprietario, più vantaggioso fare l’olio con le olive mature. Almeno per le grosse partite, per non rischiare l’invenduto.
Con gli anni, il mercato dei prodotti di qualità conoscerà una sensibile espansione. Due secoli e passa dopo Catone, Columella distingue quattro tipi di olio: l’acerbo, il verde, il maturo e l’ordinario. L’acerbo, detto anche estivo, era in un certo senso un olio superverde, raccolto a partire da settembre. Columella non ne dà un giudizio organolettico, ma è presumibile che avesse una cerchia di estimatori, visto che nei suoi confronti vengono ripetute le raccomandazioni già formulate da Catone a proposito dell’olio verde: non convenire al padrone, data la scarsa produzione e il conseguente alto prezzo, che allontanava le masse. «Invece - sottolinea l’agronomo - è convenientissimo fare l’olio verde perché ne viene una quantità notevole e perché col suo prezzo raddoppia quasi le entrate del padrone» (XII, 52, 1). Naturalmente, all’interno dell’olio verde, si distingueva quello di prima, seconda e terza spremitura, creando una precisa gerarchia di bontà. Il prodotto ricco aveva dunque vinto la sua battaglia, grazie a palati più raffinati e ad una maggiore abitudine alla spesa. Ma le avanguardie dei gastronomi non si accontentavano più di questo rito ottobralnovembrino. Spingevano la fabbricazione dell’olio sempre più a ritroso, verso l’estate.
Ecco perché l’odierna riscoperta degli oli novelli ci riporta indietro nel tempo e ci fa rivive re un momento dell’eterno contrasto tra quantità e qualità.