VINCENZO NIGRO, la Repubblica 7/2/2010, 7 febbraio 2010
GATES ALL’IRAN: ACCORDO LONTANO SUL NUCLEARE - MONACO DI BAVIERA
Gli iraniani sono un popolo millenario: hanno inventato un gioco sapiente come gli scacchi, hanno codificato le arti della politica e del buon governo. Strateghi lungimiranti, tattici inimitati. Evidentemente però qualcosa si sta inceppando, se il governo Ahmadinejad arranca perfino nell’arte centrale della manipolazione. Tra ieri e venerdì Manoucher Mottaki, il ministro degli Esteri di Teheran, ha provato a presentare lo stato del negoziato sul nucleare in maniera profondamente positiva. «Siamo più vicinia un accordo», ha detto venerdì sera alla conferenza di sicurezza di Monaco di Baviera. Ieri mattina poi, dopo aver visto il nuovo direttore generale dell’Aiea, il diplomatico iraniano ha insistito sostenendo che «è stato un ottimo incontro, abbiamo discusso a fondo tutti i problemi sul tavolo, ci rivedremo presto». Ma una manipolazione così spinta si disinnesca con facilità.
Magari disseminando altri elementi di contro-manipolazione, meglio costruita. Il primo americano a parlare da Ankara, dove era in visita prima di raggiungere ieri pomeriggio Roma, è stato il ministro della Difesa Bob Gates. Ha risposto quasi con ironia al bravissimo Mottaki: «Più vicini a un accordo? Per quanto ne so io non mi pare proprio, l’Iran non deve fare altro che rispettare quello che gli dice l’Aiea». Ma anche l’Aiea smentisce l’ottimismo reticente di Mottaki: «Non ho ricevuto alcuna controproposta sulla questione del nucleare», dice il nuovo direttore generale dell’agenzia atomica dell’Onu, il giapponese Yukiya Amano, «il dialogo con l’Iran proseguee magari dovrebbe accelerare» (come dire «il tempo sta scadendo»). Dopo l’americano e dopo il rappresentante dell’Aiea, parlanoi ministri degli Esterie della Difesa tedesco, Guido Westerwelle e Theodor zu Guttenberg, che chiedono semplicemente nuove sanzioni anche se «la strada del negoziato è sempre aperta».
Poi il russo Lavrov, che avverte che «nuove sanzioni non dovranno colpire l’economia iraniana, ma solo il programma nucleare». La verità, dietro le manipolazioni della politica, è che a Monaco il blocco anti-iraniano ha raggiunto una nuova compattezza: Francia, Germania e Gran Bretagna confermano il totale sostengo alla linea di Obama che aveva dato tempo all’Iran fino a dicembre prima di varare nuove sanzioni. Anche la Russia di Putin e Medvedev è pronta a nuove sanzioni, anche perché l’idea originaria del piano della Aiea che l’Iran continua a rifiutare era stata partorita in ottobre proprio dalla diplomazia di Mosca.
E quando Lavrov dice che «le sanzioni non devono essere economiche» lo fa perché già sa che il lavoro dei tecnici si sta orientando per bloccare le attività dei pasdaran e di tutti i leader e tecnici iraniani coinvolti nel progetto nucleare. Il vero problema per il fronte anti-Ahmadinejad è la Cina: a Monaco il capace ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi ha spiegato che la Cina crede che la strada del confronto diplomatico vada ancora percorsa, che alle nazioni Unite non è ancora il momento delle sanzioni. Pechino all’Onu ha il potere di veto, ovvero può bloccare qualsiasi risoluzione di condanna all’Iran. E le nuove fiammate nel confronto con gli Stati Uniti lasciano presagire che i cinesi hanno tutta l’intenzione di bloccare una nuova condanna a Teheran, anche perché nel frattempo loro molto rapidamente stanno riempiendo i vuoti aperti dalle società occidentali che lasciano quel mercato. Ma torniamo agli americani: una delle star di questa conferenza di sicurezza di Monaco (ancora una volta pressoché disertata dagli italiani, l’unico presente è stato Franco Frattini alla cena di venerdì) è stato John Kerry. Il presidente della commissione Esteri del Senato Usa, dolorante per un’operazione all’anca, fa un discorso che allarga la prospettiva sul tema nucleare iraniano: «Se non ci uniamo e non facciamo pressioni serie per le sanzioni a Teheran, non solo andremo verso un nuovo paese nucleare, ma vedremo una corsa alle armi nucleari in tutta la regione. Kuwait, Arabia Saudita, Egitto, tutti si sentiranno minacciati, proveranno a riarmarsi. questo che vogliamo?». Proprio di Iran, ma anche di Afghanistan e Medio Oriente, ha iniziato a parlare a Roma il segretario alla Difesa Robert Gates: ieri ha visto Berlusconi e lo ha ringraziato per «il significativo aumento delle truppe italiane a Kabul». Oggi incontra La Russa e lunedì Frattini.