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 2010  febbraio 06 Sabato calendario

LA GUERRA DEI DEBITI DIVIDE L’OCCIDENTE

GI un anno fa scrivevamo sul Messaggero che la concorrenza globale sui debiti si sarebbe fatta sempre più dura e forse anche un po’ opaca. Purtroppo siamo stati profetici. I riflettori in questi giorni si sono accesi sui rischi dei debiti sovrani di alcuni Paesi dell’area dell’euro: dopo la Grecia è stata la volta di Spagna e Portogallo. I mercati finanziari hanno reagito molto negativamente e l’euro si è indebolito, ma sarebbe sbagliato pensare che il baricentro della crisi globale si stia oggi posizionando stabilmente sull’Euroarea. Così come è sbagliato pensare che le crepe più preoccupanti dell’economia del nostro continente si stiano manifestando, come indicherebbe un abusato copione, nel solito Sud dell’Europa.
Fa indubbiamente comodo ai Paesi anglosassoni far credere che l’Uem sia allo sbando. Questo, perlomeno, è ciò che ripete il tam tam dei potenti media economici e finanziari di lingua inglese. Tuttavia, la realtà è assai diversa. In questo momento, infatti, sono l’America e la Gran Bretagna per prime che hanno un bisogno disperato di finanziare i propri crescenti deficit pubblici. Ma non si tratta di un’impresa facile, perché nel mondo, dopo lo scoppio della crisi, c’è meno risparmio in circolazione da investire e quello che è rimasto le famiglie ovunque lo stanno principalmente utilizzando per ridurre i loro debiti. Inoltre, i cinesi non sembrano più così ben disposti come in passato a collocare automaticamente la maggior parte delle loro riserve valutarie in obbligazioni di debito federale degli Stati Uniti. Sicché l’immagine di un’Euroarea che appare quasi in procinto di sgretolarsi a noi pare, più che reale, soprattutto strumentale a spingere gli investitori verso i sempre più bisognosi titoli di stato americani e britannici.
La stessa improvvisa virata di Obama contro la Cina, di cui ha trattato anche Romano Prodi su queste colonne, può essere vista in questo contesto. Il Governo degli Stati Uniti ha inaspettatamente aperto in pochi giorni ben 4 fronti di frizione con Pechino (Google, armi a Taiwan, Dalai Lama e cambio della moneta cinese). Ciò può contribuire a dare l’impressione di un’America che non è disposta a cedere tanto facilmente la sua leadership mondiale, il che può aiutare a rendere più interessanti sui mercati finanziari il dollaro e i buoni del Tesoro statunitensi.
Nel frattempo gli inglesi continuano a coniare sgradevoli acronimi. Prima c’erano i Paesi ”maiali”, i cosiddetti Pigs (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna), considerati tradizionalmente gli anelli deboli dell’Europa. Poi l’acronimo è stato ampliato ed è diventato Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) con l’aggiunta di Dublino. Negli ultimi giorni alcuni economisti hanno benevolmente proposto di togliere dal gruppo l’Italia (che sta mostrando buone capacità di tenuta durante la crisi) e di ripristinare la vecchia sigla Pigs (con l’Irlanda al nostro posto). Ma noi temiamo che prima o poi le élite anglosassoni e i loro organi di informazione possano tornare a mettere nel mirino anche l’Italia, assecondando l’idea di un unico fronte di crisi dell’euro esteso in orizzontale a tutto il meridione d’Europa, dal Portogallo sino alla Grecia.
In realtà, quello della Grecia è il caso abbastanza peculiare di una piccola economia che da tempo nascondeva le sue difficoltà e di cui Eurolandia deve farsi carico, come ha scritto Alberto Quadrio Curzio sul Corriere della Sera, non solo e non tanto per salvare la Grecia, se mai ce ne fosse bisogno, ma per dimostrare di esistere anche e soprattutto nei momenti difficili. Quanto all’Italia, che è il più importante Paese del Sud Europa, essa non è certamente a rischio, avendo un deficit pubblico che nel 2010 sarà meno della metà di quello inglese e solo di poco superiore a quello tedesco. Inoltre, l’Italia può vantare anche un risparmio privato tra i più forti al mondo.
Il vero ventre molle dell’Europa è invece altrove. Si trova, cambiando radicalmente la nostra prospettiva geografica, sull’intero asse verticale dell’Europa ”periferica” occidentale: quella che negli anni recenti doveva essere per tutti il ”modello” da seguire, la quale però, come gli Usa, ha talmente abusato della ”bolla” finanziaria da restarne drammaticamente traumatizzata. Questa Europa in panne è oggi rappresentata dalla penisola Iberica e dalle isole Britanniche, dove i consumi delle famiglie sono crollati, la disoccupazione è ai massimi storici ed i deficit di bilancio si sono impennati. Per cui sarebbe facile ironizzare dicendo che il nuovo significato di Pigs adesso è: Portogallo, Irlanda, Gran Bretagna, Spagna (con gli inglesi promossi titolari in prima squadra).
Ma restiamo ai fatti: nel 2008, dietro al paravento di debiti pubblici ancora bassi, questi ”nuovi Pigs” presentavano i debiti delle famiglie e delle imprese in rapporto al Pil più alti d’Europa (vedi tabella) e la Gran Bretagna, in particolare, aveva un debito aggregato (famiglie+imprese+pubblica amministrazione) pari al 265% del proprio Pil, un valore più alto di quello della stessa Spagna.
Tutti guardiamo con preoccupazione alle traversie di Madrid. Ma diversamente dalla sterlina, che ha soltanto Londra che la tiene in piedi, l’euro fortunatamente non si regge sui suoi Paesi ”periferici”, bensì soprattutto su Francia, Italia e Germania. Queste tre nazioni (così come l’Austria che con la Germania è profondamente interconnessa), hanno economie ”reali” forti e bassissimi debiti di famiglie e imprese in percentuale del Pil. Soltanto l’Italia, tra esse, ha un debito pubblico storicamente alto, ma, come già detto, presenta tuttavia un deficit annuale tra i meno elevati assieme a quello tedesco.
Germania, Austria, Francia ed Italia, nell’ordine, presentavano nel 2008 i debiti aggregati in rapporto al Pil più bassi, largamente al di sotto non solo dei debiti aggregati dei nuovi ”Pigs” ma anche di quelli di Stati Uniti e Giappone. Nel 2010 l’Italia probabilmente avrà un debito aggregato persino più basso di quello della stessa Francia e di oltre 50 punti percentuali di Pil inferiore a quello britannico.
Infatti, le proiezioni della Commissione Europea e del Fondo Monetario Internazionale per il 2010 ci dicono che il debito pubblico italiano sarà, tra i grandi Paesi, quello che in termini di punti di Pil aumenterà di meno unitamente a quello della Germania, mentre i debiti pubblici che cresceranno di più saranno quelli di Gran Bretagna, Stati Uniti e Spagna. Quest’ultima è l’unica grande nazione dell’area della moneta unica che appare in serie difficoltà, mentre Stati Uniti e Inghilterra non potranno nascondere a lungo ai mercati i propri problemi irrisolti dietro il paravento di una presunta crisi dell’euro, che ha fondamentali ben più solidi rispetto a dollaro e sterlina. Sempre che i giochi sui mercati finanziari non si facciano ancora più duri dando agli eventi pieghe imprevedibili.