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 2010  febbraio 08 Lunedì calendario

UOMINI CHE ODIANO STIEG LARSSON

« una menzogna infame!». Eva Gabrielsson, la donna che per 30 anni è stata compagna di Stieg Larsson, reagisce alle accuse che sono piovute nelle ultime settimane sul defunto autore di Millennium. In Svezia è in corso una turbolenta polemica dopo il libro di Kurdo Baksi Il mio amico Stieg Larsson e un articolo di Anders Hellberg, ex caposervizio dello scrittore bestseller all’agenzia di stampa TT, in cui si afferma che Larsson non sapesse scrivere, e qualcun altro dovesse averlo fatto per lui. Una disputa così spiacevole da indurre la Gabrielsson a rompere il silenzio che si era imposta di mantenere fino all’uscita, il prossimo autunno, del libro che sta scrivendo, L’anno dopo Stieg, in cui racconta l’amore, il dolore e il rimpianto dei primi mesi dopo la scomparsa del suo uomo, nel 2004. La incontriamo in un caffè del centro di Stoccolma.
«Stieg era uno scrittore brillante, incisivo e coraggioso», dice. «Era uno scrittore proletario e femminista, e per questa ragione obiettivo di continue minacce dei neonazisti».
Ma Kurdo Baksi, che dice di essere stato il suo migliore amico, il compagno di tutte le battaglie, lo definisce «giornalista mitomane e avvocato delle cause perse»...
«Avveniva esattamente il contrario. Era Stieg che correggeva i testi di Kurdo. A volte scriveva lui gli articoli di sana pianta e Kurdo li firmava, assumendosene il merito. Insomma, Kurdo ha fatto carriera grazie a Stieg e adesso lo ripaga in questo modo».
Secondo lei, allora, perché si insiste nell’affermare che Stieg non sapesse scrivere e che sarebbe stata lei a stendere i testi della trilogia Millennium?
« pura invidia, scaturita dal grandissimo successo, in Svezia, di un libro che Stieg scrisse con Anna Lena Lodenius, L’estremismo di destra. Del resto contro le dichiarazioni di Baksi e di Hellberg sono insorti gli ex colleghi dell’agenzia di stampa TT dove Stieg aveva lavorato per diversi anni».
Quindi lei non ha collaborato ai gialli di Stieg Larsson?
«Io sono architetto e per un certo periodo ho collezionato studi riguardanti quartieri e edifici di Stoccolma. Stieg se ne è servito per ambientare i suoi libri. Tutto qui. Non aveva assolutamente bisogno di aiuto per scrivere. Oltre tutto, quando si sedeva al computer aveva le idee già molto chiare e scriveva rapidamente, mentre io sono lentissima. Infatti scrivo poesie, riflessioni, roba del genere».
Come vi siete conosciuti?
«Partecipai una volta a una riunione dei simpatizzanti del Fronte Nazionale di Liberazione all’epoca della guerra in Vietnam. Stieg accoglieva e dava il benvenuto a quelli che venivano per la prima volta e, in quell’occasione, mi domandò se volessi impegnarmi nella causa, collaborando con lui. Mi piacque subito per quel suo modo caldo e generoso di agire e di parlare. Avevamo tutti e due 18 anni ed eravamo infiammati dagli stessi ideali antimperialistici. Un anno e mezzo dopo andammo a vivere insieme e non ci siamo più lasciati. Notai subito che Stieg aveva bisogno di calore e di affetto: la sua fanciullezza e la sua adolescenza erano state tutt’altro che felici».
Perché?
«I suoi genitori lo consideravano un fardello e quando aveva appena un anno lo avevano lasciato alle cure dei nonni materni. Poi il nonno morì e la nonna, anziana e ammalata, non ce la fece più a tenere il ragazzo che ormai aveva nove anni. Stieg tornò con i genitori che, nel frattempo, avevano avuto un altro figlio. Nell’ambito familiare, Stieg era considerato un intruso. L’unico affetto gli veniva dalla madre, ma anche lei morì presto. In pratica, Stieg dovette cavarsela da solo e ricordo che, durante la cerimonia funebre, suo padre, Erland Larsson, ammise di non aver mai conosciuto il figlio. Pensi che non avevano nemmeno una sua foto. Stieg aveva un rapporto distaccato con il padre e non incontrava mai il fratello. La sua famiglia ero io».
Com’era Stieg? C’è chi lo ha definito chiuso e sfuggente, timido al limite della ritrosia.
«Ma per carità! Era tutto il contrario. Sapeva essere gioioso, scherzoso, sbarazzino. Ricordo un episodio: una volta gli raccontai che avevo avuto un episodio spiacevole al lavoro e che ne ero molto rattristata. Lui mi era venuto incontro alla fermata dell’autobus e mi ascoltò senza fare parola. Poi improvvisamente sparì e, mentre m’incamminavo verso casa, mi apparve davanti, balzando fuori da un portone e esclamando: ”Ma guarda che bella sorpresa! La donna dei miei sogni. Vogliamo fare una passeggiata e dimenticare le tristezze?”. Scoppiai a ridere e lo abbracciai. Stieg era fatto così».
Non la disturbava il fatto che lui dedicasse tanto tempo alla stesura dei suoi romanzi?
«Dapprima no, perché mi diceva che per lui era un divertimento. Ma poi, negli ultimi anni, non si staccava più dal computer. Riusciva a lavorare anche 14-16 ore al giorno. E allora m’arrabbiavo perché non riuscivamo a stare insieme, a parlarci».
E Lisbeth Salander, la hacker eroina dei suoi libri, esiste davvero?
« l’insieme di più tipi di giovane donna, ciascuno dei quali ha le caratteristiche riassunte in una sola persona. Ha forse influito sul carattere che la descrive un raccapricciante episodio di violenza carnale di cui Stieg fu testimone da giovane e che fece di lui un difensore assoluto del femminismo e dei diritti della donna».
Francesco Saverio Alonzo