Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 7/2/2010, pagina 80, 7 febbraio 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
25 luglio 1864
Il brigante e il pentito
Anche l’Italia ha avuto il suo Afghanistan e non se lo ricorda più. Quella che lo Stato combatte contro i briganti è una guerra vera, con migliaia di morti e crudeltà inaudite da ambo le parti. Per vincerla il generale Cialdini deve trattare il Meridione alla stregua di una provincia occupata, passando per le armi chiunque possieda un fucile. Il forte di Fenestrelle assurge a teatro di torture come Guantanamo, e Cesare Lombroso studia i teschi dei briganti uccisi per cercare le prove scientifiche dell’attitudine di certi uomini al male. I briganti, dal canto loro, usano i teschi dei piemontesi a mo’ di boccali per le libagioni. La geografia del Sud viene devastata per sempre: boschi sterminati diventano deserti. Ma anche la storia non si riprenderà mai completamente: per molti meridionalisti il brigantaggio conserva tuttora i caratteri dell’epopea. Il simbolo è Carmine Crocco, un contadino lucano la cui famiglia è stata distrutta dai soprusi di un signorotto locale: il padre in galera senza colpa, la madre incinta picchiata a morte. Quando un altro prepotente della zona sfregia in volto sua sorella Rosina, colpevole di averlo respinto, Carmine lo uccide e si dà alla macchia. Nel 1860 combatte per Garibaldi, che gli garantisce l’amnistia. Ma, cacciati i Borbone, il nuovo Stato lo fa arrestare. Sentendosi vittima dell’ennesima ingiustizia, Crocco passa al nemico e grazie al carisma e a doti di stratega diventa il generalissimo della resistenza. Nei piemontesi, più che degli invasori, vede gli alleati dei signorotti che gli hanno distrutto la vita: i cosiddetti «galantuomini» che hanno pilotato l’annessione del Sud all’Italia per conservare i loro privilegi. Le sue bande vengono foraggiate dal re di Napoli in esilio, benedette dai preti e ingrossate dalla sciagurata decisione del governo italiano di non inquadrare gli ex soldati borbonici nell’esercito regolare: i congedati si trasferiscono armi e bagagli presso i briganti, che seminano il panico dalla Basilicata alla Calabria. Occorreranno tre anni e un tradimento per domarli. Crocco si innamora della donna del suo braccio destro Caruso, il quale per vendetta si trasforma nel primo pentito dell’Italia unita, indicando ai piemontesi il covo del «terrorista».
Il 25 luglio 1864 Crocco viene snidato dal generale Pallavicini, quello dell’Aspromonte, e costretto a combattere sulle rive dell’Ofanto una battaglia definitiva. La sua condanna a morte verrà commutata nei lavori forzati a vita. L’Italia dei «galantuomini» esce dall’incubo, però le menti più lucide non possono fare a meno di porsi l’interrogativo che agita Massimo D’Azeglio: «Ma (i meridionali) ci vogliono o no? Io so che di qua dal Tronto non ci servono 60 battaglioni, mentre di là sì. E pare che non bastino».