Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 7/2/2010, pagina 80, 7 febbraio 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
29 agosto 1862
Garibaldi fu ferito
Nell’estate 1862 il primo dei Mille ritorna in Sicilia. Nessuno sa perché, forse nemmeno lui. Ai compagni di traversata confida: «Andiamo verso l’ignoto, sarà quel che sarà». Durante un bagno di folla a Marsala sente echeggiare «O Roma o morte!» Lo slogan, destinato a diventare il «Yes we can» della storia italiana, gli schiarisce le idee: risalirà il Sud liberato per invadere il Lazio, ultima ridotta del potere temporale del Papa. Comincia a reclutare volontari e i soldati piemontesi di stanza nell’isola lo lasciano fare. Un atteggiamento ambiguo che alimenta le voci secondo cui Garibaldi agirebbe in combutta col Re e con il primo ministro Rattazzi, che dopo la morte improvvisa di Cavour si sforza di imitarne le mosse senza purtroppo possedere il suo talento acrobatico.
Le camicie rosse si impadroniscono di due piroscafi e salpano verso il continente. Quando l’ammiraglio Albini, che incrocia nello stretto di Messina, telegrafa al ministro della Marina per avere lumi, ottiene una risposta che è un piccolo capolavoro di italianità: «Agite a seconda dell’occasione, ma tenete sempre presente il bene del Paese». Quale sarà questo bene? Nel dubbio l’ammiraglio gira la testa dall’altra parte e i garibaldini approdano in Calabria, dove sono accolti a fucilate: lì l’Esercito ha ricevuto altri ordini. Si rifugiano sull’Aspromonte e per fame saccheggiano un campo di patate. Vengono sorpresi da un reparto di soldati regolari, ma Garibaldi non vuole la guerra civile: avanza da solo incontro ai bersaglieri, la mano destra sull’elsa della sciabola. Gli sparano addosso. La prima pallottola lo colpisce a una coscia, la seconda si conficca nel malleolo. «Andate fuori, gridando viva l’Italia!» ordina ai suoi, prima di accasciarsi.
Nel parapiglia rimangono sul terreno dodici corpi: italiani uccisi da italiani. Il Generale viene appoggiato a un pino (che esiste ancora), in bocca ha il solito mezzo toscano. Sarà il colonnello Pallavicini ad arrestarlo, ma solo dopo avergli fatto il saluto militare. La marcia dei bersaglieri che tanti di noi hanno storpiato a scuola per imparare le vocali («Garibaldi fu ferito...») trae origine da quell’episodio inglorioso. A Londra una manifestazione di protesta raccoglie centomila persone. Con sprezzo del ridicolo, il governo italiano premia i feritori di Garibaldi e promuove Pallavicini generale. Il ministro della Marina resta ancorato alla poltrona. In compenso invita l’ammiraglio Albini a dare le dimissioni. Li ritroveremo entrambi nel disastro di Lissa. L’Italia è appena cominciata, ma ci somiglia già.