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 2010  febbraio 07 Domenica calendario

INCENTIVI, UNA PARTITA DA 500 MILIONI DI EURO

Ancora ieri pomeriggio il ministro Scajola era a Palazzo Chigi, questa volta per firmare una serie di accordi col Montenegro. Il capitolo degli incentivi e quello crisi industriali (da Termini Imerese all’Alcoa, dall’Itierre all’Eridania sino alla Merloni) col premier lo ha già affrontato giovedì. Adesso si avvicina il momento delle decisioni.
Fondi dimezzati
Scelta complessa quella sugli incentivi per i settori industriali in crisi, per molte ragioni. Innanzitutto per i soldi a disposizione che rispetto all’anno passato sono molti meno: 500 milioni di euro o giù di lì, contro il miliardo e 200 milioni del 2009. Scajola avrebbe voluto riconfermare lo stesso plafond dell’anno passato ma Tremonti resiste. Non solo, il Tesoro metterebbe a disposizione 3-400 milioni mentre il resto dovrebbe uscire dalle pieghe di bilancio dello Sviluppo economico. Sull’altro piatto della bilancia pesano le richieste delle imprese e le pressioni di alcune forze della maggioranza, la Lega in primo luogo, per spalmare su più settori gli aiuti. «Bisogna sostenere tutti i comparti in crisi», ripete ogni volta il presidente di Confindustria Marcegaglia.
Oltre all’auto, agli elettrodomestici ed ai mobili la lista si allunga ogni giorno di più: macchine utensili, condizionatori, pc, moda e arredi tessili degli alberghi. Se il tesoretto si restringe e la platea si allarga, quando finisce all’auto? Forse la metà della torta o qualcosa di più, 300 milioni di euro, contro i 900 dell’anno passato. E alla Fiat? Forse un centinaio di milioni, 70 nell’ipotesi peggiore. Per questo si capisce perché Sergio Marchionne si dichiara «agnostico» rispetto alla riconferma o no dei bonus. Che visti i tempi di magra bene che vada saranno dimezzati rispetto ai precedenti sia in valore (700 euro anziché 1500 ogni vettura, sulla falsariga della Francia) sia in durata. Sei mesi, se non addirittura quattro, anziché 12. «Nulla è ancora deciso», continua a ripetere Scajola, che rimanda la scelta finale dopo il vertice dei ministri europei dell’Industria che si terrà martedì a San Sebastian, in Spagna. Dove, fra i tanti temi, ci sarà spazio anche per affrontare la crisi dell’auto ed il nostro responsabile dello Sviluppo Economico avrà la possibilità di organizzare una serie di incontri bilaterali.
Europa in ordine sparso
Se l’Europa deciderà unita per il sì (la Francia procede in solitaria con la proroga, mentre la Germania dopo i 5 miliardi spesi l’anno passato è contraria) anche l’Italia potrebbe optare per la riconferma. Non foss’altro per evitare squilibri tra i vari produttori nazionali. Ma non è detto. «Bisogna calcolare pro e contro e vedere se conviene più finanziare i consumi o puntare su nuovi contratti di programma», dicono nelle stanze del governo. «Se gli incentivi saranno ridotti a 600-700 euro e concentrati solo in sei mesi sono inutili - avverte il direttore del Centro Studi Promotor Gianprimo Quagliano -. Perché l’ammontare del bonus scende sotto il valore dell’usato da rottamare e l’operazione si traduce nel puro spreco di danaro pubblico senza nessuna utilità per il settore».
Costi e benefici
Il 2009 ha chiuso con 2 milioni e 160 mila vetture immatricolate, circa la metà beneficiate dal contributo congiunto Stato-case produttrici. A fronte di un esborso di circa 900 milioni di euro l’operazione bonus ne ha prodotti 700 di maggior gettito Iva ed ha fatto risparmiare all’Inps all’incirca mezzo miliardo di cassa integrazione grazie alla maggiore produzione conseguita.
Un terribile 2010
Senza incentivi il mercato italiano quest’anno è destinato a crollare letteralmente. Già il ritardo accumulato nei primi 40 giorni dell’anno ha fatto perdere 60 mila vendite, stima il Csp. Secondo i produttori esteri il mercato italiano scenderebbe a quota 1,8 milioni di auto, perdendo da un anno all’altro 360 mila vetture ed arrivando al punto - lo sottolinea l’Unrae - di «mettere in serio pericolo tutta la filiera dell’auto». Che in Italia non è solo Fiat, ma conta circa 2500 aziende, un fatturato di 165 miliardi di euro (11,4% del Pil), 400 mila addetti (che salgono ad un milione con l’indotto) e genera oltre 80 miliardi di entrate fiscali per le casse dello Stato. Ancora più pessimistiche le stime dell’Associazione nazionale fabbricanti d’auto, che parla di un mercato in discesa del 25% a quota 1,7 milioni di vetture. Per la Fiat parliamo di 150-160 mila auto vendute in meno (come dire la produzione di Mirafiori di un anno intero), pari ad una fetta di 2,5 miliardi di euro di fatturato. L’impatto sull’utile e sull’indebitamento sarebbe significativo, ma al Lingotto sono certi di poter gestire qualsiasi situazione. Una volta, si spera presto, che il governo avrà deciso quale strada seguire.
Paolo Baroni