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 2010  febbraio 06 Sabato calendario

CON AGNELLI RACCONTO LA STORIA D’ITALIA

Pietro Valsecchi, il produttore di Aldo Moro, il presidente, di Paolo Borsellino, di Un eroe borghese, di Karol, un Papa rimasto uomo, annuncia la sua ultima impresa, il film-tv su Gianni Agnelli, Gianni Agnelli, l’ultimo re, quattro puntate per Canale 5 in lavorazione dal prossimo autunno. Nei panni del protagonista, Fabrizio Bentivoglio, mentre la regia è affidata a Roberto Faenza «torinese, conoscitore di quel tipo di cultura». Sulla scrivania di Valsecchi, uno sull’altro, i libri dedicati alla figura dell’Avvocato, in cima quello di Piero Ottone: «Perché proprio ora un film su Agnelli? Perché intorno a me, nel mio ambiente, nella finanza, nell’industria come nell’arte vedo molta mediocrità e di questo sono preoccupato. C’è una classe dirigente solo sulla carta. Al di là di poche eccezioni, che per fortuna ci sono, vedo tanti cortigiani che si riuniscono per difendere i propri privilegi senza mettere in campo grandi progetti e idee forti, criticoni ma non costruttivi. Manca il coraggio, quel senso di responsabilità verso la collettività e lo Stato che invece Agnelli aveva».
Al centro della narrazione (gli sceneggiatori sono Monica Zappelli, Salvatore Marcarelli e Giorgio Nerone) la figura di un uomo «dal carattere per certi versi misterioso e imperscrutabile», e la sua famiglia, perché «raccontare Agnelli significa raccontare una dinastia in cui le tragedie sono state una componente fondamentale. Una famiglia strana, dominata dagli uomini, ma con donne di grande personalità che non si rassegnano a ruoli marginali». Bisognerà trovare le facce giuste, attori in grado di «esprimere quello stile, quella normalità che è vera aristocrazia. Mi piacerebbe poter avere nel cast le due sorelle Borromeo, per il ruolo di Marella Agnelli vedrei bene un’attrice come Kristin Scott Thomas, sicuramente Umberto Orsini potrebbe fare il nonno, il grande vecchio, Luca Argentero potrebbe essere uno degli eredi e poi vorrei Gabriele Lavia per un altro ruolo familiare».
Nessuno spazio, dice Valsecchi, «per il pettegolezzo o per le faide, quando muore un grande condottiero c’è sempre un enorme vuoto da riempire, mi viene in mente Re Lear». Il sipario cala sulla scomparsa del protagonista e forse, come in JFK di Oliver Stone, «potrebbero esserci immagini di repertorio del funerale».
Stessa tecnica per gli incontri con i grandi della storia, anche se l’attenzione sarà più concentrata sul personaggio visto da vicino, «un uomo dominato da un’inquietudine esistenziale mai risolta». Valsecchi non sa ancora se si vedranno sindacalisti come Trentin e Lama, politici come Berlinguer, capi di Stato come John Kennedy. Di certo il film-tv ritrarrà «le due grandi famiglie torinesi, quella dell’Avvocato e quella degli operai. Sarà interessante raccontare un pezzo di storia italiana, dal boom fino alle lotte di fabbrica. Dal 1969 all’80 la Fiat è stata un laboratorio sociale dove si è fatta una battaglia che non ha riguardato solo l’azienda, ma ha rappresentato, più in generale, uno snodo fondamentale tra come siamo stati, come potevamo diventare e come siamo diventati». Parlarne significherà anche riflettere sull’oggi: «Agnelli ha ereditato un impero forte ma antiquato e, pur tra mille difficoltà, l’ha trasformato in un’impresa moderna. Si è dovuto battere contro nemici molto potenti, ma non si è mai tirato indietro. Aveva chiaro il suo ruolo e non si è sottratto alle responsabilità. Quando la Fiat era in crisi, più volte, poteva vendere agli stranieri, ma non l’ha fatto».
Ci sarà spazio, nel film, per gli affetti importanti: «Mi hanno detto che quando il fratello Umberto faceva il militare in Puglia l’Avvocato chiamava continuamente per sapere come stava». E per i grandi dolori: «Racconteremo la storia di un padre, Gianni, incapace di comunicare con un figlio, Edoardo, così diverso da lui, così restio a interessarsi al ”bene” di famiglia. Proveremo a descrivere quel malessere interno, quella sofferenza latente, quel dilaniarsi, come un poeta maledetto, fino alla morte assurda». E poi le passioni, «le barche, le vacanze, il calcio». E le donne, abituate, nella famiglia, «a esprimere grande personalità e forte senso di appartenenza. Agnelli riusciva a gestire, e anche a dribblare, tutti questi rapporti femminili».
Le riprese si svolgeranno in grande parte a Torino, eccetto per qualche viaggio all’estero, per un costo che, dice il produttore, «dovrebbe essere di 20 milioni di euro, ma cercheremo di farlo scendere a 12». Le battute celebri, gli aneddoti, i racconti di chi l’ha conosciuto saranno cuciti insieme nel tessuto del racconto: «Agnelli è stato un Re gaudente, bello e amante del bello, diviso tra la naturale predisposizione al piacere e le responsabilità derivanti dal ”titolo” ereditato, tra il pensare in grande e il vivere l’immediato. Ha cercato di coniugare le due cose. Ha cercato, come lui stesso ha sintetizzato, di fare il suo dovere, con buon umore».
Fulvia Caprara