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 2010  febbraio 06 Sabato calendario

DIECI SOLUZIONI SUL TAVOLO PER TERMINI

Quale sarà l’alternativa a Fiat non è ancora deciso. Quel che è certo è che da ieri, dopo il vertice al ministero dello Sviluppo, sindacati e Regione Sicilia hanno preso atto della decisione del Lingotto di fermare la linea di produzione di Termini Imerese entro la fine del 2011. Il ministro Claudio Scajola ha dato mandato all’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri di valutare tutte le soluzioni. Le manifestazioni di interesse, riferiscono dal ministero, sarebbero salite a dieci. Quante di queste realistiche, resta da vedere.
Al momento il progetto più dettagliato è del numero uno di Cape Natixis, Simone Cimino, che ha annunciato la firma di una lettera di intenti con la indiana Reva. La proposta prevede la costituzione di tre società per lo sviluppo di auto elettriche e sistemi ad energia solare. Il piano, sulla carta, promette molto: 1400 assunzioni più un indotto per altre duemila persone. Regione e governo dovrebbero fare la parte del leone: su 930 milioni di investimento, la quota dei privati si fermerebbe a 170. Non si tratta comunque dell’unica possibilità. Arcuri ha fra le mani altre ipotesi: da Gian Marco Rossignolo alla Keplero del finanziere torinese Domenico Reviglio.
I sindacati, ma ancor di più la Regione, spingono perché lo stabilimento siciliano continui a produrre auto. «Non possiamo disperdere il patrimonio di Termini, abbiamo ribadito la volontà di investire 350 milioni», dice il governatore Raffaele Lombardo. Più o meno le parole della segretaria regionale Cgil Mariella Maggio: «Se non dovessero esserci altre strade, il governo valuti altre offerte, purché credibili». Spiega una fonte governativa che preferisce non essere citata: «Una cosa ora è chiara a tutti: il destino di Termini e le scelte industriali della Fiat vanno disgiunti. E’ un grosso passo avanti».
Conferma degli incentivi o meno, la Fiat ha ribadito al tavolo la sua indisponibilità ad essere protagonista di una riconversione. Fatti salvi i macchinari, si è però detta disponibile a cedere l’area. I lavoratori di Termini, che hanno seguito la riunione passo passo, hanno avuto la conferma dei loro timori quando da Roma è trapelata l’indiscrezione - smentita dal Lingotto - secondo la quale ci sarebbero le condizioni per accompagnare alla pensione circa la metà dei dipendenti con quattro anni di mobilità. Numeri che hanno fatto salire la rabbia e spinto molti di loro a uno sciopero spontaneo.
Per il governo di qui al 5 marzo, giorno in cui si riunirà di nuovo il tavolo, si tratta di un rebus di difficile soluzione. Termini Imerese altro non è che un tassello di un contesto industriale complicato su altri fronti: Alcoa, Glaxo, Eutelia. Il caso di Termini preoccupa molto il premier, per almeno due ragioni. Una simbolica, perché si tratta di una delle poche aree industriali del Sud. Inoltre senza l’aiuto dello Stato, un’alternativa alla Fiat è quasi impossibile.
Nel frattempo Berlusconi dovrà decidere se confermare comunque al settore auto, e dunque anche al Lingotto, gli incentivi scaduti a fine 2009. Ieri, dopo una telefonata con il presidente della Fiat Luca Montezemolo, il premier ne ha parlato a lungo a Palazzo Grazioli con Scajola. Non c’era invece Tremonti, volato in Canada per il vertice G7. L’ultima parola arriverà probabilmente dopo il vertice di martedì fra i ministri dell’Industria europei a San Sebastian, nei Paesi Baschi. In Europa si va ormai in ordine sparso: la Germania non ha confermato gli aiuti, la Francia sì. Una delle questioni sul tavolo è la durata dei possibili incentivi: concederli solo per sei mesi, come il governo aveva inizialmente ipotizzato, potrebbe essere insufficiente. C’è da decidere inoltre se, come chiede la Lega, allargare il bonus ad altri settori. Nel caso in cui il governo decidesse per il no all’auto, una delle ipotesi è mettere a disposizione quelle risorse per la riconversione di Termini.
Alessando Barbera