ALBERTO STABILE, la Repubblica 5/2/2010, 5 febbraio 2010
«I TALIBAN ERANO EBREI» UNO STUDIO CAMBIA LA STORIA - GERUSALEMME
Nascosta in una qualche ragnatela cromosomica, misteriosamente emigrata dalle Terre dell’Antico Testamento al subcontinente asiatico e finora confinata nelle dimensioni incerte del mito, potrebbe esserci una verità capace di sconvolgere la storia. Sonoi Taliban, in quanto appartenenti all’etnia Pashtun, discendenti da una delle Tribù perdute d’Israele e dunque di lontane origini ebraiche? La domanda, che finora solo qualche studioso ha osato porre, provocando un tamtam di speculazioni forzate, allusioni ironiche e imbarazzati dinieghi, potrebbe avere una risposta chiarificatrice e scientificamente certa dall’indagine che una ricercatrice indiana, Shahnaz Ali, del prestigioso Institute of Immunohaematology di Mumbay, sta conducendo in quello che viene considerato la punta di diamante della ricerca scientifica israeliana, il Technion di Haifa. Dettaglio non trascurabile: lo studio, della durata minima di tre mesi, viene finanziato dal ministero degli Esteri.
Non è la prima volta che il governo israeliano dimostra un chiaro interesse verso gruppi etnici e popolazioni che vantano o si suppone possano vantare ascendenze nella tradizione ebraica. La Legge del Ritorno garantisce che ogni ebreo, in qualsiasi angolo del mondo viva, ha il diritto di emigrare in Israele. A parte gli ebrei etiopi, i Falashà, un popolo africano che si ritiene frutto dell’unione tra Salomone e la Regina di Saba, portati in Israele negli anni 80 in tre ondate successive, recentemente è stato approvato un piano per l’immigrazione dall’India di circa settemila Bnei Menashe, i Figli di Menashe, appartenenti ad un’altra delle cosiddette tribù perdute.
La tradizione, appunto, vuole che dieci delle 12 tribù che popolavano il regno d’Israele fossero state deportate dopo la conquista degli Assiri nel settimo secolo a. c.
disperdendosi per il mondo. Fra queste vi sarebbe stata anche la tribù di Efraim le cui propaggini si sarebbero stabilite tra il Pakistan nord occidentale, la cosiddetta area tribale, l’Afghanistan orientale e la città di Malihabad, in India. Questo è oggi il regno dei Pashtun, vale a dire del gruppo etnico più numeroso dell’Afghanistan (il 44% della popolazione) nonché uno dei più numerosi del Pakistan nel cui seno alberga tutto e il contrario di tutto, il diavolo e l’acqua santa, il moderato presidente Karzai, il suo gentile, filo occidentale sfidante, Abdallah Abdallah e gli "studenti" guerrieri dell’islam radicale, i Taliban inquadrati sotto le bandiere del Mullah Omar e di Osama Bin Laden.
Ora, non ci vuole molta immaginazione per intuire il terremoto politico e culturale che potrebbe generare la prova di un collegamento genetico, per quanto annacquato dalle piene della Storia, tra i Pashtun (e la "famiglia" talebana) con il popolo ebraico. «La ricerca - dice Aryeh Gallin, fondatore di un’organizzazione volontaria per il miglioramento delle relazioni tra Israele e il mondo - potrebbe avere un impatto positivo sulla situazione geopolitica in Afghanistan, Pakistan, Kashmir e India e potrebbe servire come antidoto spirituale al veleno talebano, salafita, wahabita».
L’interesse intorno all’ipotesi di un collegamento genetico tra gli antenati degli ebrei e i Pashtun deriva anche dal saggio scritto nel 2006 da uno studioso indiano d’ascendenza ebraica, Navras Iaat Aafridi, che ha analizzato e messo in luce tutta una serie di riferimenti culturali e pratiche religiose in comune con l’ebraismo da parte di una piccola comunità (circa 600 persone) di abitanti della città di Malihabad, a maggioranza Pashtun, detti Afridi, per una chiara assonanza con Efraim.
La tesi, in sostanza, è che gli appartenenti alla tribù di Efraim, giunti dopo la fuga da Israele nella loro nuova destinazione, avrebbero celato le loro tradizioni, o le avrebbero onorate segretamente, per non incorrere nella repressione dei governanti locali a loro ostili. Ma poi il gruppo si sarebbe allargato a dismisura abbracciando, in seguito, la religione islamica. Lo studio, condotto in parte all’Università di Tel Aviv, è stato molto apprezzato in Israele.
A ruota è arrivata la ricerca di Shahnaz Ali che a Malihabad ha raccolto 50 campioni genetici di cittadini Afridi e li ha portati in ISraele per confrontarli. Adesso si aspettano i risultati. Ma a prescindere da quelle che possano essere le conclusioni, non tutti sembrano pronti a rivedere le proprie radici. Tra questi c’è anche il nonno di Aafridi, Kavi Kamal Khan che al Times of India ha dichiarato: «Sono orgoglioso di essere un Pashtun e non voglio essere un’altra cosa».
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