Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  febbraio 05 Venerdì calendario

TOYOTA, INCHIESTA SUI FRENI DELLA PRIUS ED CROLLO IN BORSA


Tra nuove inchieste dei governi di Tokyo e di Washington, cause plurimiliardarie, crollo delle vendite e dei valori azionari, la crisi della Toyota si allarga. Una saga che ormai riserva ogni giorno un nuovo colpo di scena. L’ultimo è che il Ministero dei Trasporti americano, dopo avere chiesto il richiamo di sei milioni di Corolla, di Camry e di altri sei modelli a causa degli episodi di improvvisa accelerazione ha aggiunto alla lista il Tacoma, un modello per il quale la National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa) avrebbe ricevuto già un centinaio di proteste.
Oltre che le autovetture, ora anche i pick-up. Ma la notizia più devastante per il gigante giapponese è che è finita sotto inchiesta anche la Prius, la sua popolarissima ibrida (1,2 milioni di vendite, metà negli Usa) alimentata da un propulsore a benzina e da un secondo elettrico. Solo negli Usa, le segnalazioni di malfunzionamento alla Nhtsa sono già 136 e oltre agli acceleratori che restano incastrati qui c’è un altro problema: freni che non entrano in azione quando le Prius passano sopra delle buche o delle strade sconnesse.
Insomma, veicoli che continuano ad accelerare contro la volontà di chi li guida ed altri che non rallentano quando attivano il pedale del freno. Un incubo che si riflette sulle vendite, perché con gli altri suoi popolari modelli sotto il richiamo dei governi la Toyota puntava di rifarsi con la Prius. Ma soprattutto un altro colpo devastante all’immagine perché la Prius era diventata simbolo non solo di affidabilità e di qualità su cui la casa ha costruito la sua fortuna, ma anche di azienda verde e rispettosa dell’ambiente. E di prodezza tecnologica, con quei due motori che si alternano per contenere consumi ed emissioni e con l’energia generata dall’azione frenante utilizzata per ricaricare le batterie. E il problema starebbe proprio qui, nei freni dell’ultima generazione di Prius che hanno due sistemi che, pare, non si alternano come dovrebbero. «Fa molta paura», ha dichiarato Steve Wozniack, leggendario co-fondatore della Apple e, sino a ieri, uno dei tanti devoti e fedeli del fortunato e amatissimo modello.
Dopo avere invitato mercoledì tutti i proprietari di Toyota a non guidare più i loro veicoli, il segretario americano ai trasporti Ray LaHood ha fatto marcia indietro e si è limitato a consigliare controlli immediati. Ma la pressione del suo governo e di quello giapponese continua e va a sommarsi a quella di tribunali e avvocati. Di gente come Michael Harris, un ufficiale della Marina di Houston la cui moglie, Trina, era alla guida di una Corolla sotto Natale quando il suo acceleratore si è incastrato ed è morta andando a sbattere contro una colonna di cemento. Solo Harris chiede un risarcimento di 200 milioni di dollari, ma ai morti e alle vittime di incidenti andranno sommati milioni di automobilisti le cui Toyota subiranno un deprezzamento. «La Toyota avrà a che fare con una formidabile armata di avvocati», sostiene Tim Howard, professore alla Northeastern University a Boston e parte di una ”class action” contro il gigante giapponese.
Per ironia della sorte proprio ieri la Toyota ha annunciato i risultati per l’ultimo trimestre del 2009, dai quali emerge un’azienda in salute: 1,2 miliardi di euro di utili, contro un’analoga perdita nell’ultimo trimestre del 2008, e previsioni più che positive per il 2010. Ma con un calo delle vendite solo in America del 17 per cento per gennaio, con un febbraio che si presenta ancora più fosco, con nove milioni di veicoli sparsi in ogni angolo del pianeta soggetti a richiamo e con legioni di avvocati pronti a dissanguarla, quelle previsioni andranno riviste.
E le Borse ne hanno già preso conto. Ieri il titolo ha perso in Borsa a Tokyo il 5,14%. Dal 19 gennaio, quando è stato annunciato il primo richiamo, la Toyota ha perso il 22% del suo valore, bruciando oltre 30 miliardi di dollari.