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 2010  febbraio 04 Giovedì calendario

LA DENUNCIA AGLI 007 CHE FA TREMARE L’EX PM

Diciamolo subito proprio con le parole rabbiose scelte da Antonio di Pietro: «Dopo questa lettera esposto, l’avvocato
Mario Di Domenico si è assicurato la ventunesima querela». Ma questo non impedisce al cronista di rendere pubblica l’articolata denuncia che l’avvocato romano come ex collaboratore del leader dell’Idv ha spedito alle procure di Palermo e di Milano e al Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Una missiva che determinerà comunque un’inchiesta. O l’iscrizione nel registro degli indagati dello stesso Di Domenico per diffamazione oppure degli accertamenti sull’Idv in ordine ai suoi presunti collegamenti internazionali e alla gestione di un assegno da 50 mila dollari anticipato ieri da Libero. In tre fogli il professionista riporta all’attenzione dei magistrati due episodi con una serrata scansione temporale. La prima vicenda è quella delle fotografie della cena con il numero tre dei servizi segreti dell’epoca, Bruno Contrada, una settimana prima dell’arresto dello 007.
Di Domenico ricostruisce quella giornata. Siamo in piena Mani pulite, è il 15 dicembre del 1992, alla vigilia del primo avviso di garanzia a Bettino Craxi. Quel giorno l’allora magistrato «partecipa con Gherardo Colombo a un incontro al Csm sui reati contro la pubblica amministrazione», ricostruisce l’ex collaboratore di Di Pietro. «Alle 13.15 di quello stesso giorno l’Ansa batteva la notizia dell’avviso di garanzia a Bettino Craxi. Alle 18 Di Pietro, dopo essersi congedato dal collega Colombo (ignaro) in riservata compagnia del suo fidato collaboratore Francesco D’Agostino (quello che riceveva da Pacini Battagliamirabilmente assolto nella vicenda Enimont un prestito di 700 milioni da restituire a ”babbo morto”), partecipava a una cena con Contrada, notoriamente inviso agli investigatori sui fatti di mafia ed altri graduati dell’Arma (ignari)». C’è poi il riferimento al presunto «attestato di profittevole collaborazione» che «Di Pietro riceveva dall’agente Secret Service presso l’ambasciata Usa, Rocco Mario Mediati». Di Domenico da qui il coinvolgimento del Copasir se e perché «un magistrato della repubblica si presta a ricevere attestati di riconoscimento o profittevole collaborazione da servizi segreti internazionali, in riservate cenette e non in luoghi ufficiali».
Di Domenico si sarebbe poi improvvisato, lui stesso, detective privato tanto da arrivare ad asserire che «è emerso più che altro l’assordante silenzio omissivo di costui dal dovere di riferire immediatamente dopo l’arresto di Contrata, tutto quanto ivi avvenuto. emersa (...) la smaniosa necessità di far sparire, alla chetichella, tutte quelle foto che qui, invece, doverosamente si allegano». E qui la conclusione che rimane nella responsabilità del professioni
sta: «Dovevano evidentemente sparire perché qualcuno si rendeva conto della gravità non certo perché erano venute male». Fin qui le parole di Di Domenico e le foto che sono finite su tutti i giornali. In più allega anche l’assegno dietro al quale il professionista paventa addirittura un possibile «acquisto di cariche politiche». « solo un grafomane», taglia corto Di Pietro per liquidare Di Domenico, di certo quest’ultimo aveva una confidenza molto profondo con il leader del partito tanto da seguirlo negli appuntamenti, nei viaggi, nelle scelte strategiche del partito come i rapporti con i candidati all’estero. «Era un rapporto basato sulla fiducia mai avrei pensato questa persona capace di tanto. Devo anche ricordare che non ha mai vinto una causa delle tante che ci hanno visto contrapposti».
Né la procura di Roma né quella di Brescia sembrano che abbiano ricevuto questo primo incartamento. Anche dal Copasir fanno sapere di non aver ancora ricevuto nulla. Di certo i magistrati appena saranno protocollati i documenti dovranno decidere quale strategia investigativa adottare per una storia complicata e che già si annuncia ricca di colpi di sorpresa.