Franco Bechis, Libero 3/10/2010 Cristina Lodi, Libero 3/10/2010, 3 ottobre 2010
QUELLA CASA CHE ANCORA LEGA VERONICA AL SUO CAVALIERE
Gli atti sono stati firmati fra il 9 marzo e il primo aprile 2009, poche settimane prima che scoppiasse il caso Noemi che ha fatto deflagrare il matrimonio della coppia più nota di Italia. Eppure pochi giorni prima sia Silvio Berlusconi che la sua consorte, Miriam Bartolini in arte Veronica Lario, hanno chiuso uno dei più importanti affari immobiliari del 2009: l’acquisto di palazzo Canova e di alcuni uffici contigui a Milano 2. Probabilmente non sapendo l’uno che cosa faceva l’altro, Silvio e Veronica si sono trasformati in pochissimo tempo in due separati in ufficio. Il colpo grosso l’aveva messo a segno lei, con la sua Finanziaria Il Poggio, rilevando la maggiore parte del palazzo di Segrate, all’interno del complesso immobiliare denominato
«Centro direzionale Milano 2». Otto piani, con 94 porzioni immobiliari in parte utilizzate come uffici in parte come esercizi commerciali: supermercati ( Il Crai) e un american wine bar di grido.
A vendere il 31 marzo del 2009, è stato Marco Tronchetti Provera, attraverso il fondo immobiliare ”Patrimonio uffici fondo speculativo di tipo chiuso”, controllato dalla sua Pirelli real estate. La firma all’accordo è stata messa davanti al notaio Filippo Laurini di Milano, e il successivo primo aprile è stata iscritta ipoteca volontaria in base a un contratto di mutuo da 20 milioni di euro di capitale stipulato tra la società e la Banca popolare di Sondrio. Somma che Veronica si è impegnata a restituire in 80 rate trimestrali posticipate con tasso al 2,85% e valutazione complessiva dell’affare in 34 milioni di euro. Sfortuna vuole che la proprietà di Veronica sia circondatae non è così inusuale a Milano 2da porzioni immobiliari in possesso proprio del coniuge da cui ora vorrebbe divorziare. A dettare legge in zona ci sono infatti due immobiliari che fanno capo indirettamente proprio a Silvio Berlusconi (attraverso la Dolcedrago): l’Immobiliare Idra e l’Immobiliare due ville. Quest’ultima, proprio in via Fratelli Cervi a Milano Due, è riuscita perfino a strappare alla vendita che si stava per fare a Veronica un ufficio da 3,5 vani nello stesso palazzo più altre piccole porzioni immobiliari, garage compresi. E lo ha fatto proprio a fine marzo scorso. Il risultato è che ora volenti o nolenti i coniugi pronti a divorziare potranno avere due cuori, ma uno stesso ufficio. O comunque per andare in ufficio dovranno varcare la soglia dello stesso ingresso. Naturale che lei, proprietaria del 90% dell’immobile, vorrebbe oggi conquistare la parte che manca. Ma con il clima che corre fra i coniugi, lui non molla la presa. E ha partita naturalmente facile.
Il manager di fiducia di Veronica, amministratore unico della Finanziaria Il Poggio, è infatti Giuseppino Scabini, uno dei più fedeli dirigenti cresciuti alla corte di Berlusconi. stato per anni il tesoriere ufficiale della Fininvest, e per Silvio si è immolato anche in più di un processo, in cui lo hanno accusato di avere costituito conti e fondi neri per pagare tangenti. Ora ha le chiavi di casa di Veronica e l’ultimo suo pensiero è quello di imbarcarsi in una guerra contro le immobiliari di Silvio. Che dal loro canto non hanno alcuna intenzione di levare le castagne dal fuoco alla signora, rilevando il resto del palazzo e accollandosi l’oneroso mutuo. Anche a Milano due, intorno a palazzo Canova, si gioca dunque la guerra dei Roses-Berlusconi. Che rischia di avere una sua appendice perfino in banca. Silvio e Veronica hanno infatti ciascuno un conto bancario fra i più rilevanti intestati alla persona fisica alla stessa agenzia di Banca Intesa, quella di piazza Duca d’Aosta contigua alla stazione centrale di Milano. Per fortuna almeno lì raramente ci vanno di persona.
Franco Bechis, Libero 3/10/2010
NELLA VILLA VENDUTA A 15 MILIONI LADY B HA MESSO IN CONTO AI RUSSI ANCHE STOVIGLIE E LAMPADE CINESI-
Quattro paralumi in pergamena bianca sparsi per tutta la casa, 1 lampada cinese, 2 pinze cavatappi, 2 palette per torta, 4 formaggiere, una caraffa acqua con manico in acciaio, 1 tappetino doccia color naturale, 1 tosaerba Honda a mano, ma anche 1 mestolo per brodo, 2 mestolini salse e 36 cucchiai. Più 12 coltelli bistecca, stavolta direttamente dal servizio del personale. Porto Rotondo, Sardegna: è il 15 marzo 2004 quando la signora Miriam Bartolini, nota come Veronica Lario, compila con diligenza e dettaglio l’inventario di Villa Minerva, sul mare di Punta Volpe. Scopo: seguire l’esempio del marito Cavaliere (il quale la nominerà sua procuratrice titolare del 99% delle quote il successivo 3 maggio) e vendere la magione al re della vodka Tariko Roustam, miliardario russo vicino ”all’amico” Putin. Silvio Berlusconi, precedendo la consorte, aveva venduto ad Anisimov (re della metallurgia russa) Villa Tulipano, sempre a Porto Cervo. La Minerva è un gioiello a due passi dalla Certosa e Veronica ha incassato 15 milioni di euro. Era il 6 maggio 2004 e l’atto è stato firmato a Milano davanti al notaio Guido Roveda. Secondo il parere di chi ha valutato il bene, la signora Lario lo avrebbe svenduto, mentre Tariko Roustam che già aveva preso in affitto più volte la Minerva, avrebbe fatto un colpaccio versando ”solo” 15 milioni di euro alla consorte del Cavaliere.
Un prezzo d’occasione, briciole per i nipoti della nomenclatura comunista. Del resto, in Costa Smeralda, il petrorublo ha fatto sentire tutta la sua forza sempre grazie al Cavaliere, ovvero da quando nel 2001 egli ospitò per la prima volata Vladimir Putin, per replicare l’anno successivo anche con le sue due figlie adolescenti. La signora Lario ha incassato 15 milioni, direttamente sul conto aperto in Banca Intesa, stessa filiale del marito. Veronica e Silvio divorziandi, ma comunque uniti dalla stessa banca.
Ogni giorno che passa, la guerra Berlusconi-Lario per la separazione più blasonata nella storia della Repubblica, si arricchisce di nuovi particolari. Prima che il giudice emetta un provvedimento provvisorio, dovrebbe esserci, un’altra udienza (dopo quella di sabato scorso) e magari una successiva ancora. In agenda ne è stata fissata una seconda per la fine di marzo, ma gli ostacoli per arrivare a un accordo e mettere la parola fine al matrimonio sono tanti. Il grosso nodo da sciogliere riguarda la suddivisione dell’eredità Fininvest (la finanziaria a capo del gruppo di famiglia) tra la prole di primo e di secondo letto del presidente del Consiglio, con Veronica che in tutti i modi vuole impedire che ai suoi tre figli venga riservato un trattamento diverso: per Eleonora, Barbara e Luigi rivendica un ruolo centrale nelle aziende di famiglia. Ance se loro possono già contare su 1,2 miliardi di euro grazie ai beni assegnati dal padre. Mentre lei di milioni ne ha già intasca 80. Quindici dei quali fruttati da Villa Minerva svenduta al paperone russo, dicevamo, a scatola chiusa. Nell’inventario manca la macchina elettrica uguale a quella usata da Silvio per scarrozzare Putin nel parco della Certosa, però c’è molto altro. Arredi e mobili interni ed esterni, servizi da tavola, casalinghi e biancheria varia: da tavola, del personale e perfino nuova. Recita così il documento nel quale sono fotografati, ma non inventariati, i libri. Veronica ha lasciato al russo le ”2 librerie a parete in legno naturale e laccato”, ma si è portata via i volumi. Del salotto centrale ha lasciato 8 cuscini con schienale in tessuto sardo a fiori, 1 vaso verde in vetro di Murano, ancora 15 cuscini celesti. Di ricambio. E anche 1 scatolina in ceramica. Ancora: una lampada in opaline con decori cinesi, più 1 faretto in ottone. Ha ceduto il bicchiere in ceramica, presente di rigore in tutti i bagni: di cortesia, della piscina, della camera patronale, delle stanze ospiti numerate da uno a sei. Inventariata anche la tenda con mantovana in piquet salmone, era nell’antibagno. segnato con dovizia perfino il cestino in vimini getta-carta: camera ospiti 4. Non le è sfuggito il ferro a vapore e nemmeno 2 assi stiro e 1 scolapasta. In acciaio. Inventariato anche quello. Da vera signora.
Cristina Lodi, Libero 3/10/2010