Enrico Vanzina, Il Messaggero 3/2/2010, 3 febbraio 2010
SOPRANNOMI DA CAFF
Alla fine degli anni 50, più che da Doney, era da Rosati che si riunivano i burloni da café delle magiche serate in Via Veneto. Burloni intellettuali, capitanati da Mario Pannunzio, fondatore e direttore de – Il Mondo”, spalleggiato dal grande giornalista Sandro De Feo, da un altro giornalista ”attore quale Vincenzino Talarico (detto Il Lepre, per via delle orecchie a sventola), dal mitico Leo Longanesi, dal geniale Ennio Flaiano, dal raffinato scrittore catanese Ercole Patti e da mio padre, il regista Steno. Erano tutti caustici, taglienti, spiritosi. E tra le chiacchiere serali, legate al ”chi sale e chi scende”, in politica, in letteratura, in società, si divertivano a coniare soprannomi. Per Vincenzo Cardarelli fu coniato il soprannome – Il più grande poeta morente”; Alberto Moravia, per via della sua andatura claudicante, era – L’Amaro Gambarotta”; un certo politico, dalla pancia imbarazzante, fu immortalato come – Il Ladro di Cuscini alla Stazione” ( all’epoca, a Termini, vendevano cuscini da viaggio).
Anche a mio fratello Carlo, appena nato, fu affibiato un divertente soprannome. Sandro De Feo lo chiamò ”Il Patti del Duemila”. Perché nel duemila, Carlo avrebbe avuto l’età che aveva Ercolde Patti quella sera in cui nacque, nel 1951.
Oggi, di quel mondo, così effervescente, così buffo e allo stesso tempo così profondamente colto, rimangono solo ricordi e piccoli aneddoti. Ma che ci illuminano ancora con la loro spiritosa grazia.