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 2010  febbraio 03 Mercoledì calendario

BUON COMPLEANNO DOLCE VITA

La Dolce vita non è cominciata nel ”60, l’anno del mitico film di Fellini, ma nel ”57. Io non facevo ancora il press agent ma frequentavo il mondo del cinema e del teatro. Recitavo con la più prestigiosa compagnia del momento: la compagnia dei Giovani con la Falck, De Lullo, Valli... La sera andavamo in Via Veneto senza programmarlo: finito lo spettacolo o la proiezione di un film, ci ritrovavamo là perché c’erano i locali aperti, il parcheggio era facile, s’incontravano tanti amici.
Finito lo spettacolo o la proiezione di un film ci ritrovavamo in via Veneto perché c’erano i locali aperti, il parcheggio era facile, s’incontravano tanti amici.
In Via Veneto io conobbi Fellini, Visconti, Scola e tutti gli altri. Iniziai a fare qualcosa che somigliava all’addetto stampa nel ”59, per il film La notte brava di Bolognini mentre ancora rappresentavo in teatro La bugiarda di Diego Fabbri. Nel cast di Bolognini figuravano le massime dive di allora: Schiaffino, Lualdi, Ferrero, Martinelli, Demongeot. L’ultimo ciak lo festeggiammo con un pranzo, alla presenza dell’intera troupe, a Fregene, in uno stabilimento chiamato ”La nave”, non so se c’è ancora. Alla fine, complice l’euforia generale e il vino rosso, io buttai tutti nell’acqua. Le magliette indossate dalle attrici erano aderentissime, risultando terribilmente sexy. C’erano i paparazzi e scattarono a raffica foto a dir poco sensazionali per quegli anni... La notizia rimbalzo in tutta Roma e Fellini, che lavorava a Cinecittà, cominciò a raccogliere quelle immagini insieme con le foto di mondanità, follie notturne e altre sfrenatezze. Non tutti sanno che Anita Ekberg, un anno prima del film, posò dentro la Fontana di Trevi per un fotografo. Federico, che aveva già in testa la Dolce vita, chiese chi era il cerimoniere della Roma gaudente: gli fecero il mio nome. All’epoca ero amico di tutti, da Franciosa alla Gardner a Walter Chiari, a Irma Capece Minutolo...
Fellini cominciò a scrivere la sceneggiatura di La dolce vita, beandosi dei nostri racconti. Con Marcello Mastroianni e sua moglie Flora ogni tanto andavamo a trovare una prostituta, una certa Marcella, che aveva un bambino in casa. Portavamo regali al bambino e lei ci raccontava il suo mondo: noi ascoltavamo affascinati storie incredibili e proibite, che coinvolgevano grossi nomi dell’alta società, della finanza, della politica. Marcello poi raccontava tutto a Federico che aggiungeva pagine alla sceneggiatura.
Fellini si divertiva come un matto ad ascoltare i miei resoconti mondani. Io cominciai a frequentare il set di La dolce vita, ma senza il contratto da ufficio stampa. La notte in cui girava a Fontana di Trevi, il regista mi disse: porta chi vuoi. E io portai i fotografi, che lui avrebbe ribattezzato paparazzi. Il resto è storia. Mi misi a far sul serio. All’inizio la mia prima scrivania furono i tavolini del Café de Paris. Poi cominciò la follia. Si diffuse la psicosi dei paparazzi. Quando la principessa Aldobrandini o un altro padrone di casa aristocratico davano un ballo, erano terrorizzati dall’irruzione dei fotografi, un po’ come oggi si possono temere le ”Iene”.
Il film finalmente uscì. Alla prima di Milano, dove risiedeva l’impero Rizzoli, fu sonoramente fischiato. A Roma La dolce vita venne accolto da ovazioni, ma non c’era un solo regista in sala (niente è cambiato, succede anche oggi!). Io avevo portato tutti. Facevo parte del clan Visconti e venivo chiamato agit-prop. Correvo da Doney all’Harry’s Bar, salutavo Ghirelli, Visconti, la Cardinale, e dispensavo notizie, gossip, indiscrezioni. Dopo l’uscita del film a Roma, all’alba in viale Rossini si schiantò Fred Buscaglione.
Che altro posso dire della Dolce vita? All’epoca le litigate in via Veneto avvenivano sempre dopo una prima di un film di Fellini, De Sica, Visconti, mentre quelli della commedia (Monicelli, Dino Risi, Scola...) venivano guardati un po’ dall’alto in basso. Insomma, sia pure contagiati dalla voglia di vivere e di tirare tardi, in quell’epoca volavamo alto tutti.
La fine della Dolce vita, intesa come fenomeno di costume, avviene tre mesi dopo l’uscita del film. Cominciò l’invasione dei curiosi in via Veneto, i torpedoni scaricavano decine di giapponesi a caccia del personaggio famoso. Noi venivano guardati come bestie in gabbia. Poi la movida si trasferì stancamente in piazza del Pantheon, quindi al Bar della Pace. Ora non c’è più traccia di quel periodo né si può pensare di rilanciare via Veneto. Il film di Fellini bruciò tutto, compresa la nostra stagione folle e irripetibile.