Varie, 5 febbraio 2010
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Biografia di Chiara Rapaccini
• Firenze 1954. Artista • «[...] è una donna che sprizza energia da tutti i pori: lo dice tutto quel che fa. Lo dicono i libri per bambini dal palpabile trend anti-classico che iniziò a disegnare e a scrivere negli anni Ottanta, con quei personaggi un po’ assurdi, impertinenti, così poco mielosi che poi sono diventati i soggetti dei suoi quadri e delle sue sculture, e di tutto il resto. Ci sono donne dal naso appuntito con i capelli verdi, il collo lungo alla Modigliani, e un vestito a strisce rosse. Dietro un giallo assoluto. Oppure una bionda ritta in piedi su un cane viola e un piccolissimo bambino giallo in mano, un’altra vestita di verde e rosso con le poppe di fuori e un omino piccolo piccolo al guinzaglio. Le poppe, per la verità, sono sempre, o quasi, di fuori, come non ci sono mai le ombre. È un mondo di coraggio e di favole a tinte forti. Dopo essere stata a Shangai e aver visto il Bund, “la riva sinistra del fiume increspata di grattacieli d’oro, arancio, creste e penne”, tutto incominciò a sembrarle troppo piatto però. Aveva già iniziato a uscire dal disegno e dai quadri, ma ancor di più presero spazio le sue silhouettes di legno dipinte a olio montate su basi di legno vecchio, grandi più di un essere umano, oppure medie, piccolissime: donne, uomini, pesci, animali flessuosi in equilibri futuristi e volanti da cui spesso dondolano, come nei mobiles di Calder, vele e pesci dorati o qualcos’altro. Poi fu l´ora dei mobili antropomorfi di ferro smaltato: sedie, sgabelli, tavolini a forma di uccelli, serpenti, animali impossibili, bambini, letti circondati da streghe buone, paraventi che non parano niente. Il più bello è un divanetto con i contorni e i disegni di un uomo e una donna seduti accanto: le gambe, come altri mobili, hanno scarpe e calze. E poi bambole, coperte, tappeti: ogni cosa ti invita a non prenderti troppo sul serio e a riderci un po´ su. [...]» (Fiamma Nirenstein, “la Repubblica” 22/10/2007) • «[...] moglie (fortunati, ognuno a casa sua!) di Mario Monicelli, ha disegnato 50 carte come quelle da gioco, dedicate agli amori “sfigati”. Ogni carta una normale piccola tragedia amorosa disegnata e scritta, numerose quelle dei tipici fraintendimenti consolatori. “Mi ha detto, amo Irene, che avrà voluto dire?”; “Mi ha detto, sparisci, che avrà voluto dire, che ha paura?”; “Mi ha detto, sei un’inutile stronza, che avrà voluto dire ? Che ha paura. Si, me lo sentivo”. Poi c’è lui: “È pentito di averla invitata a cena: ora gli tocca scopare, era meglio un aperitivo alle sette. Lo sapeva, ma ci è ricascato”. E l’universale: “Sei una donna meravigliosa, io non ti merito!”. Segue fuga. Per tutti e due: “Non vedono l´ora che arrivi il dessert. Gli argomenti di conversazione sono finiti e ne cercano disperatamente uno finale, né troppo corto né troppo lungo”. Le carte si regalano ai compagni di sfiga o si tengono a supremo monito. [...]» (Natalia Aspesi, “la Repubblica” 5/2/2010).