Mario Ajello, Il Messaggero 29/1/2010, pagina 15, 29 gennaio 2010
Davanti alle telecamere della diretta tv, va in onda l’incomunicabilità, con bagarre a colpi di palline di carta lanciate da una parte all’altra dell’emiciclo di Montecitorio, fra berlusconiani e anti-berlusconiani
Davanti alle telecamere della diretta tv, va in onda l’incomunicabilità, con bagarre a colpi di palline di carta lanciate da una parte all’altra dell’emiciclo di Montecitorio, fra berlusconiani e anti-berlusconiani. E comunque passa, senza problemi, la legge del legittimo impedimento. Che la Camera ha approvato con 316 sì, 239 no, 40 astenuti tutti Udc, e ora passerà al Senato in tutta fretta. Colonna sonora: «Giustizialisti!» (Pdl a Pd); «Nerone, piduista e fascista» (Di Pietro a Berlusconi, che sta in Israele); «inutili moralisti (Bossi al Pd), «Berlusconi non vuole farsi processare e blocca il Paese» (Bersani) e via così. Compreso un botta e risposta fra Cicchitto e D’Alema. «Anche lei, onorevole D’Alema ha goduto dell’immunità in sede di Parlamento Europeo». Replica: «Non è vero e in più sono stato indagato per otto anni, e poi prosciolto dal giudice Nordio». Applausi. Urla. L’Udc cerca di tenere bassi i toni della polemica parlamentare, e Michele Vietti prende il microfono: «Questa norma non ci entusiasma. In una Paese normale non se ne discuterebbe, ma questo non è un Paese normale». E poi, con animo più sollevato: «E comunque, il processo breve è su un binario morto». Almeno quello. Anche se Di Pietro: «Mi aspetto da questa maggioranza qualsiasi altra porcheria. Questo Paese sta esplodendo e il premier se la ride». «Con-tra-da, Con-tra-da!», gridano quelli del Pdl verso l’ex pm, alludendo all’ex pezzo grosso dei servizi segreti Bruno Contrada, condannato per mafia, accanto al quale Di Pietro fu fotografato, durante una cena, e ora quell’immagine è al centro di uno scandalo politico-giornalistico che sta molto innervosendo il leader dell’Italia dei Valori. Gli gridano anche: «Eri al soldo della Cia!». E ancora: «Golpista». Insomma lo accusano, nella bagarre da emiciclo, di aver complottato ai tempi di Mani Pulite per far cadere la Prima Repubblica. Intanto c’è chi recita il testo della legge sul legittimo impedimento, insiste su quel passo in cui si dice che la norma serve a far svolgere al premier il suo compito di governo «con serenità» e un dipietrista, Antonio Borghesi grida: «La serenità la danno anche le prostitute, non servono gli scudi giudiziari». I ministro sono tutti, schieratissimi in Aula, compresa la Gelmini col suo pancione da futura mamma, e Alfano: «Non è un privilegio questa legge, sancisce soltanto il diritto per il premier a governare». Intanto, i deputati sfogliano le pagine degli ordini del giorno presentati dai democrat (e accettati dal Pdl) al testo della legge, e scoprono per esempio che – come l’aulista dell’Ansa si precipita a mettere in rete, suscitando la curiosità dell’intero Palazzo – fra gli eventi per partecipare ai quali Berlusconi e i suoi ministri non potranno avvalersi del legittimo impedimento ci sono: il «Porco festival» che si svolge al Borgo Antico di Rotella in provincia di Ascoli; la sagra dello spiedino pavese di Castello d’Aragona; la fiera dell’agnolotto e del canestrello a Polonghera (Cuneo); la Disfida del soffritto di maiale a Flumeri (Avellino); la sagra delle fave con pecorino di Filacciano (Roma); il Panettone Party a Borbona (Rieti); più altre celebrazioni dei fagioli con le cotiche, dei carciofi, dello stinco di maiale e il Meeting di Cla a Rimini e la festa Atreju dei giovani ex An. Nel frattempo, a Montecitorio si è votato. Ha vinto il governo. Quelli dell’Idv espongono cartelli: «La casta esulta e l’Italia affonda», «Casta di intoccabili» e via così. Compare una riproduzione della locandina del film «Gli intoccabili» con il volto di Berlusconi al posto di quello di De Niro che faceva Al Capone. Piovono palle di carta contro il gruppo dipietrista (con la Mussolini grande lanciatrice). Grida. Sfottò. Poi si spengono le luci. In attesa della prossima bagarre. di Mario Ajello Il Messaggero L’immunità per i parlamentari, con la necessità di un voto della Camera di appartenenza per consentire l’autorizzazione a procedere nelle indagini, o l’arresto, era prevista dall’articolo 68 della Costituzione. La norma fu poi cancellata negli anni di Tangentopoli. Negli ultimi mesi si è riaperto il dibattito sulla possibilità di reintrodurla, mutuando per esempio quanto previsto nel Parlamento europeo, anche sulla scorta di progetti di legge bipartisan di iniziativa parlamentare presentati in questa legislatura in Senato. Vale per premier e ministri e include i processi in corso L’obiettivo è quello di consentire al premier e ai ministri il «sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite dalla legge». Saranno dunque liberi dai processi che li riguardano per 18 mesi. Le attribuzioni previste dalla legge che disciplina l’attività di governo e della Presidenza del Consiglio, dal regolamento interno del Consiglio dei ministri e le relative attività preparatorie e consequenziali, nonché ogni attività comunque ”coessenziale” alle funzioni di governo costituiscono legittimo impedimento a comparire alle udienze penali. Stesso trattamento vale per i ministri. La legge si applica anche ai processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della legge. Legge ponte in attesa del lodo bis. Dura 18 mesi, prescrizione ferma L’efficacia del ddl non potrà durare più di 18 mesi, salvi i casi previsti dall’articolo 96 della Costituzione nel quale si parla della possibilità di sottoporre alla giurisdizione ordinaria il presidente del Consiglio e i ministri per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, previa autorizzazione delle Camere di appartenenza. Il corso della prescrizione rimane sospeso per tutta la durata del rinvio. Il che significa che si sospende il decorrere della prescrizione quando c’è «la sospensione del processo per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori o su richiesta dell’imputato o del suo difensore». Il testo è considerato una sorta di legge ponte in attesa della riproposizione in veste costituzionale del Lodo Alfano. Palazzo Chigi certifica gli impegni del premier Un emendamento presentato dalla maggioranza di centrodestra e duramente contestato dall’opposizione stabilisce che saranno i funzionari della presidenza del Consiglio dei ministri ad autocertificare, ogni volta che lo si riterrà opportuno, l’impedimento del presidente del Consglio: «Ove la Presidenza del Consiglio – si legge nel testo del disegno di legge votato ieri dalla Camera – attesti che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo ad una udienza successiva al periodo indicato». Ciascun singolo rinvio, dice ancora la legge, non può comunque essere superiore a sei mesi.