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 2010  febbraio 04 Giovedì calendario

SALVARE LE BANCHE SENZA PENTIRSENE


POSSIAMO stabilizzare le banche senza compromettere la concorrenzialità e senza premiare l’assunzione di rischio eccessiva? Secondo noi è possibile se si modificano alla base e in maniera diretta le attuali politiche e si riparte dal semplice concetto secondo il quale, per salvare gli istituti deboli, è meglio premiare quelli forti: un salvataggio di cui nessuno si pentirà.

La politica di salvataggio invertita qui proposta colloca le banche forti in condizioni di risolvere in prima persona il fallimento di banche concorrenti. A questo fine, nei periodi di crisi, sarebbero gli istituti forti, e non quelli deboli, a essere premiati con un capitale addizionale condizionato. Se, in un paese nel quale fosse presente un numero sufficiente di banche in sofferenza, il governo fornisse alla banca più forte un’aggiunta di capitale azionario, ne rafforzerebbe la capacità di tenuta di fronte al rischio e la metterebbe in grado di acquistare le banche a rischio fallimento.

Questa politica di salvataggio invertita affronterebbe entrambi gli effetti collaterali delle attuali politiche di salvataggio. Innanzitutto, premierebbe le banche che si espongono meno al rischio e soprattutto quelle meno esposte al rischio sistemico, ossia l’opposto di quanto accade con le attuali politiche. Chiaramente, l’erogazione alla banca più forte dovrebbe essere soggetta a condizioni: una potrebbe essere l’obbligo per la banca ricevente di utilizzare il capitale azionario ricevuto solo per acquistare asset o linee di attività da banche in fallimento.

Come potrebbe essere finanziato un salvataggio invertito? Nei periodi normali, sarebbe chiesto a tutti gli istituti finanziari un contributo per il rischio sistemico, assimilabile a un premio assicurativo. L’importo del contributo sarebbe stabilito da un supervisore nazionale del sistema bancario, dalla Commissione Europea per il Rischio Sistemico o da un istituto assicurativo per le attività e le passività nazionale o europeo, che potremmo chiamare "Fondo per il rischio sistemico". Questi premi annui sarebbero quindi reinvestiti da questo Fondo negli istituti che vi hanno contribuito, e diventerebbero una protezione del capitale presente in ogni banca. Tra le varie forme possibili, noi preferiremmo quella di obbligazioni "per il rischio sistemico" contingenti e convertibili. A lungo termine, costituirebbero una passività nei confronti del Fondoe l’agenzia di supervisione non dovrebbe considerarle inizialmente mezzi propri. Grazie alla loro natura di strumento convertibile, tuttavia, durante una crisi e in presenza di istituti deboli, le autorità le "attiverebbero" trasformando il debito in capitale azionario e azzerando, contestualmente, gli interessi dovuti, per un effetto immediato sul flusso di cassa dell’istituto. Grazie all’effetto combinato sul capitale e sulla liquidità, gli istituti forti acquisirebbero la capacità di avanzare proposte di acquisto per le banche a rischio fallimento e di acquistarle o liquidarne gli asset, assumendo il ruolo di compratori in situazioni di mercato nelle quali, secondo le attuali politiche di salvataggio, sono presenti soltanto venditori. Ciò stabilizzerebbe i prezzi nel mercato riducendo l’impatto negativo sulle altre banche e sull’economia reale.

* Reint Gropp è professore di Economia Finanziaria e Fisco presso la European Business School a Oestrich-Winkel.

Jan Pieter Krahnen è professore di finanza presso l’Università Goethe a Francoforte. Traduzione di Guiomar Parada