Marcello Frisone, Il Sole-24 Ore 3/2/2010;, 3 febbraio 2010
DERIVATI: SALE IL CONTO DELLE PERDITE
Riprende a salire la perdita potenziale di imprese ed enti locali sui derivati stipulati con le banche italiane per "assicurarsi" contro l’eventuale rialzo dei tassi d’interesse. Soltanto per queste due voci, infatti, la perdita è di 10 miliardi, in crescita del 6% a 53 miliardi se si sommano gli altri operatori che in alcuni casi (società finanziarie, per esempio, perdita a 27,6 miliardi) potrebbero essere collegati proprio alle amministrazioni pubbliche. questa la sintesi dei dati tratti dalla base informativa pubblica di Banca d’Italia e che si riferiscono al trimestre 30 giugno-30 settembre 2009, proprio in un periodo di tassi d’interesse ai minimi storici. Questo sembrerebbe naturale ( cioè che a bassi tassi d’interesse peggiori il valore di mercato dei derivati di copertura) ma nel trimestre "caldo" luglio-settembre 2008, per esempio, quando l’Euribor viaggiava ai massimi storici (oltre il 5%) la perdita potenziale era di 30 miliardi.
Insomma, sia con i tassi bassi, sia con saggi d’interesse alti la perdita potenziale complessiva per gli operatori (leggasi guadagno per le banche) rimane alta. E i motivi potrebbero essere due: «le commissioni occulte applicate negli anni dagli istituti di credito - spiega Giampaolo Galiazzo della società di consulenza indipendente Tiche ”», e il fatto che proprio nel periodo "caldo" di tassi oltre il 5% «sono stati venduti- continua Massimiliano Palumbaro della società di consulenza indipendente Cfi Advisors – Irs plain vanilla che reagiscono negativamente all’abbassamento dei tassi d’interesse».
Ma anche qui le banche non sarebbero esenti da colpe nell’aver venduto strumenti «inefficaci» ai clienti. «Proprio in quel periodo – sottolinea Galiazzo ”,l’unica cosa sensata da parte delle banche era quella di non vendere questi tipi di Irs plain vanilla, cosa che non è affatto avvenuta, come ipotizzavo su «Plus24» dell’8 agosto scorso». Quindi, ancora una volta sotto "tiro" degli operatori del settore i costi occulti, gli stessi sui quali stanno peraltro indagando le Procure di Acqui Terme (si veda «Plus24» di sabato scorso)e di Milano (si veda l’articolo sotto, anche se i dati degli swap del comune meneghino non sono compresi nella tabella a fianco in quanto sottoscritti con quattro banche estere, ndr).
Confrontando i dati 30 giugno- 30 settembre 2009 con quelli del trimestre precedente, dunque, si vede che il saldo di 467 amministrazioni pubbliche (prima erano 503) peggiora del 12% a quasi 2,5 miliardi e quello delle società finanziarie è in peggioramento del 9% a 27,6 miliardi. In quest’ultima voce (rappresenta perdite pari al 52% di tutto il sistema), potrebbero rientrare attività economiche in qualche modo collegate con le amministrazioni pubbliche ( per esempio con la costituzione di fondi fuori bilancio, oppure all’interno dei fondi di garanzia a fronte delle emissioni obbligazionarie, i cosiddetti sinking fund). Si tratta di una perdita media per operatore ( in totale sono 696) di circa 39 milioni.
Le imprese, infine, che hanno contratto derivati diminuiscono a 38.115 unità, mentre le perdite complessive aumentano del 9% a 7,5 miliardi. La perdita per le aziende, evidenziata mensilmente in Centrale rischi presso la Banca d’Italia,produce un immediato peggioramento nella "valutazione" di queste imprese da parte di tutto il sistema bancario. In estrema sintesi, rende più difficile e costoso l’accesso al credito per le stesse, oltre a vanificare nella pratica il calo dei tassi d’interesse a breve termine.