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 2010  febbraio 02 Martedì calendario

SGARBI E SALEMI: FINE DELL’UTOPIA

Sgarbilandia, addio. Il sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi, dopo nemmeno due anni sbatte la porta. «Non ne posso più. Mi dimetto. L’antimafia qui è peggio della mafia». Senza scomodare Leonardo Sciascia, il caso sarebbe esploso per un passaggio dato in paese con un’auto blu a un giornalista venuto a Salemi per un reportage.
Sgarbi non è indagato, la procura di Marsala ha aperto un’indagine, la Guardia di finanza fa su giù per la Valle del Belice e Vittorio Sgarbi tira le somme. «Me ne frego dell’inchiesta. Ma non voglio passare per vittima. Sono un grande entusiasta. Voglio essere solo lodato, per quello che ho fatto per Salemi».
Una nuova città
Diciamo pure, quello che avrebbe voluto fare. Idea grandiosa, finita pure sulla prima pagina del New York Times. A Salemi, Sicilia, profondo Sud, provincia di Trapani lontanissima dal mare, il paese è spaccato in due. La città nuova è stata ricostruita alla bell’e meglio dopo il terremoto del Sessantotto che ha devastato il Belice. La zona vecchia è un ammasso di case decrepite ma di grande valore, che avrebbe bisogno di radicali opere di ritrutturazione. Il Comune non ha i soldi. La Regione Sicilia non ce li mette.
Vittorio Sgarbi ha avuto l’idea di cederle temporaneamente a un euro a chiunque abbia voglia di rimetterle in sesto. «E’ rimasta solo l’idea. Non me lo fanno fare. Ci sono lacciuoli burocratici che strangolano qualunque iniziativa. Se vuoi fare, ti fermano e ti mettono sotto inchiesta. Se non fai, ti salvi ma poi lasci che tutto vada in malora».
C’era la fila, per far risorgere Salemi. Si erano già impegnati a rimettere a nuovo il paese, tra gli altri, i Moratti, il ministro Brunetta, Afef e Tronchetti Provera.
Milly Moratti, moglie del petroliere e presidente dell’Inter Massimo Moratti, è la prima a tirarsi indietro: «E’ più di un anno che siamo in ballo. Bisognava pagare un euro. Restaurare la casa e poi restituirla a Salemi. Se Sgarbi se ne va, per me non se ne fa più niente. Il paese è una meraviglia. E’ la solita occasione persa».
A sentire il fotografo Oliviero Toscani, che fino a poco fa di Salemi è stato pure assessore alla Creatività, parlare di «occasione persa» è un eufemismo: «Sono sempre più imbarazzato a definirmi italiano. Questo è un Paese di teleidioti governato da un monarca a cui interessa solo la televisione. Non è che non si può fare niente a Salemi. Non si può fare niente in Italia. E a parlar chiaro, rischi pure di finire sotto scorta come Roberto Saviano».
L’amarezza, Oliviero Toscani la condensa in poche frasi: «In Comune a Salemi c’è un esercito di 200 dipendenti. Ci ho messo un anno e mezzo per far rispettare i parcheggi. Ma non sono riuscito a costringere i vigili a multare i ragazzini in scooter senza casco. In Italia, la legalità fa paura a troppi».
Addio ma non per sempre
Sgarbilandia, addio. Fine delle utopie e - a sentire Philippe Daverio, critico d’arte internazionale arruolato da Sgarbi come bibliotecario a Salemi - fine della innocenza amministrativa. Fa il disincantato, Daverio: «Era ovvio che finisse così. Quella di Sgarbi era una gag. Un gesto futurista nel 2009, centenario del Futurismo. Siamo nel 2010, fine delle celebrazioni. Sgarbi è a metà strada tra Marinetti e D’Annunzio. Ma amministrare è un’altra cosa. Lo posso dire io che sono stato assessore anche a Milano. Quello di Salemi era un bel sogno. E’ finito. Non è detto che rimanga l’amaro in bocca».
Ma davvero i sogni finiscono sempre all’alba? Vittorio Sgarbi che pure ha annunciato le dimissioni, e ha confermate fino alla tarda serata di ieri, minaccia di rimangiarsi tutto. Ma a queste condizioni: «Se la magistratura chiude l’inchiesta... Se la Regione Sicilia mette i fondi per Salemi... Se mi lasciano dare le case da ristrutturare a un euro... Se mi onorano e mi fanno un monumento... allora resto al mio posto».
Fabio Poletti