MAURIZIO RICCI, la Repubblica 2/2/2010, 2 febbraio 2010
SBOOM - C´è
una moschea nel nostro orizzonte futuro. Non significa necessariamente che la vedremo dalla finestra di casa, ma quella è la realtà politica, sociale e culturale con cui dovremo sempre più venire a patti nei prossimi anni. Il rapporto con l´Islam e i musulmani è infatti la sfida più importante che il mondo - e non solo l´Occidente - ha di fronte nei prossimi anni. Perché, dietro l´Islam, c´è la forza dei numeri. Gli ultimi dati dell´Onu sulla popolazione mondiale ci dicono che, da qui al 2050, il numero di abitanti della Terra è destinato ad aumentare massicciamente: da quasi 7 a oltre 9 miliardi di persone. In pratica, dove adesso siamo in due, dovremo imparare a stare in tre. A quel punto, però, la popolazione mondiale dovrebbe stabilizzarsi, smettendo di aumentare. Questa è la buona notizia. Quella cattiva è che gli altri due che ci stanno di fianco sul pianeta non sono quelli che, d´impulso, molti di noi sceglierebbero come compagni di gita: giovani, musulmani, poveri, arrabbiati, nati e cresciuti nelle sterminate bidonville di megalopoli disperate e puzzolenti.
Il dato globale dell´Onu, infatti, riassume storie molto diverse. La prima è l´inevitabile declino dell´Occidente. Un secolo fa, un terzo della popolazione mondiale era in Europa e in Nord America. Nel 2003, la quota si era dimezzata al 17 per cento. Nel 2050, sarà del 12 per cento. In meno, produrremo di meno: la quota del prodotto mondiale realizzata in Europa, Usa e Canada sarà meno del 30 per cento. Più bassa di quella che era nel 1820. Del resto, compreremo sempre meno prodotti occidentali. Già oggi, in questa recessione, il peso di rimettere in moto la macchina dell´economia mondiale si è provvisoriamente spostato sulle classi medie dei paesi emergenti, come Cina, India, Brasile. Perché sono le classi medie quelle che tengono in piedi i consumi che pesano sull´economia: auto, elettrodomestici, gadget elettronici. E, in questo momento, loro hanno i soldi che le classi medie occidentali non hanno. In futuro, questo spostamento sarà la norma. Secondo la Banca Mondiale, nel 2030, le classi medie dei Paesi emergenti conteranno 1,2 miliardi di persone: più degli abitanti dell´Europa, degli Usa e del Giappone messi insieme. Preparatevi a comprare auto pensate per il consumatore indiano e fare collezione di foto di pop star egiziane.
Ma questa è ancora la storia dei ricchi e di quelli che lo stanno diventando. Ricchi sempre più anziani e bisognosi di cure e assistenza. Anche il miracolo cinese è destinato a scontrarsi, nel giro di una ventina d´anni, con il problema dell´invecchiamento della popolazione. Dove saranno i giovani? Nel 1950, Bangladesh, Egitto, Indonesia, Nigeria, Pakistan e Turchia aveva una popolazione complessiva di 270 milioni di abitanti. Nel 2009, sono arrivati a 886 milioni. Nel 2050 saranno, più o meno, un miliardo e 300 milioni. Dei 48 Paesi con la più veloce crescita della popolazione, oggi, 28 sono a maggioranza musulmana o hanno una minoranza islamica almeno del 33 per cento. Musulmani e poveri: oltre il 70 per cento della crescita della popolazione mondiale nei prossimi 40 anni sarà concentrata in 24 Paesi, tutti classificati dalla Banca Mondiale come poveri o quasi.
Sono Paesi con tassi di disoccupazione altissimi, scuole precarie, condizioni sociali durissime. Non pensate a poveri contadini. Quei giovani cresceranno nelle bidonville di megalopoli come Karachi e Lagos, senza neanche il salvagente dell´agricoltura di sussistenza. Lo studioso americano Jack Goldstone osserva che l´urbanizzazione è arrivata nei Paesi in via di sviluppo prima di quando sia arrivata in Occidente. Gli americani sono arrivati ad avere due terzi della popolazione che viveva in città nel 1950, quando il reddito pro capite era di 13 mila dollari l´anno. Nigeria, Filippine e Pakistan stanno arrivando alla stessa quota con un reddito pro capite di 2-4 mila dollari l´anno. Goldstone ne ricava che i tassi di immigrazione verso i Paesi ricchi che vediamo oggi sono minimi, rispetto a quello che vedremo in futuro.
facile ricavarne l´immagine di un assedio. In realtà, è l´Occidente per primo che ha bisogno di quei giovani per rimpolpare il declino della propria forza lavoro. Ma c´è un altro meccanismo in azione: paradossalmente, è proprio l´immigrazione il più efficace antidoto alla futura immigrazione. Perché il meccanismo più potente per alleviare la povertà dei Paesi poveri e innescarvi consumi e sviluppo non sono gli aiuti dei governi occidentali e neanche gli investimenti dei Paesi ricchi. Le donazioni superano di poco (dati 2006) i 100 miliardi di dollari, gli investimenti arrivano a 167 miliardi. Il flusso maggiore di fondi sono le rimesse degli emigrati: oltre 300 miliardi di dollari. Arrivano direttamente alla popolazione, invece di fermarsi nei corridoi dei burocrati. Vengono usati per comprare cibo, vestiti e medicine, ma il 10-20 per cento viene risparmiato e può aprire un futuro diverso.