Claudio Antonelli e Claudio Brigliadori, Libero 2/2/2010, 2 febbraio 2010
AFRICA IN FUORIGIOCO
La finale della Coppa d’Africa tra Egitto e Ghana non ha smentito le aspettative. La vittoria degli uomini del Nilo (1-0 con gol di Gedo all’85’) è arrivata praticamente senza emozioni. Almeno se si escludono le raffiche di kalashnikov dei separatisti di Cabinda sul bus della selezione del Togo. Per il resto non c’era bisogno di attendere l’ultima partita per il bilancio del sogno calcistico angolano.
Tirando le somme della sfida di Luanda allo sport mondiale sembra infatti che il calcio (almeno per i prossimi anni) non sia proprio destinato a passare per l’Africa. Compresi quindi i Mondiali del prossimo giugno in Sudafrica. Anche se da un lato il business fuori discussione dei diritti tv è destinato a crescere, dall’altro l’organizzazione, gli investimenti e la capacità attrattiva del football africano confermano i timori di chi non si aspettava nulla di buono dalla logistica del continente nero.
ALLARME SICUREZZA
La coppa disputata in Angola ha dimostrato che le difficoltà dei trasferimenti (soprattutto via terra) non sono state assolutamente superate nonostante il governo di Luanda abbia speso circa 700 milioni di euro per costruire quattro stadi, cinque alberghi a quattro stelle e per ammodernare due aeroporti, altrettante strade e ponti. Le opere sono state concluse a tempo di record grazie all’intervento delle multinazionali cinesi che hanno preso in appalto quasi tutti i lavori. Ma i servizi accessori sono stati latitanti. Fino al mese prima del gol d’inizio, tanto per fare un esempio, la capitale angolana non aveva un servizio taxi e le poche vetture pubbliche volute dal governo in occasione dell’evento sono praticamente rimaste bloccate nel traffico della città.
Così per tutte le difficoltà incontrate gli spettatori paganti non hanno superato in tutto le 600 mila unità (in 29 partite: poco più di 20 mila a match) per una media di 5 dollari a biglietto e i turisti arrivati da fuori sono stati poche migliaia. A fronte di 700 milioni investiti, sono stati incassati in biglietti poco più di 3 milioni.
Senza contare l’amaro episodio di Cabinda, dove la squadra del Togo è stata aggredita dai separatisti locali e nonostante ciò la selezione è stata squalificata per i prossimi due turni e costretta a pagare 50mila dollari di multa. Insomma il governo di Luanda ha usato lo show per fare marketing in giro per il mondo (ha anche utilizzato 25 mila comparse come tifosi ”volontari”) senza però raggiungere i risultati pubblicitari sperati. La scelta di squalificare il Togo è stata suggerita al Caf proprio da Luanda con l’obiettivo di minimizzare l’episodio di sangue e punire i togolesi ”colpevoli” di averlo ingigantito. Basti pensare che il giorno della chiusura della Coppa il rappresentante dell’Assemblea Nazionale Angolana ha definito l’aggressione alla squadra del Togo (con tre morti) un «piccolo incidente». Una definizione che, a malincuore, fa pensare a quelle latitudini continuino a essere abituati alle violenze. Tanto che è difficile pensare che restino casi isolato.
SUDAFRICA A RISCHIO
Anzi, la Coppa del Mondo potrebbe essere ancor più deludente. Il governo di Pretoria non ha le risorse del petrolio angolano e metà degli stadi non è completata. Ieri a Davos il ministro di Pretoria ha chiesto investimenti stranieri in soccorso dell’evento. Il rischio criminalità è decisamente più elevato che in Angola (l’altro ieri sono sparite da alcune caserme di Johannesburg oltre tremila pistole). Il rischio Aids è più invasivo e nonostante ciò si vuole liberalizzare la prostituzione. Infine, il costo dei biglietti sarà più alto: dai 160 ai 240 dollari di media, 400 per la finale. Finora sono stati acquistati solo 160mila biglietti (e prenotati quasi 2 milioni), nonostante i prezzi dell’indotto, compresi i ticket d’aereo, aumenteranno del 25%. L’organizzazione, però, prevede di venderne più di 3 milioni e di attirare almeno 460 mila visitatori extraAfrica. Un lato positivo c’è: la Confederazione africana (Caf) ha annunciato per i prossimi otto anni ricavi da marketing e diritti tv per 150 milioni di dollari, 18,75 milioni all’anno. Risultato in netta crescita se confrontato con i 5 milioni portati a casa fino ad oggi per la Champions locale e i 5,5 milioni ricavati con la Coppa d’Africa.
IL SOLITO SOCCER
Anche dal punto di vista tecnico l’evento angolano (per i campionati mondiali è presto per far previsioni) ha lasciato l’amaro in bocca. Le stelle Drogba e Eto’o non hanno brillato, non sono emerse individualità di spicco (il miglior giocatore del torneo è stato l’egiziano Ahmed Hassan, veterano 34enne dell’Al-Ahly) né squadre tatticamente all’avanguardia e in grado di recitare un ruolo da (vere) protagoniste in Sudafrica. Basti pensare che l’Egitto campione, ai Mondiali, non ci sarà nemmeno, eliminato dall’Algeria in un drammatico spareggio. L’immagine, insomma, è quella di un calcio africano involuto, bloccato su vecchie posizioni. Non a caso, le finaliste Egitto e Ghana insieme hanno vinto 11 delle precedenti 27 edizioni. E i Faraoni si sono aggiudicati gli ultimi tre tornei, praticamente una dittatura. Il futuro è ancora lontano.
Claudio Antonelli e Claudio Brigliadori, Libero 2/2/2010