Nino Sunseri, Libero 2/2/2010, 2 febbraio 2010
COS CAMBIA IL DESTINO DELL’IMPERO
Veronica contro Silvio. La posta in gioco non è certo l’assegno di mantenimento per se stessa o per i figli. Certo volano cifre stratosferiche. Almeno in base alle richieste di Veronica: quarantatre milioni l’anno, tre milioni e mezzo al mese, ottanta euro al minuto. Il Cavaliere offre fino a 300 mila euro l’anno da aggiungere ai 70 milioni donati alla signora in tanti anni di matrimonio.
abbastanza evidente che il problema non è questo. Di un assegno di mantenimento, per quanto ricco, non hanno bisogno né Veronica né i tre ragazzi nati dall’unione con il Cavaliere: Barbara, Luigi ed Eleonora. Il problema è un altro come sta emergendo dalle pieghe del giudizio di separazione: l’attuale moglie del Cavaliere vuole per i suoi tre figli parità di trattamento con Pier Silvio e Marina. Dalla sua parte gioca il diritto di famiglia italiano che, a differenza di altri Paesi, è molto vincolante. Impossibile distinguere tra figli di serie A e figli di serie B. Tutti devono essere trattati alla stessa maniera. Almeno sulle quantità di patrimonio cui attingere. Ovviamente non ci sono prescrizioni sulla ”qualità” dell’asse che spetta a ciascuno degli eredi.
Ed è proprio sulla sottile differenza ”quantità” e ”qualità” che si gioca tutta la partita tra Veronica e Silvio. Solo che costruire un percorso condiviso su questo crinale, mentre ancora il Cavaliere è in vita, non è semplicissimo.
tra
Una volta gli imprenditori facevano largo uso dell’istituto dell’usufrutto per disegnare la divisione dell’eredità. Lo facevano soprattutto per ragioni fiscali. Passavano la nuda proprietà ai figli e si tenevano la gestione. Così era chiaro ben prima della morte, qual era il finale di partita. L’abbattimento della tassa di successione (voluta dallo stesso Berlusconi) ha reso le scelte meno urgenti. Risultato? Silvio può decidere di non decidere. Lasciare tutto così com’è fino all’ultimo giorno. Dopo si scatenerà la lotta fra i cinque eredi. Ma non sarà più un problema suo. In realtà il Cavaliere è un imprenditore brianzolo. Come tale non può accettare la dispersione del patrimonio. Così, secondo gli esperti ha tre strade per chiudere la partita dell’eredità e quindi il contenzioso con la moglie.
1) La prima è la più semplice. Vende tutto e divide il ricavato tra i figli. La parità di trattamento è facilmente rispettata. C’è un solo problema: liquidare un patrimonio valutato sette miliardi non è proprio una passeggiata. E poi è forte in questo momento di Borsa altalenante il rischio della svendita.
2) Seconda opzione. Fare lo
spezzatino del gruppo e affidarne la guida ai figli ritenuti più capaci, quelli con vocazione d’impresa. E agli altri? Solo partecipazioni di minoranza. Le eventuali disparità ”quantitative” verrebbero compensate con denaro contante o altri asset immobiliari. la strada che piace di più a Silvio tanto da aver immaginato la nascita di Fininvest 1 e Fininvest 2. La guida del gruppo resterebbe a Pier Silvio e Marina, i figli a cui papà Silvio riconosce le migliori capacità imprenditoriali. Barbara, Luigi ed Eleonora dovrebbero accontentarsi di una quota di minoranza. Veronica non la pensa così.
3) C’è infine la terza ipotesi. Accettare la sfida di carta bollata scatenata dalla moglie. la soluzione più sanguinosa. La battaglia degli Agnelli insegna: in poco tempo una causa per il divorzio diventerebbe una guerra per l’eredità dell’uomo più ricco d’Italia. Con la differenza che sarebbe egli stesso a combatterla per difendere gli interessi dei due figli grandi contro i tre minori. Improponibile.
Nino Sunseri, Libero 2/2/2010