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 2010  febbraio 02 Martedì calendario

QUELL’AVATAR SEMBRA RE MIDA

Non solo Oscar. Avatar non è destinato solamente a fare incetta di riconoscimenti, riportando sotto i riflettori il knowhow tecnologico e digitale neozelandese, già ultrapremiato per la trilogia del Signore degli Anelli e King Kong.
L’ultima creatura del visionario James Cameron, che si è avvalso della collaborazione della
Weta Digital di Peter Jackson per creare il mitico mondo di Pandora, ha già garantito al piccolo paese australe entrate per oltre 400 milioni di dollari neozelandesi (202 milioni di euro). Il tutto grazie anche a un sistema di incentivi governativi, recentemente reso ancor più generoso per battere la concorrenza mondiale, che premia le società estere che scelgono la Nuova Zelanda per collaborazioni lungo tutta la filiera della produzione cinematografica.
Ma gli incentivi hanno anche il vantaggio di creare impresa nel lungo termine: nel postAvatar si sta assistendo alla nascita di numerosi spin off tecnologici, attivi nei settori dell’intrattenimento per cellulari e videogames.
Secondo il Large budget screen production grant,
le produzioni cinematografiche che spendono più di 15 milioni di dollari neozelandesi (7,6 milioni di euro) nel Paese australe possono accedere a contributi pari al 15% delle spese effettuate. Dal 2007, il grant è stato esteso anche ai film che effettuano solo lavori di post-produzione, o di effetti visivi e digitali in Nuova Zelanda per una spesa che va dai 3 ai 15 milioni di dollari. Grazie a questo schema, dei 155 milioni di euro spesi per Avatar nel Paese (su un totale stimato intorno ai 358 milioni), 22,6 milioni sono tornati nelle tasche di Cameron sotto forma di contributi statali. Dal 2003 il governo di Wellington ha versato 189,4 milioni di dollari (96 milioni di euro) alle produzioni straniere che hanno collaborato con la Nuova Zelanda. Sforzi che hanno contribuito alla generazione, per la produzione cinematografica locale, di profitti esteri per 542 milioni di dollari (274 milioni di euro) nel solo 2009, ponendo il paese al terzo posto mondiale dopo Canada e Gran Bretagna. Inoltre, il solo Avatar ha generato un indotto per la città di Wellington (che ospita le facilities della Weta Digital) pari a 50,6 milioni di euro per gli 88 giorni di riprese dal vivo del film.
La Nuova Zelanda continua a essere competitiva in un periodo in cui le nazioni si contendono le produzioni cinematografiche a colpi di incentivi. La Corea del Sud, per esempio, ha recentemente annunciato che investirà 178 milioni di dollari Usa nell’industria computer graphics, con focus sulla tecnologia 3D, in un chiaro tentativo di inserirsi in un business altamente profittevole, riportato in auge proprio da Avatar. Incentivi fiscali sono stati promessi dalla California, che lo scorso luglio ha annunciato crediti per almeno il 20% delle spese.
In un business competitivo, quindi, la piccola Nuova Zelanda ha mostrato la capacità di ritagliarsi un posto di prestigio. Gli incentivi sono stati anche capaci di generare ulteriore impresa nel paese. «Dopo la produzione del Signore degli Anelli - spiega Brett O’Riley, chief executive della sezione It del New Zealand information and communication technologies group - è stato creato un numero di cluster tecnologici e con Avatar si cominciano ad avere gli stessi ef-fetti, con nuove realtà attive nell’intrattenimento per smart phones e videogames».
Un solo esempio: un gruppo di tecnici informatici che hanno lavorato al film di Cameron hanno creato The Funny Farm,
una start-up in collaborazione con la società danese Kiloo, nata allo scopo di sviluppare cortometraggi umoristici per il mercato dei cellulari. «Il nostro target- spiega Peter Hall, commercial manager di The Funny Farm- sono 300 milioni di smart phones in tutto il mondo».