Lucia Esposito, Libero 31/1/2010, 31 gennaio 2010
GIUDICI CONTRO TOGHE ROSSE
La fuga c’è stata, ma non di massa. Non se ne sono andati i magistrati di Reggio Calabria e Catanzaro, le toghe messinesi sono rimaste al loro posto, spaccatura anche a Napoli dove gli iscritti a Magistratura indipendente (la corrente moderata) non hanno aderito alla protesta organizzata dall’Associazione nazionale dei magistrati, il sindacato delle toghe. A Caltanissetta è andata in scena una ribellione a metà, con i giudici che si sono alzati senza lasciare palazzo di giustizia. All’Aquila nessuno si è mosso se non per ringraziare il ministro della giustizia Angelino Alfano. Dalle spalle dei magistrati cadevano solo toghe nere e non quelle rosse previste per le cerimonie solenni: non è stata una scelta di protesta, come avvenne quando ministro era il leghista Roberto Castelli, ma un segno di lutto per le vittime del devastante terremoto del sei aprile scorso. Nessun magistrato si è alzato quando ha parlato Alfano, solo due o tre pubblici ministeri lo hanno ascoltato stringendo la Costituzione tra le mani. Un anno giudiziario inaugurato in un clima di grande tensione nei ventisei distretti delle Corti d’Appello, con l’attenzione puntata più sui movimenti dei magistrati che sulle annuali relazioni dei Presidenti.
MILANO PREVEDIBILE
Toga in spalla e Costituzione in mano, gli appartenenti all’ Anm hanno voltato le spalle non appena i rappresentanti del governo prendevano la parola. successo a Milano, com’era prevedibile. Il sottosegretario alla giustizia Maria Elisabetta Casellati non ha avuto neanche il tempo di avvicinarsi al microfono per i saluti di rito che i magistrati, in massa e silenziosissimi, hanno raggiunto l’uscita dell’Aula Magna del Palazzo di giustizia per poi rientrare a ranghi ridotti non appena l’esponente del governo ha concluso il suo intervento. Un lungo applauso si è alzato dopo che Ruggero Pesce, presidente facente funzione della Corte d’Appello di Milano, ha finito di leggere la sua relazione. A proposito del processo breve si è tenuto sulle stesse posizioni del primo presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone. «Si tratta di un ottimo intendimento, ma se lo si attuasse senza la preventiva realizzazione dei presupposti strutturali, normativi e finanziari, si offrirebbe solo il fianco a dure polemiche, come si è visto». Toni diversi a Palermo, dove il procuratore Francesco Messineo, prima di inaugurare l’anno giudiziario, ha tenuto a precisare: «Sono e rimango iscritto all’Anm e sono accanto ai colleghi. Idealmente, quando parlerà il rappresentante del governo, mi alzerò e uscirò dall’aula insieme a loro, ma ci sono dei doveri di rappresentanza che mi impediranno gesti concreti e non mi consentiranno di seguire le naturali inclinazioni».
Un ”no” senza appello, granitico, quello dell’Anm contro il processo breve, un dissenso che si è manifestato lasciando le aule e leggendo una nota in tutte le sedi. Il sindacato ha ribadito la necessità di una riforma ma quella pensata dal governo e già approvata in Senato, viene definita ”devastante”per un «sistema giudiziario già al collasso». A fine giornata, il sindacato era soddisfatto: «Oggi per la magistratura italiana è una giornata importante. Abbiamo dimostrato di essere uniti e compatti, non importa quanti hanno manifestato il pacato dissenso, anche una sola persona basta», ha commentato il presidente dell’associazione, Luca Palamara. «In molte città come Roma, Milano, Torino, Napoli e Palermo, abbiamo registrato una massiccia e composta adesione ad una iniziativa che non è rivolta contro una persona ma contro una politica. Senza riforme della giustizia e con gli insulti non si può andare avanti: i magistrati italiani oggi dicono basta».
Ma l’Unione delle Camere Penali liquida come «un vero e proprio fallimento», la protesta messa in atto durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario nelle Corti d’Appello. «Pochi, pochissimi, a volte nessun magistrato si è alzato quando ha iniziato a parlare il rappresentante del governo e ciò è sintomatico di quale profonda distanza vi sia tra i magistrati ed i vertici dell’Associazione nazionale magistrati».
DISTANZA DALLA BASE
I penalisti vanno oltre: «In moltissime Corti d’Appello si è avvertito quale grave disagio attraversi la base operosa della magistratura rispetto alle scelte di retroguardia dettate da chi, sempre più evidentemente, indirizza l’attività politica dell’Anm verso la conservazione del proprio potere piuttosto che a migliorare la qualità e l’efficienza del servizio giustizia. Ancora più evidente concludono gli avvocatila spaccatura tra i vertici politici e sindacali dell’Anm se si pensa a come questi hanno comunque partecipato all’inaugurazione in Cassazione ancorati alle proprie poltrone, pretendendo irresponsabilmente che, invece, la base andasse ad un inaccettabile scontro istituzionale». Il consigliere togato del Consiglio Superiore della Magistratura, Cosimo Maria Ferri, invita l’Anm a riflettere sulla «non numerosa partecipazione dei magistrati alla protesta. Facciano autocritica su una scelta radicale, adottata senza approfondire il sentire comune della base».
Il sottosegretario Alberti Casellati
«La protesta messa in atto nelle Corti d’appello da parte dell’Anm è stata un errore perché chiude a quel dialogo auspicato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano».
A Milano l’inaugurazione dell’anno giudiziario si è appena conclusa quando il Sottosegretario alla giustizia Maria Elisabetta Casellati confessa la sua amarezza per la protesta delle toghe. Che cosa accadrà adesso? « sempre meglio che le riforme siano condivise, attuate con l’aiuto di tutti, dell’Anm e delle opposizioni, ma se ciò non accade, noi andremo avanti lo stesso. Abbiamo sempre lanciato un ponte per il dialogo e per un progetto comune, ma se la risposta è quella di abbandonare l’aula durante la cerimonia, non mi pare ci sia da parte dell’ Anm una volontà di costruire una vera collaborazione»». Un attacco al governo... «Da parte delle toghe è stata messa un atto una politica del ”no” soprattutto contro il Parlamento, perché alcuni provvedimenti criticati dall’Associazione nazionale dei magistrati, come il processo breve, sono di iniziativa parlamentare». A Milano, in tanti hanno lasciato l’aula appena lei ha preso la parola. «Magistratura Indipendente non ha aderito e io non credo che l’Anm rappresenti tutti il mondo dei magistrati».
Per il Sottosegretario «quanto è accaduto non può che addolorare e preoccupare profondamente tutti coloro, e sono tanti nella maggioranza come nell’opposizione, che si sono riconosciuti nell’accorato invito del Presidente della Repubblica a ritrovare quello spirito di collaborazione che costituisce un determinante fattore positivo nel processo riformatore di cui il Paese ha assoluto bisogno». Il Sottosegretario alla giustizia non lascia spazio ai dubbi: la scelta compiuta dall’Anm fa registrare di fatto un deficit di democrazia e alimenta un clima di scontro istituzionale che condiziona fino al rischio di precludere la possibilità stessa di mettere mano a una riforma condivisa». E ribadisce: «C’è un deficit di democrazia perché ad essere contestato non è tanto il governo quanto il Parlamento che, in nome del popolo italiano, sta mettendo mano a una crisi, quella della giustizia, che i cittadini vivono e soffrono ogni giorno sulla propria pelle». Commentando le affermazioni del primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone sull’eccessiva esposizione mediatica dei magistrati, la Casellati ha detto: «I pm dovrebbero evitare di spettacolarizzare la giustizia, soprattutto per non danneggiare le loro inchieste».
Lucia Esposito, Libero 31/1/2010