Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 31 Domenica calendario

L’ABORTO SEGRETO DELLA COMPAGNA NILDE



E il figlio della rivoluzione fu abortito dalla compagna Leonilde Iotti. Il figlio della rivoluzione che, in teoria, di cognome avrebbe dovuto fare Togliatti. Il figlio della rivoluzione la cui esistenza, con l’ordalia elettorale del ”48 alle porte e con i democristiani che non chiedevano di meglio, il Pci non poteva né voleva permettersi di rendere pubblica. La rivelazione l’ha fatta lo storico Pietro Melograni l’altra sera in tv da Lilli Gruber. Rivelazione, poi. All’epoca annotò tutto Teresa Noce (moglie di Luigi Longo, un altro su cui in materia ci sarebbe parecchio da raccontare), e la faccenda da allora non ha mai smesso di rimbalzare condizionale più, condizionale meno qua e là. Da ultimo, ne ha fatto meritorio resoconto Francesco Cundari nel suo ”Comunisti immaginari”.
«Se ben ricordo», scriveva la Noce, «fu qualche tempo prima dell’attentato a Togliatti che seppi che Nilde Iotti era incinta. Nessuno ne parlava: alla Direzione si evitava persino di nominare Nilde. Pareva quasi che, invece di trovarci tra compagni, facessimo parte di una famiglia chiusa e arretrata che evitasse di parlare di ”certe cose”». Rivista la Iotti alla Camera, la Noce le si farà incontro per avere notizie: «Le sussurrai all’orecchio: ”Me lo fai vedere?”. Nilde divenne pallida come un cencio: ”Non lo sai? morto appena nato”». La versione ufficiale fu questa, e meno circolava e meglio era. Del fatto che invece di aborto più o meno spontaneo si fosse trattato, mai una parola.
Ci pensa il partito
Perché la vita privata dei dirigenti era roba del partito, e il Migliore non faceva eccezione. L’intera vicenda Togliatti-Iotti fu gestita con polso ferreo da Botteghe oscure, all’insegna della riservatezza più totale, con la Direzione che arrivò a convocare ogni sera l’autista del Migliore onde interrogarlo sulle attività del compagno segretario. L’interessamento del Pci parte dall’inizio, quando Palmiro decide di mollare la moglie Rita Montagnana (ivi incluso il figlio danneggiato mentale) e di trovare un tetto per sé e la nuova partner. Il segretario prende carta e penna e scrive al compagno Reale onde «sollecitare la decisione di una piccola commissione di partito» per ovviare alla necessità. La macchina del Pci opererà con la proverbiale discrezione e perdurante il rifiuto della Montagnana ad abbandonare la casa di via Ferdinando di Savoia ai due verrà trovato un alloggio in una soffitta al sesto piano del Bottegone. La cosa, d’altra parte, rischiava pure di diventare sconveniente. «Non potevo accettare», ricorderà il medico Mario Spallone, «che andassero ad amoreggiare in macchina lungo qualche viale come due studenti ai primi incontri».
E soffitta fu: due stanzette in cima alla sede del Pci. Sul pavimento della quale la Iotti tiene, dal primo all’ultimo giorno di permanenza, una valigia aperta, silenzioso monito contro la precarietà della sistemazione. E nemmeno solo di quella. Anche perché della faccenda si sapeva pochissimo, pure all’interno del partito. Accade pertanto che, racconta ancora Cundari, una notte un ignaro compagno della vigilanza sente strani rumori provenire dalla soffitta: dato che i tempi sono quelli che sono, il solerte funzionario non trova di meglio da fare che aprire il fuoco contro la porta e chiamare i rinforzi. Tra i quali accorre Massimo Caprara, segretario di Togliatti, che riesce nel miracolo di far smettere all’invasato di sparare senza spiegargli il perché.
Pistole e microspie
Per incrinare la granitica riservatezza con cui il partito aveva tutelato i due amanti clandestini, ci vorranno le pistolettate. 14 luglio 1948, lo studente Antonio Pallante spara a Togliatti in via della Missione. Accanto al Migliore c’è la Iotti che non esita a gettarsi sul compagno per fargli scudo col proprio corpo. Le voci sulla «giovane deputata di Reggio Emilia» inizieranno a correre incontrollate, e a poco varrà il tassativo ordine impartitole dal Pci di non farsi vedere dal capezzale dell’amato. Lei, già incinta, obbedisce.
Rimessosi Togliatti (e terminata nel peggiore dei modi la vicenda della gravidanza), la relazione tra i due riceverà un primo, timido crisma di ufficialità. Togliatti e la Iotti si trasferiranno dalla soffitta di Botteghe oscure ad un appartamento al primo piano di una villetta in via Arbe, a Montesacro. L’immobile manco a dirlo è di proprietà del partito che ha orchestrato l’intera operazione. L’ha orchestrata talmente bene che al piano di sopra va ad abitare Pietro Secchia. Che non è un dirigente scelto a caso: responsabile della vigilanza ed indiscusso leader dell’ala dura del partito, Secchia è l’uomo giusto nel condominio giusto. E svolge alla perfezione il lavoro che il partito gli ha affidato. Nemmeno il tempo di far finire il trasloco ai vicini di casa e l’infallibile Leonida Roncagli, responsabile del servizio d’ordine, ha disseminato di microspie il nuovo nido d’amore di Palmiro e Nilde.
Questo è, in estrema sintesi, il modo in cui un partito politico gestì la potenzialmente esplosiva vicenda sentimentale del suo massimo dirigente: segretezza, rigore, silenzio. Nessuno deve sapere e nessuno saprà, non prima di qualche decennio. Ma erano altri tempi, altri partiti e altre ritualità della politica. Tutta roba che ci siamo lasciati indietro da un pezzo perché era ora di finirla con questo vecchiume novecentesco. Per ritrovarci Piero Marrazzo.

Marco Gorra, Libero 31/1/2010




«LA COPPIA CLANDESTINA FU VITTIMA DEL MORALISMO RIGIDISSIMO DEL PCI»-

A rilanciare la questione, per lungo tempo taciuta e nascosta da una cortina di ferro, è stato il celebre storico Piero Melograni. Venerdì sera, durante il programma di Lilli Gruber ”Otto e mezzo” su La7, ha raccontato che Nilde Iotti abortì il figlio di Palmiro Togliatti. Quando lo cerchiamo al telefono, il professore è sorpreso: «Nulla è più inedito dell’edito», spiega a Libero. «Questa storia non è un segreto, ne avevo già parlato. Anzi, se non mi sbaglio accennai la questione anche durante la presentazione de Il letto e il potere, il libro di Filippo Ceccarelli».
Si trattava della prima edizione, pubblicata nel gennaio 1994. E quel giorno, all’incontro con la stampa e i lettori, c’era anche lei, Nilde, divenuta col passare degli anni un monumento della politica italiana (è stata la prima presidente della Camera). «Non mi ricordavo questo particolare, me lo ha fatto tornare in mente Filippo Ceccarelli», dice Melograni. Forse fu per questo che allora la storia dell’aborto non fu così reclamizzata.
«Lei e Togliatti», continua lo storico, «vivevano in un piccolo appartamento all’ultimo piano di Botteghe oscure. Avevano una relazione che fu molto sofferta per via del moralismo rigidissimo che caratterizzava il Partito comunista italiano. Togliatti si era separato dalla moglie, che era Rita Montagnana, membro del partito dalla fondazione e sorella di Mario Montagnana».
La vicenda dell’aborto risale al 1948 e non è chiarissima. Alcune fonti parlano di un figlio nato morto, altre di un aborto spontaneo. Probabilmente non fu estraneo il clima terribile in cui erano costretti a vivere i due amanti semiclandestini. Daniela Pasti, in un libro, ha scritto anche che l’interruzione di gravidanza fu decisa dopo una riunione dei vertici del partito, per non alimentare scandali attorno alla figura del Migliore. «Volevano però un figlio», dice Melograni,
«tanto che poi adottarono Marisa Malagoli, la figlia di un operaio emiliano ucciso a Reggio Emilia».
Sull’aborto, lo storico non si sbilancia. Può darsi che a praticarlo sia stato «un certo Spallone, che era il medico dei comunisti, ma non lo so con certezza».

Francesco Borgonovo, Libero 31/1/2010