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 2010  gennaio 31 Domenica calendario

L’ORARIO CORTO E LE ATTIVIT EXTRA DI CHI CI CONDANNA

Ieri, per protesta e per cominciare bene l’anno giudiziario, molti magistrati sono usciti dall’aula. Il fatto non è una novità: secondo un documento del Csm i giudici in tribunale ci stanno lo stretto necessario, anzi, forse meno di quel che sarebbe richiesto. Cito testualmente da un documento dell’alto consesso: «Quanto al monte ore di lavoro annuo si può convenire su una media di sei ore giornaliere per un totale di 260 giorni lavorativi l’anno (arrotondato per eccesso, dovendosi sottrarre ai 365 giorni almeno 52 domeniche, 45 di ferie, oltre alle festività soppresse e santo patrono). Il totale del monte ore lavorative l’anno è pari, quindi a 1560». Parole del Consiglio superiore della magistratura, con cui si certifica che le toghe non vinceranno mai il premio Stachanov.
Basta far due conti, infatti, per accorgersi che lavorano meno di un qualsiasi impiegato, il quale è mediamente costretto a passare in ufficio 1760 ore l’anno. Ovviamente il calcolo è approssimativo, perché non contempla le assenze per malattia oppure per sopravvenuti impegni, come gli incarichi extragiudiziali, ovvero le consulenze, le quali pur essendo remunerate a parte sono quasi sempre svolte nelle ore d’ufficio. Qualcuno di voi pensa che gli extra siano una questione che riguarda pochi giudici? Beh, si sbaglia. Basta farsi un giro sul sito ufficiale del Csm per scoprire che nel solo 2007 le richieste di poter svolgere altre attività sono state 2.350 (su meno di 9 mila magistrati) e il Consiglio superiore della magistratura ne ha autorizzate 2.272, pari al 96,7 per cento. Secondo il libro inchiesta di un giornalista dell’Espresso, Stefano Livadiotti, le delibere di autorizzazione adottate ogni anno variano da un minimo di 1.307 ad un massimo di 2.464 e in dieci anni è stato dato via libera ad almeno 11 mila domande.
In pratica, gli stessi magistrati che si lamentano di essere sotto organico e di non poter espletare il lavoro per cui sono abbondantemente pagati (vedi gli articoli di Antonio Castro e Tommaso Montesano a pagina 4), in realtà sono spesso occupati a fare altro. Anche qui ci soccorrono il Csm e il suo sito i quali, pubblicando le delibere di autorizzazione, ci spiegano che anziché in tribunale molte toghe stanno all’Università oppure fra i vigili urbani e gli operatori sanitari, a insegnare come rispettare la legge. C’è di tutto: chi si fa autorizzare una collaborazione con l’Unione europea o la Banca mondiale e chi invece ottiene il placet per fare lezione a ingegneri, commercialisti e perfino geometri. A volte si tratta di incarichi che occupano poche ore, altre volte di impegni settimanali o anche più.
 di questi giorni la storia del magistrato che avendo ritardato anni nella consegna delle sentenze affidategli è stato salvato dal Csm con la motivazione che era impegnato in un importante incarico e sta addirittura per essere promosso ai vertici della scuola della magistratura. come se uno, non presentandosi al lavoro, si giustificasse dicendo che era occupato a farne un altro e il titolare dell’azienda presso cui lavora si accontentasse della spiegazione e lo nominasse a una funzione superiore.
Ma del resto non c’è da stupirsi se l’organo che deve controllare i giudici è stato così comprensivo nei confronti del collega che faceva altro. Basta anche in questo caso leggersi le decisioni del Consiglio superiore della magistratura per rendersi conto che non andare in tribunale perché si è impegnati all’Università è un titolo di merito. Il Csm infatti ha assolto o punito con un buffetto toghe che hanno fatto cose molto più gravi, per esempio non presentarsi varie volte in udienza, «senza nemmeno fare la cortesia di comunicarlo a qualcuno e quindi, almeno di farsi sostituire in extremis», come racconta Stefano Zurlo, autore di La legge siamo noi, un libro sulle decisioni della sezione disciplinare del Csm. Un giudice che ha presentato 148 sentenze con due anni di ritardo è stato ammonito, ma non senza essere prima definito laborioso. E che dire del gip il quale, avendo depositato sentenze dopo 5 anni, è stato assolto con la motivazione che non ha dato «sintomi di mancanza di operosità e laboriosità»?
Se il magistrato ieri era fuori stanza per protestare contro il processo breve, dunque, non c’è da preoccuparsi. Siamo nella norma.
Maurizio Belpietro, Libero 31/1/2010