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 2010  gennaio 31 Domenica calendario

SUI CAMPI CRESCE IL FOSFORO

Questione di conti. La popolazione mondiale crescerà ancora, avrà sempre più fame e busserà naturalmente alla porta dell’agricoltura (che alimenta anche l’allevamento di carne). Ma c’è un problema: la penuria di fosforo. Vale a dire uno degli elementi base per la composizione dei fertilizzanti (con l’azoto e il potassio), questi ultimi «additivi» sempre più strategici per sfruttare al meglio i terreni coltivabili. E sempre più cari.
Gli esperti hanno già lanciato l’allarme. Perché, mentre l’azoto si ottiene dall’aria, e il potassio dovrebbe soddisfare la domanda per diversi altri secoli, l’indice del fosforo sta volgendo al «rosso». Secondo l’Istituto di Geofisica americano (USGS) le riserve economicamente recuperabili di tale minerale ammonterebbero attualmente a circa 15 miliardi di tonnellate. Considerato che se ne estrae circa 167 milioni di tonnellate l’anno (così nel 2008), le stesse riserve potrebbero soddisfare la domanda solo per i prossimi novanta anni. Senza contare che il consumo globale dovrebbe crescere del 2% al 3% nelle prossime decadi, almeno così stima l’International Fertilizer Industry Association (IFA).
Gli Usa sono già in «rosso»
Non è cosa da poco. C’è chi teme che la questione dello sfruttamento dei giacimenti di fosforo potrebbe sconvolgere l’equilibrio alimentare in pochi decenni. Anche perché esiste una sorta di zona d’ombra sui dati delle riserve stesse. «Sono presentati su base volontaria da parte dei Paesi e delle industrie. Inoltre, non sono aggiornati. Le riserve sono sottovalutate», ha avuto modo di dichiarare a Le Monde il direttore dell’Ifa, Michel Prud.
Da qui, la corsa ad accaparrarsi il controllo dei giacimenti. Cina, Stati Uniti, Marocco e Russia detengono i due terzi della produzione mondiale. Ma Pechino non esporta, e gli Usa - con riserve stimate in 1.200 milioni tonnellate, e una produzione di 30,9 milioni di tonnellate l’anno - sono già in «rosso» e devono importare la roccia fosfatica soprattutto dal Marocco, paese con il quale hanno stretto un accordo commerciale nel 2006.
L’Arabia Saudita è già scesa in campo, avviando lo sfruttamento di un nuovo giacimento nel nord del Paese. E anche Algeria, Australia, Perù stanno cercando di espandere la loro produzione, anche per approfittare dell’impennata delle quotazioni. Il gigante brasiliano Vale ha appena acquistato dall’americana Bunge (per 1,65 miliardi di dollari) le miniere di fosfati e gli impianti in Brasile, nonché il suo 42,3% in Fosfertil, primo produttore di fertilizzanti del Paese (per 2,15 miliardi). Si parla anche di un suo interesse per il colosso dei fosfati e potassio Mosaic. Sempre l’Usgs stima che le riserve potenziali del mondo, più o meno sfruttabili commercialmente, alzare la quota attuale di 15 miliardi a 47 miliardi di tonnellate.
Costi e radioattività
Ci sono, però, i costi. Nei nuovi giacimenti spesso il contenuto di fosforo è inferiore rispetto a quello dei depositi di grandi dimensioni. Inoltre, bisogna tener conto delle limitazioni ambientali (le ultime scoperte riguardano soprattutto il North Carolina, dove molte risorse non sono accessibili perché si trovano in aree con ecosistemi sensibili) e della presenza nelle rocce di metalli pesanti o di radioattività, che complicano le operazioni estrattive.
La «fame» di forforo, oltre ad alimentare battaglie commerciali, speculazioni sul prezzo, e nuove esplorazioni, apre anche alla discussione per una migliore gestione della risorsa stessa. L’Unione Europea ha avviato l’anno scorso uno studio proprio su questo fronte. Si guarda al miglioramento delle tecniche d’estrazione, del trasporto del minerale e delle pratiche agricole (terrazzamento, agricoltura conservativa per limitare l’erosione, biomassa non commestibile da restituire al suolo). Ma anche al riciclaggio del fosforo consumato, che prevede ad esempio il suo recupero dai concimi animali e umani, e dalle acque di scarico.
Inquinamento e zone morte
C’è anche un altro problema. Mentre vi sono paesi poveri nel Sud del mondo, soprattutto in Africa, dove la terra coltivata è povera di nutrienti e offre scarsa disponibilità di cibo, esistono altri dove si abusa di fertilizzanti, con conseguenze disastrose per l’ambiente. E’ il caso della Cina e in parte ancora degli Usa, dove le perdite di fertilizzanti in eccesso, dovuto al picco di abuso registrato negli Anni ”70-80, ha determinato la comparsa di una zona morta nell’area del delta del Mississipi, che ha raggiunto i 20.000 km quadrati. Qui le tonnellate di fosfati disperse in acqua hanno supernutrito le alghe che hanno invaso il mare, rubando ossigeno ai pesci e rendendo l’habitat inospitale. Oggi in tutto il mondo ci sarebbero oltre 400 zone morte. «Servono politiche diversificate - dice Peter Vitousek dell’Università di Stanford in California - per aiutare i paesi poveri a implementare i raccolti agricoli inducendo le autorità locali a dare sussidi ai coltivatori affinché usino più fertilizzanti, e viceversa servono politiche rigide dove se ne abusa».
Fabio Pozzo