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 2010  febbraio 01 Lunedì calendario

L’INVERNO DELLA MERKEL CANCELLIERA TRISTE

Amici, alleati, avversari ce l´hanno con lei. La trovano spenta, assente, indecisa. Insomma, un po´ gattamorta. Ma basta che lei, Angela Merkel, alzi la voce, che al Bundestag si spazientisca, e inviti l´opposizione rumorosa, ringagliardita dalla sua apparente passività, a non interromperla («Adesso spetta a me parlare. Silenzio!»), ed ecco che i diagrammi del consenso nazionale, fino a quel momento mosci, conoscono un´impennata, sia pur effimera, riprendono quota, come sferzati dal lampo di collera della Cancelliera. La quale prosegue nel suo lungo discorso (45 minuti), risfoderando subito l´eterno mite sorriso. Un sorriso più grintoso di tutte le spocchie inalberate dai maschi al potere in Europa. Più efficace dell´assordante stile di Sarkozy, del borbottio di Gordon Brown e delle rodomontate di Berlusconi. facile diventare femministi se si osserva lo stile serafico della Cancelliera di fronte ai tormenti politici che l´affliggono appena quattro mesi dopo la vittoria elettorale d´autunno, e mentre non sono scomparsi del tutto, da edicole e teleschermi, i trionfalistici elogi di fine d´anno alla «donna più potente del mondo».
Infatti il vento non le è più tanto favorevole. Una caduta, un tonfo dei consensi così rapido avrebbe trasformato in una smorfia il sorriso di non pochi uomini politici incalliti. Quello di Angela Merkel non si è minimamente alterato. E questo rafforza, se mai ce ne fosse bisogno, la convinzione che il mito sia tutt´altro che appassito. Anche se non mancano coloro che sperano in un suo rapido tramonto. La formula della Cancelliera nell´avversità è quella di sempre: ascoltare, parlare soltanto se è proprio indispensabile, lasciare alle critiche il tempo di spegnersi da sole, e agire al momento giusto. La tattica chiede tempo e pazienza. Soprattutto nervi saldi. I tormenti di Angela sono destinati a durare.
I rimproveri le vengono mossi dal suo stesso partito. Non è una novità. Donna, protestante, divorziata, senza figli, cresciuta in un ambiente di sinistra, quale era quello del padre, un pastore luterano, ha dovuto faticare per prevalere in un partito come la Cdu, l´Unione cristiano-democratica, con una forte, decisiva componente cattolica, con un nutrito numero di notabili maschilisti e percorso da robuste correnti conservatrici. La polemica nei suoi confronti è cresciuta dopo la vittoria elettorale d´autunno, quando è stata analizzato il risultato della Cdu. Il quoziente ottenuto (33,8 per cento) è stato sufficiente per restare al governo, anche grazie al crollo dei socialdemocratici, ma per il partito è stato il più basso dal 1949.
Sventolando quel risultato, l´ala conservatrice le rimprovera di trascurare l´identità politica del partito, il suo elettorato classico, alla base del quale ci sono i credenti praticanti, che vanno in chiesa o al tempio, e che restano fedeli ai valori tradizionali della famiglia. Nella sua ansia di modernizzare la Cdu al fine di attirare gli elettori della Spd, il partito socialdemocratico, e dei Verdi, lei corre il rischio, l´avvertono i notabili del partito, di veder sorgere alla sua destra un nuova formazione pronta a raccogliere le frange deluse dalla sua "svolta a sinistra".
Ma, ribatte Angela Merkel, poiché gli elettori tradizionali diminuiscono, la Cdu deve aprirsi alle nuove realtà per svilupparsi come grande movimento popolare di centro. Se il vecchio profilo del partito sbiadisce, si stenta tuttavia a vedere il nuovo che Angela Merkel starebbe disegnando. sfuggente come il suo sorriso.
In realtà la società tedesca garantisce ad Angela Merkel (nonostante il calo di questa stagione politica) più consensi di quelli che riserva al partito. Nel suo profilo personale sembra riflettersi spesso la Germania del Ventunesimo secolo. Come la Cancelliera essa è modesta, essenzialmente protestante, caratterizzata da una formazione tecnica e scientifica (lei è laureata in fisica), prudente nelle scelte, con una forte attenzione al sociale, soddisfatta di avere superato le principali difficoltà della riunificazione. E ancora: con accentuate tendenze pacifiste, e una predilezione per un isolazionismo che non le è consentito. L´europeismo, surrogato del nazionalismo quando il Paese era diviso, si è stemperato. Gli slanci federalisti si sono smorzati, visto che la Corte di Karlsruhe ha sentenziato che per trasferire ulteriori competenze all´Unione europea (la politica penale, di polizia, militare, culturale, fiscale, educativa, eccetera) bisognerà cambiare la Costituzione tedesca.
Quasi volesse compensare questo profilo defilato, in apparenza dimesso, la Cancelliera ha tra i suoi principali ministri Karl-Theodor von und zu Guttenberg. L´importanza, anche simbolica, di questo personaggio va sottolineata. Ministro dell´Economia nel precedente governo (della Grande coalizione con i socialdemocratici) e adesso ministro della Difesa nel governo attuale (della Piccola coalizione con i liberali), Karl-Theodor zu Guttenberg ha 38 anni, è cattolico, ricco e bavarese. sposato con una contessa von Bismarck-Schönhausen, e uno dei suoi zii è stato giustiziato dai nazisti per avere partecipato nel luglio 1944 alla cospirazione contro Hitler del barone Claus von Stauffenberg. Il giovane ministro della Difesa è un conservatore e un appassionato di filosofia che incarna con dignità e dinamismo le vecchie tradizioni tedesche.
Il nobile umanista bavarese e la Cancelliera borghese dal sorriso sfuggente esprimono bene due volti della Germania d´oggi. Insieme, appunto, si compensano.
Per essere rieletta, nell´autunno scorso, Angela Merkel ha promesso che la nuova coalizione con i liberali avrebbe funzionato meglio di quella ormai logora con i socialdemocratici. E invece, fin dai primi passi, l´intesa con l´Fdp di Guido Westerwelle, vice Cancelliere e ministro degli Esteri, si è dimostrata più difficile. I tedeschi l´hanno subito avvertito, si sono sentiti ingannati, e la popolarità della Cancelliera è crollata di undici punti. I dissensi interni alla coalizione, e all´interno delle due Unioni cristiano-democratiche (la Cdu e la Csu bavarese), si sono arroventati in particolare sulla questione fiscale. La principale condizione dei liberali per partecipare al governo era una riduzione delle imposte di circa 20 miliardi di euro nel periodo 2011-2012. Ma la Cdu-Csu ci ha ripensato, giudicando che un forte ribasso delle entrate, dopo una recessione che ha provocato un calo del 5 per cento del Pil nel 2009, avrebbe aggravato ulteriormente la già pesante situazione finanziaria. Non era quindi realizzabile. Tanto più che la Corte di Karlsruhe ha introdotto nella Costituzione limiti precisi, per i prossimi anni, al deficit di bilancio e al debito pubblico.
I tedeschi hanno reagito alla controversia fiscale e nei sondaggi si sono dichiarati, in larga maggioranza, contrari a un ribasso. Il ricordo della crisi finanziaria che favorì l´avvento del nazismo, durante la Repubblica di Weimar, li induce a pagare le tasse piuttosto che subire conti pubblici troppo disastrati. Nel corso di una riunione i leader cristiano-democratici e liberali hanno deciso di rinviare la decisione a maggio, quando si conoscerà meglio la situazione finanziaria. Per dimostrare che si erano riconciliati, Angela Merkel, il liberale Guido Westerwelle e il capo della Csu bavarese Horst Seehofer, arrivati separatamente al conclave, sono ripartiti insieme, sulla stessa automobile, per andare al ristorante, seguiti da decine di telecamere. Ma la controversia resta in piedi e i tedeschi lo sanno. E sono insoddisfatti di questa suspence.
Angela Merkel non ha nulla di marziale. E il tedesco del Ventunesimo secolo detesta la guerra. La storia l´ha vaccinato. Ma la Germania è presente in Afghanistan, dove è in corso una guerra che nessuno vuol chiamare col suo nome. Il popolare ministro della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg, ha trovato una formula: in Afghanistan c´è una situazione «simile a una guerra». La missione della Bundeswehr, presente in quel Paese con più di quattromila uomini, veniva illustrata con immagini pacifiche, edificanti. I militari tedeschi costruivano scuole per ragazzi e ragazze, scavavano pozzi, tracciavano strade e aiutavano gli inermi.
Il bombardamento di Kunduz, avvenuto il 4 settembre su richiesta di un colonnello tedesco, ha dissipato le illusioni. I morti afghani sono stati 142. Le chiese protestanti e cattoliche hanno acceso la polemica. Il vescovo Margot Kassmann, presidente della Chiesa evangelica, ha chiesto il ritiro della Bundeswehr. L´arcivescovo cattolico di Friburgo, Robert Zollitsch, ha invocato decisioni «adeguate all´etica cristiana». Presa tra gli impegni internazionali, nel quadro della Nato, e un´opinione pubblica apertamente contraria ad ogni tipo di guerra, Angela Merkel evita di cercare un consenso politico all´impegno militare della Bundeswehr rivelatosi meno pacifico di quel che veniva fatto credere. Adotta la sua tattica. Ascolta, parla poco, aspetta un momento più favorevole. Ma in questo caso il silenzio le costa in popolarità.
Tempi ancora più severi, per quanto riguarda eventuali conflitti, attendono non solo la Germania, ma soprattutto la Germania, potenza economica e industriale con un passato che le fa aborrire la guerra, ma che proprio per quel passato potrebbe essere domani coinvolta. In pochi giorni sono stati ospiti di Angela Merkel, a Berlino, prima Benjamin Netanyahu e poi Shimon Peres. E i due massimi dirigenti israeliani hanno inevitabilmente messo sul tappeto la questione iraniana. Chi può escludere un conflitto, se il regime di Teheran dovesse perseverare nel suo odierno atteggiamento per quanto riguarda il nucleare? E come potrebbe la Germania, per il suo passato, negare il sostegno a Israele? un altro tormento della Cancelliera.