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 2010  gennaio 31 Domenica calendario

MANUALE DEL RISORGIMENTO

Non era più il tempo per potersi concedere autentiche nostalgie alla Guido Gozzano, per sognare con i versi in cui il poeta scrive dell´ora «ch´io dissi del Risorgimento, l´ora in cui penso a Massimo d´Azeglio adolescente, a I miei ricordi, e sento d´essere nato troppo tardi». Nel 1961, tuttavia, quando la casa editrice B. E. A (Buste ed Affini) di Milano diede alle stampe l´album di figurine per ragazzi sul centenario dell´Unità nazionale, erano ancora vive la memoria e la conoscenza dell´avventura risorgimentale, soprattutto delle imprese garibaldine. Del resto l´unificazione italiana, sia pure rovesciata e tradotta nell´emigrazione massiccia dal Mezzogiorno verso le fabbriche del Nord, si compiva proprio nei giorni di celebrazione dei fatti di un secolo prima. Nella stessa introduzione alla raccolta se ne coglieva un´eco. Si ricordava che, «al tempo dei vostri nonni», una «serie di frontiere e di posti di blocco rendeva estranei i toscani agli emiliani, i lombardi ai piemontesi, i marchigiani ai pugliesi».
La pubblicazione della B. E. A, viene riproposta in appendice dell´interessante volume Trino risorgimentale, che Franco Crosio e Bruno Ferrarotti, studiosi di storia locale, hanno dedicato alla cittadina in provincia di Vercelli cara a Camillo Benso di Cavour, che lì possedeva delle tenute agricole e dove ebbe un seggio nel consiglio comunale. Centenario dell´Unità d´Italia è molto più che una curiosità preziosa, perché testimonia uno degli ultimi momenti della rappresentazione iconografica delle guerre e dei moti risorgimentali a livello didattico e ludico. Come spiega il collezionista Fabrizio Melegari, «fu in effetti la casa editrice Panini di Modena, nel 1975, a stampare ancora le figurine di Risorgimento italiano». Avveniva però in un contesto, in un immaginario collettivo, ormai lontani anni luce da quell´epopea.
Ma come è stato raccontato il Risorgimento attraverso le immagini? Pompeo Vagliani, docente di Storia della letteratura per ragazzi all´Università di Torino e fondatore del Museo della scuola e del libro per l´infanzia, distingue «tra le raffigurazioni popolari, spesso romanzate e nel segno dell´avventura, e quelle ufficiali, storicizzate nei dipinti di artisti famosi, nelle stampe, nelle statue e nei busti». La nostra letteratura è povera di romanzi incentrati sulle rivoluzioni liberali del 1820-21, sulle guerre d´indipendenza e sulla spedizione dei Mille, sebbene tra le eccezioni vi siano un capolavoro quale Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo, qualche pagina di Federico De Roberto, Antonio Fogazzaro e di Giovanni Verga, le memorie dei garibaldini Giuseppe Bandi (I Mille) e Giuseppe Cesare Abba (Da Quarto al Volturno), oltre che le rivisitazioni di Tomasi di Lampedusa e di Luciano Bianciardi. A divulgare quelle vicende tra i ceti popolari, sicuramente con maggiore efficacia e semplicità della letteratura "alta", furono semmai le Storie d´Italia a dispense di editori come il fiorentino Nerbini e il romano Perino. «Gli episodi e i protagonisti del Risorgimento vi avevano largo spazio, grazie anche alle numerose tavole di illustratori come Tancredi Scarpelli, che lavorava per Nerbini», dice Vagliani.
La raccolta della B. E. A., invece, basata come è sulle opere di artisti dell´epoca, ma pure su stampe e riproduzioni di proclami e documenti, rivela la ricchezza espressiva che pittori e scultori seppero impegnare per immortalare l´Unità del Paese, facendone sparire i contrasti, i lati oscuri, i tradimenti degli ideali, e omettendo quanto di imbarazzante ci poteva essere: dal massacro di Bronte allo scioglimento dell´esercito meridionale di Garibaldi. Basta rammentare, a questo proposito, la drammaticità, e a tratti l´inevitabile retorica (sovente i quadri erano commissionati da Casa Savoia o comunque da istituzioni varie), che caratterizzano alcuni dei dipinti presenti nell´album di figurine uscito quarantanove anni fa. Si va da Garibaldi e il maggiore Leggero trasportano Anita morente attraverso le paludi di Comacchio di Pietro Bouvier a La battaglia di Solferino di Carlo Bossoli, fino a La battaglia di Calatafimi di Remigio Legat.
Tradito, dimenticato e stravolto, il Risorgimento, almeno nell´ufficialità e in icona, ebbe quell´estremo sussulto nel 1961. Gli resero omaggio in tanti: dalla Liebig e dalla Lavazza, con le loro figurine, al Corriere dei Piccoli, allora tra i giornalini più amati dai ragazzi italiani. Ne uscì un numero monografico, che tra l´altro conteneva, conclude Pompeo Vagliani, «una bella e grande tavola di Dino Battaglia». Era il canto del cigno.