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 2010  febbraio 01 Lunedì calendario

IL MAESTRO DEI GIOCHI

Un italiano anomalo, Giampaolo Dossena. morto un anno fa, il 5 febbraio 2009, e domani alle cinque del pomeriggio sarà ricordato alla Biblioteca Statale di Cremona, la sua città, da Stefano Bartezzaghi e da Franco Contorbia. Come definirlo? Scrittore, studioso di letteratura italiana, dirigente editoriale, era un riconosciuto esperto di storia e di tecnica dei giochi, ma anche un collaudato artigiano. Sapeva lavorare il cuoio – cinture, borsellini, cartelle – e il legno, falegname provetto – banconi, tavoli, scaffali – da far invidia a Gae Aulenti che secondo lui l’aveva preso a modello. Era anche un collezionista senza stanchezze: pennini, portapennini, calamai, astucci, carta da lettera degli alberghi, attrezzi di campagna, trottole. Le cartolerie d’Europa non avevano più segreti per Dossena.
Fin da ragazzo possedeva un’autorità naturale. I compagni del liceo Daniele Manin lo chiamavano «il padre Abramo» e non solo perché era alto e massiccio ed era il primo della classe. Anche al collegio Ghislieri di Pavia dove studiò accanto a Guido Rossi, famoso giurista e scrittore, a Luigi Cavalli, letterato enciclopedico, a Lucilio Gnocchi, insigne magistrato, era tra gli allievi più bravi.
A Cremona, negli anni 40-50 i ragazzi, per divertirsi, avevano due possibilità, andare in barca sul Po e giocare al calcio, nelle lanche lungo il fiume e in certe piazze della città: Dossena non c’era. Studiava sempre o faceva finta di farlo? Figlio di un maestro autoritario e di una maestra morta giovane, era anche figlio del dovere. Si rifarà dopo di quegli anni perduti, con le sue serissime bizzarrie, giornalista di giochi, i gioc h i non f a t t i prima («L’Espresso», «L’Europeo», «La Stampa», «Tuttolibri», «Il Sole 24 Ore»), responsabile di rubriche assai lette, autore di una monumentale Enciclopedia dei giochi, raffinato impasto tra scienza, conoscenza del giocare e letteratura.
Si era laureato a Pavia con Lanfranco Caretti discutendo una tesi su Renato Serra. Pareva l’università la sua strada e invece scelse il far libri: Sansoni, la prima Feltrinelli (con Nanni Filippini, Luciano Bianciardi, Mario Spagnol, Danilo Montaldi), la Rizzoli, la Mondadori, Il Saggiatore dove fu direttore generale.
Lavorò molto, Giampaolo Dossena. La sua introduzione alla Vita di Vittorio Alfieri ebbe l’elogio del Croce. Curò e scrisse l’introduzione al Diario di Giambattista Biffi, l’illuminista cremonese che a Milano frequentò il Beccaria, i Verri e gli altri dell’Accademia dei Pugni e avrebbe potuto avere un luminoso avvenire, ma per la taccagneria della sua aristocratica famiglia tornò a immalinconirsi a Cremona proprio quando uscivano «Il caffè» e Dei delitti e delle pene.
Dossena curò anche le edizioni del Baldo di Teofilo Folengo e il Bertoldo e Bertoldino di Giulio Cesare Croce. Ma scrisse anche libri suoi, fuori dalle regole, specchio del suo carattere: I luoghi letterari che non andò oltre l’Italia settentrionale ma fu sufficiente per comprendere estri e umori atrabiliari dell’autore. E poi, una non convenzionale vita di Dante e una rigorosa e insieme stravagante Storia confidenziale della letteratura italiana.
Corrado Stajano