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 2010  febbraio 01 Lunedì calendario

TOLSTOJ, UN MOSTRO DI MARITO - «

buffo leggere il proprio diario. Quante contraddizioni, sembro una donna così infelice! Ma esistono persone più felici di me? Si possono trovare matrimoni più felici, più riusciti del mio? Talvolta, quando sono sola in camera, mi metto a ridere dalla gioia e mi faccio il segno della croce: Dio, fa’ che sia così per tanto, tanto tempo! Anche ora ci sono dei giorni in cui litighiamo».
Sof’ja Tolstaja scrisse queste righe nel 1868, dopo sei anni di matrimonio. Sono numerose le annotazioni sul suo diario che sembrano vergate dopo un litigio. Queste pagine tratte dai diari di Sof’ja sono una testimonianza non solo dei suoi pensieri, ma anche della sua vita sociale e del lavoro di Lev Tolstoj (che in quel periodo stava scrivendo Guerra e pace). Allo stesso tempo, possiamo osservare l’enorme impegno di Sof’ja: è una madre presente, anche se può avvalersi di diverse bambinaie e di ogni tipo di aiuto. Inoltre copia e ricopia l’opera del marito.
«Perché allora non sono completamente felice? forse colpa mia? Conosco tutte le cause del dolore che ho nell’anima. Innanzitutto mi rattrista che i miei figli non siano felici come avrei desiderato; invece io, in sostanza, sono terribilmente sola. Mio marito non mi è amico. In certi momenti, e specialmente avvicinandosi alla vecchiaia, è stato per me un amante appassionato, ma con lui sono stata sola tutta la vita. Non esce con me a passeggiare, perché ama stare solo e meditare sui suoi scritti. Non si è mai interessato ai suoi figli: per lui era una cosa difficile e lo annoiava. Con me non ha mai viaggiato e condiviso alcuna esperienza: le aveva già vissute in precedenza ed era stato dappertutto».
Sof’ja anela a nuove prospettive, a una crescita intellettuale, a un’educazione artistica, a contatti con la gente: «E di nuovo bisogna soffocare tutto (...) a ciascuno il suo destino. Il mio è stato quello di essere l’assistente di un marito scrittore».
All’inizio del loro matrimonio, i coniugi Tolstoj si leggevano i rispettivi diari, come parte del progetto di conservare tra loro una perfetta intimità, ma in seguito è possibile che abbiano tenuto due diari, uno da leggere all’altro e uno privato.
Sof’ja ebbe tredici figli da Lev. Alcuni di loro morirono ancora molto piccoli, come Vanicka, un maschietto adorato da entrambi i genitori. In Guerra e pace Tolstoj scrive con dolore delle sofferenze dei genitori che ben sanno come un piccolo malanno possa facilmente portar via i loro figli.
Come la maggior parte delle donne del tempo, Sof’ja era in balia del proprio apparato riproduttivo (mancava ancora un secolo all’avvento della pillola). A proposito, in Anna Karenina c’è un episodio interessante relativo alle donne del Diciannovesimo secolo. Anna, emarginata dalla società a causa del suo adulterio, vive in campagna, dove le fa visita la cognata Dolly. Anna le parla dei metodi di controllo delle nascite del tempo, ma Dolly non reagisce alla notizia con gioia – come si sarebbe aspettata – bensì con disgusto: l’idea che le donne rifiutino di avere dei figli, abdicando al loro ruolo tradizionale, le è semplicemente inaccettabile. Sulla strada del ritorno, Dolly sente una contadina ringraziare Dio, che l’ha salvata «prendendo» uno dei suoi bambini e lasciando così più cibo per gli altri. Dolly è dispiaciuta per la contadina, ma non rimane scioccata. Questo episodio mette in evidenza le opinioni femminili dell’epoca sulla contraccezione: Anna, l’unica che l’accetta, si colloca al di fuori della sfera dei comportamenti socialmente accettabili, mentre Dolly, che incarna le convenzioni sociali, rimane sconvolta alla sola idea; tuttavia, non è turbata dal metodo di controllo delle nascite, più tradizionale, della contadina. In un altro passaggio del romanzo, Dolly attende la visita del marito Stepan, che probabilmente la lascerà incinta e ancora più preoccupata per i soldi di quanto non sia già. Sa che non può contare su Stepan. Possiamo così comprendere come all’epoca le donne accettassero il fardello della gravidanza.
Secondo quanto emerge dai diari, a mettere in crisi il matrimonio fu anche il rapporto di Tolstoj con il proprio segretario, Vladimir Grigorevic Certkov, che divenne uno dei suoi più intimi amici e confidenti, nonché il fondatore del «tolstojanesimo» – la scuola di pensiero di coloro che seguivano le idee religiose dello scrittore – e il suo scortese alter ego. Tolstoj era alla mercé di Certkov, che detestava Sof’ja e non perdeva occasione di tramare contro di lei.
Una volta Tolstoj disse di essersi innamorato più degli uomini che delle donne. La Sonata a Kreutzer – che la povera Sof’ja, pur odiandola, dovette copiare’ mi sembra una classica descrizione dell’omosessualità maschile. Questo romanzo, che racconta l’omicidio di un ipotetico amante da parte del marito, suscitò un enorme scandalo.
Difendendo questo libro in un altro saggio, Tolstoj tornò alla sua consuetudine di descrivere le donne reali come colombe, pure e innocenti. Ma aveva mai incontrato una vera donna? Tolstoj era un mare di contraddizioni, un ideologo che dispensava sermoni, che era sempre nel giusto, e tuttavia prese posizioni diverse e talvolta contrapposte.
Fu anche un pessimo marito – sessualmente irrispettoso – sotto diversi punti di vista. Per esempio, insistette affinché sua moglie allattasse i figli al seno, nonostante Sof’ja avesse i capezzoli ricoperti di ragadi e provasse dolore. Lei avrebbe voluto prendere delle balie. La verità era che il grande Tolstoj era una sorta di mostro.
Sof’ja Tolstaja deve avere suddiviso i suoi ultimi anni tra quelli «prima di Certkov» e quelli «dopo Certkov». Abbiamo avuto numerose opportunità di studiare le azioni degli ideologi, ma Vladimir Certkov fu un fenomeno piuttosto nuovo, e probabilmente l’incapacità di Sof’ja di tener testa a quest’uomo fu in parte dovuta alla difficoltà di classificarlo: era religioso? Certo, si dedicava al bene, come un fanatico a essere sinceri. Ma Certkov voleva un’unica cosa: dominare Tolstoj, e in questo ebbe successo. Non ci fu solo Certkov, ma anche tutti gli ammiratori provenienti da ogni parte del mondo, che si aspettavano di essere accolti, nutriti e consigliati dal Maestro. Scacciavano la servitù dal proprio letto, dormivano nei corridoi, erano sempre tra i piedi.
Sof’ja non stava bene: fu detto all’epoca, come oggi, che fosse pazza. Non ne sono sorpresa. Tolstoj la minacciava di lasciarla, di abbandonare la famiglia, per stare con Certkov. Sconvolta, Sof’ja scappò buttandosi in uno stagno. Ma la salvarono. «Sono stata presa dalla disperazione (...) sembra esserci poca speranza (...) di vedere il marito amato».
Alla fine il mondo intero assistette alla fuga di Tolstoj dalla sua casa verso la casupola accanto alla ferrovia dove morì. Fino all’ultimo Certkov proibì a Sof’ja di andare dal marito morente.
Sof’ja Tolstaja visse per molti anni come vedova di Tolstoj. Talvolta faceva visita alla sua tomba, sulla quale gli chiedeva perdono per le proprie mancanze.
Queste pagine di diario sono la testimonianza di una vita incredibile: quella di una donna eccezionale, sposata a uno degli uomini più straordinari della sua epoca, di fronte alle proprie passioni e difficoltà. Questo libro è interessante per come descrive la situazione gravosa della donna nel passato, e per il paragone con l’attuale condizione femminile. Mentre lo leggevo, mi sentivo così coinvolta che mi sono ritrovata a sognare Sof’ja, a parlarle in prima persona, nel disperato tentativo di raggiungerla per offrire parole di conforto al suo dolore. Spero che questo memoriale delle sue battaglie sia di aiuto e ispirazione alle generazioni presenti e future
Doris Lessing