Francesco Cevasco, Corriere della Sera 01/02/2010, 1 febbraio 2010
MONTANELLI, BIAGI, BOCCA: QUEI TRE GIURATI DIVISI DA UN GATTO
Un gatto. Solo un gatto ha rischiato di mettere in crisi il sodalizio tra Enzo Biagi, Giorgio Bocca e Indro Montanelli. Non che i tre andassero d’accordo. Anzi, sulle cose importanti la pensavano molto diversamente. Ma quando si vestivano da giurati del premio «è Giornalismo» la pensavano uguale. Tranne quella volta del gatto. Correva l’anno 2000, Montanelli sarebbe morto l’anno dopo. La giuria si riunisce, anziché come sempre in un ottimo ristorante, a casa Bocca. Montanelli non ama i gatti. Ma il gattone di Bocca lo prende in simpatia e gli si appiccica tutto il tempo speso per decidere il vincitore del premio. Uscendo da casa Bocca, Montanelli sbotta: «Il prossimo incontro si fa a casa mia, omeglio al ristorante, sennò, davanti a Bocca quel bischero di gatto lo strozzo con le mie mani».
Oggi siamo alla vigilia del nuovo premio « è Giornalismo». Per chi ama il gioco dei numeri: Bocca ha 90 anni, Biagi li avrebbe, Montanelli ne avrebbe fatti 100 l’anno scorso, il premio ne compie 15. Giancarlo Aneri, sessantenne che gira in gessato e cravatta di Hermès, produce e vende vino, olio e caffè per ricchi, quel premio se l’è inventato e ricorda così: «Folle idea, di far l’amore con loro, i grandi amori della mia vita di fanatico lettore di giornali. Era il 1994, comincio da Biagi: lanciamo un segnale, diamo un concreto riconoscimento a un giovane della carta stampata. Ci sta subito. Montanelli: a una condizione, niente mondanità. Poi l’ho tradito: quando ha vinto la Natalia Aspesi c’erano 180 persone a pranzo. Bocca: ok, ma dev’essere un premio alla serietà professionale, alla continuità, non a chi vive la gloria di uno scoop, magari di fortuna». Poi a pranzo tutti e quattro, due bottiglie di prosecco e lo statuto da portare al notaio.
Aneri è un imprenditore con idee politiche di centro. Ma il «suo» premio è sempre andato a gente di sinistra. Forse, la settimana prossima ci sarà una sorpresa che romperà questa tradizione; intanto ricorda, a modo suo, la connotazione politica dei suoi tre amati giurati: «Montanelli monarchico; Biagi socialista alla Nenni; Bocca socialista anarchico». In ballo, come sempre, per il gioco dei numeri, una bella sommetta: 15 mila 493 virgola 71 euro. A decidere saranno: Bocca, Curzio Maltese, Gianni Riotta, Gian Antonio Stella. Solo su un nome, in passato, non c’è stata discussione: Bocca propose Ettore Mo, giornalista del Corriere della Sera, aggiungendo: «Bravo, serio, per bene. E poi non ha mai vinto un premio». Magari non era vero (che non avesse mai vinto un premio), ma la motivazione, senza tutti quei giri di parole che marcano questo tipo di riconoscimenti, era già da premio. Chi ha esercitato il suo diritto di veto è stato proprio Montanelli, a proposito di una star del giornalismo: «Quello è bravo, ma è un giocoliere delle parole. No!». Detto da lui, bastava per cambiar cavallo. Poi la pagò con uno scherzo buono: finsero di regalargli un computer portatile («Aggiornati, Indro!»), ma dentro la tecno-scatola c’era in realtà una macchina per scrivere «Lettera 22» ricostruita assemblando pezzi recuperati qua e là, come dallo sfasciacarrozze. «Ecco, è questo vecchio-eterno giornalismo che nessuno potrà mai cancellare che dà un senso al nostro premio – pontifica Aneri ”. Perché non succeda quello che temeva Biagi: una volta valeva la firma, ora basta una faccia, in tv».
Francesco Cevasco