Fabio Cavalera, Corriere della Sera 31/01/2010, 31 gennaio 2010
LO STRANO MONDO DI MAGGIE E LE VENTOTTO UOVA A SETTIMANA – A
A colazione una o due uova, succo di pompelmo, caffè e una fetta di toast. A pranzo due uova e succo di pompelmo. A cena carne o pesce accompagnati da insalata. Sette giorni su sette, fatti i conti: 28 uova alla settimana. Margaret Thatcher per vincere le elezioni nel 1979 pensò a tutto.
Non era il tempo delle veline, della politica spettacolo e del voto strappato per meriti fisici oltre che di cervello. Però la futura Lady di Ferro, così battezzata da un anonimo editorialista del quotidiano sovietico Stella Rossa, ci teneva ad apparire in forma. Non che avesse bisogno di chissà quali sacrifici: era alta un metro e sessantacinque, pesava 59 chili, non aveva zavorra in eccesso. Però prima di entrare a Downing Street, negli ultimi quindici giorni della sua corsa trionfale, prese in mano il «dossier dieta» perché, per la foto che l’avrebbe ritratta all’ingresso del famoso «Numero 10», aveva giurato a se stessa che si sarebbe presentata con il look migliore. E così, fra un dibattito e l’altro, la signora trovò pure la forza di applicarsi alle indicazioni del medico per smaltire nove chili. Centrò gli obiettivi: quello di ottenere la poltrona di primo ministro e, contemporaneamente, quello di restringere il girovita. Storico il primo. E, in fin dei conti, storico (in quanto entra nei racconti biografici) pure il secondo: se Braccio di Ferro aveva bisogno degli spinaci, la Lady di Ferro trovava carburante nelle uova. L’avessero saputo prima i maestri della satira ne avremmo viste di simpatiche.
Di aneddoti e di pettegolezzi su Margaret Thatcher ne sono usciti a migliaia. Ma questo, delle uova, è nuovo ed è la stessa Fondazione Margaret Thatcher a rivelarlo mettendo sul suo sito Internet una bella mole di documenti che aiutano a spaziare dal pubblico al privato della baronessa che viaggia verso gli ottantacinque anni. E, appunto, fra le tante esce questa delizia delle uova.
Dieta con appendice. Margaret Thatcher amava il whisky, lo degustava la sera. Poteva rinunciare a tutto ma non al torbato. Riuscì a convincere i suoi consiglieri medici che in quei quindici giorni, nella cena del giovedì avrebbe sostituito il succo di pompelmo proprio col whisky. Non furono capaci di dirle di no.
Di quale carattere fosse dotata la leader dei Tory lo sappiamo. Ma lo sanno (e i documenti lo confermano) anche i leader mondiali coi quali si misurò. Al presidente americano Jimmy Carter, col quale aveva avuto un approccio freddo (i due si erano conosciuti alla Casa Bianca quando lei era ancora all’opposizione), ebbe a rispondere alle cortesie telefoniche nel giorno di insediamento a Downing Street («Forse la disturbo e preferisce riposare...»): «Io riposare? Dentro di me corre tanta adrenalina che non ho proprio bisogno di riposo». Incontenibile Thatcher. Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Zbignew Brzenzinsky, in un memorandum del 18 maggio 1979, commentava: « estremamente energica, dorme tre ore a notte, il ritmo di lavoro del governo è enormemente aumentato e nei meeting tende a dominare, tiene il pallino in mano».
Esplosiva e severa. Sia coi premier e presidenti suoi pari sia coi collaboratori più stretti. Allo staff personale che meditava di inondare il Regno di gadget (bicchieri, magliette, tovaglie) con l’immagine della Lady intimò: «Nessun permesso». Guai a chi ci tenta. E, sempre allo staff, che premeva affinché il parco auto di Downing Street venisse rinnovato e le consigliava una Rolls Royce rispose inorridita che la «Rolls appartiene alla Regina». Lei scelse la Daimler.
Sopportarla non doveva essere facile. Specie per il suo adorato Denis, il marito che amava sopra ogni cosa. Lui la seguiva ovunque. Ma una volta, in occasione del ricevimento del presidente indonesiano, sbottò: «Un altro terribile banchetto di Stato. E pensare che dovevo partecipare alla cena annuale della federazione del rugby». Era l’unico a potersi permettere certi commenti davanti alla Lady che aveva esagerato(e vinto) con le uova.
Fabio Cavalera