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 2010  gennaio 31 Domenica calendario

PITTORI E ATTORI, CHE SCENEGGIATA!

Non perdete questa mostra. Raduna 250 opere (tra grandi dipinti, disegni e modelli di scenografie, provenienti da tutto il mondo) e ripercorre la storia dell’arte europea dall’età Neoclassica alle avanguardie del primo Novecento, da un punto di vista molto particolare. Guy Gogeval (cui spetta il progetto e che ha curato mostra e catalogo insieme a Beatrice Avanzi) ha voluto dimostrare come nell’età «divorata dalla passione per il teatro» il «demone della scena» abbia soggiogato anche pittori del calibro di David, Füssli, Delacroix, Delaroche, Hayez, Moreau, Rossetti, Sargent, Daumier, Degas, Toulouse-Lautrec, tutti grandissimi frequentatori di teatri. Grazie a questo amore, essi seppero rielaborare nelle loro opere la gestualità, i costumi, le stesse soluzioni sceniche che li avevano impressionati durante le rappresentazioni, influenzando a loro volta le pratiche teatrali del loro tempo. E non è solo un percorso di andata, come suggerisce il titolo della rassegna, «Dalla scena al dipinto», ma anche il viaggio di ritorno, in un intreccio molto complesso che coinvolge ogni volta lo spettatore in nuove suggestioni.
 davvero unica e coinvolgente l’occasione di seguire sotto questa stimolante chiave di lettura i percorsi della pittura storica moderna, a partire dal suo innovatore David. La versione ridotta del Giuramento degli Orazi , eseguita in collaborazione con l’allora allievo Girodet, ci cattura all’inizio del percorso con un’intensità che deriva dall’aver saputo restituire a un genere soffocato dalle convenzioni tutta la sua forza drammatica. I visitatori, che nei "salon" prima e dopo la Rivoluzione sostavano davanti ai grandi dipinti di David e dei suoi seguaci, rimanevano letteralmente sconvolti. Potevano infatti rivivere sulla loro pelle i drammi che, risvegliati da un lontano passato, diventavano contemporanei. Questo straordinario risultato si deve anche all’unità di intenti tra la riforma teatrale voluta da Diderot e quella della pittura storica realizzata da David.
Gli appunti (da poco riscoperti) che David ci ha lasciato sul teatro rivelano un metodo da regista che provava e riprovava le sue scene sino ad arrivare alla soluzione più efficace proprio dal punto di
exempla virtutis estratti dall’antichità classica, nella pittura storica inglese maturava, sotto il segno del genio smisurato di Shakespeare, il divorzio tra l’arte e la morale. Affascinato dalla recitazione del grande attore David Garrick, che aveva riscoperto il lato "oscuro" delle tragedie shakespeariane abolendo i lieti fini imposti dalle messinscene settecentesche, il pittore svizzero Johann Heinrich Füssli – un genio estremo che alternò le suggestioni di un sublime michelangiolesco con le provocazioni di un humour nero e di un sadico erotismo – dominò la scena artistica inglese con i suoi dipinti e le sue invenzioni grafiche, ispirate soprattutto ai drammi più visionari come
Macbeth, Re Lear e Amleto. Per la quantità, l’impatto e la qualità delle opere esposte, tra cui il monumentale e magnifico
Re Lear maledice Cordelia eccezionalmente uscito dall’Art Gallery di Ontario, Füssli domina la mostra. Ma l’eccezionale congiuntura della pittura shakespeariana fiorita soprattutto alla fine del Settecento è evocata anche dalla presenza di altri pittori che furono protagonisti di una grande e singolare impresa come la «Shakespeare Gallery», promossa dall’orgoglio nazionale e dallo spirito imprenditoriale dell’editore Boydell. La speculazione non funzionò e i dipinti finirono all’asta. Ma ne rimasero le incisioni a diffondere in tutta Europa questa straordinaria rappresentazione del tenebroso mondo del grande bardo.
Il soggiorno a Londra nel 1825, dove vedendo recitare Kean si innamorò per sempre dei personaggi di Shakespeare, schiuse a Delacroix nuovi orizzonti, determinandolo a sbarazzarsi per sempre delle convenzioni teatrali della generazione di vista drammatico, con una particolare attenzione alla "suspence" dell’azione. A questo proposito fu fondamentale l’amicizia con l’attore Talma – insieme allestirono le feste rivoluzionarie organizzate a Parigi ”, il più grande interprete dell’epoca, che colpiva per il fascino dell’aspetto fisico e la verità dell’espressione. David si ispirò a lui per gli atteggiamenti estremi dei suoi eroi, tanto lontani nella loro idealizzata bellezza e nella loro intransigenza morale dalle debolezze degli uomini comuni.
Mentre il Neoclassicismo francese, seguendo i canoni di Corneille e Racine, privilegiava la rappresentazione degli David e di Talma. I teatranti britannici invadevano, in pieno Romanticismo, Parigi. Scrivendo a Victor Hugo, Delacroix confessava che la sua immaginazione era ormai occupata da Amleto che «alza la sua orrida testa e da Otello che prepara il suo pugnale, essenzialmente uccisore e sovversivo di ogni buona condotta drammatica ». Ma, accanto ai tenebrosi e visionari dipinti shakespeariani suoi, di Chassériau e di Moreau, si affermava una pittura di forte impronta teatrale ma d’impostazione realista, tutta basata sull’enfasi dei gesti, sull’accuratezza della ricostruzione storica nella rappresentazione dell’ambiente, dei costumi e dei dettagli, che ci restituisce più fedelmente l’atmosfera e le suggestioni del teatro contemporaneo. I due campioni, allora molto acclamati, furono in Francia Delaroche e da noi Hayez, presenti in mostra con grande rilievo. Il primo fu interprete dei nuovi ideali di Victor Hugo, il cui Cromwell venne considerato il manifesto del teatro romantico popolare basato su una ricerca della verità storica sempre più lontana dalla tensione ideale e dai canoni del teatro classico. Il secondo, che fu per molti anni consulente e controllore come professore dipitturaall’Accademia di Brera degli allestimenti della Scala, anticipò non solo i temi, i Due Foscari o i Vespri, ma anche la tensione epica dei melodrammi di Verdi, del quale fu amico e consigliere.
Passata la soglia dell’Impressionismo, la mostra sposta la sua attenzione su Degas, Toulouse Lautrec e il loro radicale mutamento di prospettiva. Non rappresentano più quello che avviene nella finzione del palcoscenico, ma la vita che si svolge dietro le quinte, in platea, nei palchi, in uno spazio dove l’illusione e le gerarchie sono abolite. Era sgombrato il campo alla rivoluzione scenica di Wagner che, alla fine del secolo, riapriva un rapporto sperimentale tra la scena e il dipinto, nella comune aspirazione – siamo nella stagione del Simbolismo – all’unità delle arti, dove i loro confini si annullano.